Samuel Solomon è uno stimato e invidiato professore di poesia al Trinity College di Dublino. Amato dai suoi studenti che lo venerano come una rock star, ha una relazione con Beatriz una delle sue alunne, che pare soffrire per la clandestinità del loro rapporto. Un giorno, dopo che la ragazza si è fatta promettere da Samuel amore eterno, senza alcuna ragione apparente va in bagno e si taglia le vene. Trascorso un anno l’uomo è ancora sotto shock, ha smesso di lavorare e l’unica ad essergli rimasta accanto è la collega Susan. Per di più è tormentato da orribili incubi dove una donna viene sgozzata in un macabro rituale, ma la cosa più sorprendente è che il fatto si verifica davvero. Introdottosi nella casa della vittima per scoprire che cosa gli stia succedendo, il professore conosce Rachel, una ragazza dell’est costretta a prostituirsi e scopre che anch’essa ha avuto la sua stessa premonizione. L’indagine li porterà a scoprire un gruppo di studiosi dell'esoterico tutti morti in modi orribili e soprannaturali.
Jaume Balagueró ha diretto uno dei migliori horror degli anni duemila, il meraviglioso Rec che ha dato il via a un franchise spagnolo di tutto rispetto (oltre al remake americano), dove lui stesso ha continuato con la regia nel capitolo 2 e 4. Questa volta però sarà stata la coproduzione europea o la sceneggiatura a tratti involontariamente comica, ma Balagueró non ce la fa a portare a casa un prodotto dignitoso, nonostante le sue indubbie capacità nella messa in scena. Pare che il regista spagnolo abbia voluto fortemente questo film dopo aver letto il romanzo di José Carlos Somoza La dama numero tredici, di cui La settima musa è l’adattamento, ma è l’inettitudine della trasposizione, dello stesso Balagueró, il problema principale della pellicola. Tanto debole è la parte investigativa-letteraria, probabile fulcro del romanzo, tanto è quasi del tutto assente la componente horror, così come il colpo di scena principale che, più che risultare una rivelazione inaspettata, non è abbastanza costruito nelle premesse e risulta ridicolo.
Forse La dama numero tredici avrebbe potuto essere un’interessante serie televisiva potendo prendersi un po’ di tempo in più per sviluppare storia e personaggi, il film di Balagueró inserisce persino una sorta di “sigla” per i titoli di apertura che non può non ricordare Westworld o Black Flag, ma decisamente non è un film riuscito.
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