- Gli ospiti
- Spazio
- Paranoia
- Zombie
- I Classici
- Acqua
- Videogiochi & Arte
- Cyberpunk
- Nuove Eterotopie
- Premiazioni
- Conclusioni
Esiste un momento nella vita di un nerd nel quale si deve scegliere tra andare a Lucca Comics and Games o andare allo Science + Fiction Festival di Trieste.
Ognuno è libero di scegliere secondo la propria coscienza, e il Vostro Fedelissimo per amor patrio ha scelto Trieste. Salutati amici, parenti e soprattutto colleghi, sono sparito per cinque giorni per godermi la manifestazione che si è tenuta dal 30 ottobre al 4 novembre 2018.
Le location della rassegna, organizzata da La Cappella Underground, erano quelle ormai collaudate del Teatro Rossetti e del Teatro Miela. Per fortuna sono un ricordo del passato le calche inumane per i biglietti al multisala del centro commerciale Le Torri o le scomodissime seggiole della Sala Tripcovich (sedi di passate edizioni). Il TS+F si è preso le sedi più prestigiose della città e ha tutta l’intenzione di restarci.
Questo che potete leggere è un resoconto personale e non lineare, affidato un po’ al caso e un po’ alle connessioni, ai rimandi, che ho intuito tra i vari film.
Gli ospiti
Come sempre questo genere di manifestazioni attirano un sacco di persone interessanti. Quest’anno i riflettori erano puntati sui quattro ospiti d’onore: Roberto Guidoni, Douglas Trumbull, Richard K. Morgan e Stoya.
Roberto Guidoni è un autentico pioniere dello spazio: primo europeo a salire a bordo della Stazione Spaziale Internazionale, ha volato per ben due volte a bordo dello Space Shuttle della NASA. Ha inaugurato la 18° edizione del festival e ha introdotto il film First Man.
Douglas Trumbull è regista, produttore cinematografico ed effettista statunitense, vincitore di due Premi Oscar. Ha lavorato ai VFX di film quali 2001, Blade Runner, Star Trek (quello del 1979) e Incontri ravvicinati del terzo tipo e ha diretto i film Silent Running e Brainstorm.
Piace perché è uno che ha sempre voluto fare di testa sua. Ha declinato l’invito di fare i VFX per Guerre Stellari perché aveva altri lavori più interessanti per le mani. Ha mollato a metà le riprese degli effetti speciali di Blade Runner per andare a girare il suo film Brainstorm. Al festival è stato premiato con l’Urania d’Argento alla Carriera.
Il terzo ospite era Richard K. Morgan, autore di Altered Carbon, della trilogia fantasy A Land Fit For Heroes e di altri romanzi di genere fantascientifico. Altered Carbon ha avuto due seguiti, Broken Angels e Woken Furies e una trasposizione televisiva per Netflix. Morgan era presente come membro della giuria per il Premio Asteroide.
Infine, ultima ma non meno importante, Stoya, nota pornodiva serba della quale dirò qualcosa in più quando arriveremo al suo film. Non è la prima volta che il festival ospita un’attrice porno. Qualche anno fa era venuta a trovarci Sasha Grey, per presentare un suo thriller. Sono artiste sempre ospitate con grande entusiasmo.
Spazio
Con un ospite come Roberto Guidoni, il tema dell’esplorazione dello spazio non poteva mancare e nel corso della rassegna non sono mancate pellicole a esso dedicate. Si è cominciato con First Man, di Damien Chazelle, tratto dalla biografia di Neil Armstrong, il primo essere umano a mettere piede sul nostro satellite. Il film segue la vita di Armstrong da quando collaudava velivoli fino alla sua discesa sulla Luna, concentrandosi soprattutto sulla sua famiglia, la perdita della figlia Karen e le morti di numerosi (troppi…) colleghi astronauti. L’Armstrong del film è una persona che nonostante tutte le perdite non smette di perseguire il suo obiettivo, e non permette alla sofferenza di mettersi di traverso ma anzi la rielabora come nuova forza per andare avanti.
Un altro film del festival ha come tema la storia della conquista dello spazio, ma da un punto di vista completamente diverso. Lajko – Gypsy in Space, dell’ungherese Balázs Lengyel, racconta la storia di Lajkó Serbán, zingaro ungherese cresciuto nell’Ungheria degli anni 50, che fin da ragazzo sogna di andare nello spazio. Viene arruolato nel programma spaziale russo come cavia, assieme a un estone, una prigioniera di guerra nazista (della quale si innamora) e un monaco tibetano. Il quartetto non è destinato a sopravvivere – il regista ha preso ispirazione dai primi voli spaziali russi, quelli per intenderci dove ci si preoccupava più a mandare l’uomo in orbita che non a farlo ritornare tutto interno. La storia di Lajko riesce a essere divertente e triste allo stesso tempo, come solo certe storie dell’Est Europeo possono essere.
Lo ricollego idealmente a First Man, del quale ampia il messaggio: non sarà mai l’etnia di una persona o il contesto politico nella quale vive a impedirle di realizzare i suoi desideri.
Altri film “spaziali” che ho visto affrontavano il tema in maniera più tradizionalmente fantascientifica.
Ederlezi Rising del serbo Lazar Bodroža racconta della relazione che si instaura tra un astronauta e il cyborg donna incaricato di “tenergli compagnia” (sì sì fate finta di non capire cosa intendo). Il film inizia molto bene e sembra promettente. L’astronauta è incaricato da una compagnia commerciale terrestre (la Ederlezi) di installare una ideologia politica su una lontana colonia spaziale, e nel lungo viaggio ha a sua “disposizione” questo sexycyborg del quale può modificare le impostazioni di comportamento come noi possiamo cambiare le impostazioni di un iphon. E non la usa molto per chiacchierare se capite quello che intendo (sì, lo capite). Le premesse erano promettenti, ma lo sviluppo lascia a desiderare. Escludendo le scene di sesso e le scene di nudo della cyberdonna, quello che resta è una storiella abbastanza noiosa.
L’unico motivo per il quale questo film ha attirato gli interessi dei maschietti (e anche di qualche femminuccia, a ben pensarci) è che il cyborg è interpretato da Jessica Stoyadinovich, meglio nota come Stoya, pornodiva serba molto attiva nel campo dei diritti delle donne e autrice del libro Philosophy, Pussycats and Porn. L’ho incontrata andando su e giù per il Festival. È carina, la sua parte nel film la fa bene – se il film fallisce non è per colpa sua, ma per il regista che si perde dietro l’attrice.
Paranoia
Altro tema strisciante in molti dei film visti al festival è quello della Paranoia, specialmente nei confronti dello straniero o di chi è diverso. Il mondo di Freaks è in preda alla paranoia: la protagonista è una bambina segregata in casa dal padre, mentre nel mondo esterno c’è la caccia ai terribili freaks. Quello di Zach Lipovsky e Adam Stein è un film con supereroi, che si distingue da tantissimi film di supereroi per il taglio particolare, il punto di vista e l’atmosfera che si respira. È una storia di vicende famigliari, genitori persi e ritrovati.
La caccia a chi è diverso è anche uno dei temi del coreano The Witch: Part 1. The Subversion di Park Hoon-jung. Ja-yoon fugge da un laboratorio segreto, dimentica i suoi superpoteri e vive nascosta come una normale teenager coreana, fino a quando non appare in tv e attira su di sé e sulla sua famiglia adottiva i suoi precedenti padroni e aguzzini. È un film particolare dove non tutto è come sembra e le relazioni cacciatore/preda vengono sovvertite in maniera brillante.
La paranoia si sente anche nel film Await Further Instruction, dove la famiglia Milgram si trova nel giorno di Natale la casa sigillata da una sostanza misteriosa, mentre sullo schermo della TV lampeggia la scritta “Restate in casa in attesa di ulteriori informazioni”. Il giorno di festa si trasforma in breve in una terribile lotta per la sopravvivenza.
Go Home – A casa loro è un film italiano della regista Luna Gualano, del quale vi riporto la sinossi:
Durante una manifestazione contro l’apertura di un centro d’accoglienza, si scatena un’apocalisse zombi. Enrico, un ragazzo di estrema destra, si mette al riparo all’interno del centro mentendo sulla sua identità. L’unico luogo sicuro è quel centro d’accoglienza che lui non voleva, mentre fuori i morti camminano sulla Terra.
La regista ha appreso la lezione di Romero su come gli zombie devono servire a svelare le contraddizioni all'interno della società, e lo dimostra con questo film dove mette assieme il tema dei non-morti e quello dei migranti, impiegando come attori veri ospiti dei centri di accoglienza e girando il film nelle numerose lingue che si possono sentire in quei posti.
È interessante notare come negli stessi giorni del TS+F Paranoico ci siano state a Trieste ben due manifestazioni: una di Casa Pound per celebrare la fine della Prima Guerra Mondiale e l’Unità d’Italia e quella di protesta dell’Assemblea Trieste Antifascista. Lascio a voi tutte le riflessioni.
Go Home ci conduce dritti al successivo tema, ovvero proprio gli…
Zombie
I non-morti non possono mancare in una rassegna di film di genere fantastico. Però sembra che quest’anno gli zombie vadano meno di moda, ho contato meno pellicole con questo tema.
Per restare in tema di fascisti e antifascisti, iniziamo la sezione zombie con Overlord di Julius Avery.
Mancano poche ore allo sbarco in Normandia e una squadra di paracadutisti americani si lancia nella Francia occupata dai Nazisti per portare a termine una missione che è cruciale ai fini del successo dell’invasione: hanno il compito di distruggere un radiotrasmettitore in cima a una chiesa fortificata. Disperati, si uniscono a un giovane francese, abitante del paese, per penetrare all’interno delle mura e far saltare la torre. Ma, in un misterioso laboratorio sotto la chiesa, i nostri, in inferiorità numerica, si trovano faccia a faccia con dei nemici che nessuno ha mai incontrato prima.
Detto così sembra Wolfenstein: The Movie, ma questa non è una critica. Zombie, nazisti, e sopratutto chi li combatte, sono un’ottima combinazione e il film di Avery gioca bene le sue carte e tra horror e guerra ti cattura.
Abbiamo avuto The Night Eats the World del francese Dominique Rocher, dove il protagonista vive isolato nel condominio che ha trasformato in sua personale fortezza, in una Parigi dominate dai non-morti.
Il miglior film sull’argomento però è stato secondo me The Dark di Justin P. Lange e Klemens Hufnagl (Austria, 2018). Tratta dell’incontro tra Mina, una ragazza zombie, e un ragazzo cieco che è stato sequestrato a scopo di ricatto. Mina deve decidere se seguire il suo istinto (e la sua fame) zombie o aiutare il poveretto. Il film è ambientato in qualche bosco remoto e fuori mano, e mi ha fatto venire in mente un altro film visto quest’anno durante la rassegna, Prospect, anche se non c’entra niente con gli zombie.
Prospect è ambientato su una luna boschiva dove dei minatori vanno a caccia di una pietra preziosa chiamata aurelac. La protagonista è un’altra ragazza che resta bloccata sulla Luna dopo che suo padre viene ucciso. Si allea con un altro minatore, interpretato da Pedro Pascal (Oberyn Martell in Il trono di spade). Beh in effetti gli zombie quindi c’erano: mi sono guardato attorno in sala e ho visto più di qualche spettatore addormentato… Forse l’unico motivo per il quale mi ricorderò di questo film è per l’interno nella capsula spaziale della protagonista, un perfetto esempio di quello che va sotto il nome di Cassette Futurism – sembra uscito da un film di fantascienza degli anni ’70: manopole, interruttori e schermi a tubi catodici con grafica retro. Anche questo uno zombie, volendo…
Per tornare propriamente in tema zombie, mi piace ricordare anche il corto The Delivery di Steeve Calvo:
In un mondo devastato, un allevatore tormentato si mette in cammino per effettuare una consegna speciale: zombi. Alla fine della transumanza, la consegna viene messa in dubbio quando scopre in una delle creature un rimasuglio di inaspettata umanità.
Lo voglio ricordare per lo zombie salvato dalla macellazione solo perché sa suonare l’armonica.
I Classici
Il TS+F è un’ottima occasione per vedere le ultime novità di cinema fantastico, ma l’attenzione degli organizzatori è sempre stata anche verso i classici del passato.
Un piccolo gioiello è stata la proiezione di Himmelskibet, film danese del 1918 del regista Holger Madsen, che racconta le avventure di una spedizione su Marte, a bordo di un incrocio tra un biplano e un dirigibile. Il film era accompagnato dalle musiche dal vivo di Godblesscomputers, nome dietro il quale si nasconde il beatmaker, producer e dj Lorenzo Nada.
Il film è impressionante per quanto riesca ad essere attuale. Il protagonista, il Capitano Avanti è una specie di Capitano Kirk ante litteram, vuole esplorare strani nuovi mondi e sedurre le bellezze locali. Si trovano temi che saranno ripresi da molta space opera successiva: Marte, le difficoltà del viaggio spaziale, il confronto e i fraintendimenti con una cultura aliena, la derisione di chi non crede nell’esplorazione spaziale.
Altri classici riproposti sono stati Barbarella, Westworld, Zeder, 2001: Odissea nello spazio, Stalker e Starcrash. Tra tutti questi ho scelto di andare a vedere la pellicola trash di Luigi Cozzi (o Lewis Coates come si faceva chiamare sul mercato americano). Sono tutti titoli che ho visto numerose volte ma Starcrash è quella che si può chiamare una mia guilty pleasure. A prima vista qualcuno potrebbe liquidare il film come il clone povero di Guerre Stellari, e sarebbe difficile contraddirlo. Ma Cozzi aveva progettato il film ben prima di Guerre Stellari e solo con il successo del film di George Lucas aveva ricevuto l’ok per procedere con le riprese. È un piccolo capolavoro, una capsula di trash anni ’70 che negli anni ha generato un certo culto. Sono quei classici film che vanno sotto la categoria So bad it’s good. Soprattutto è divertentissimo, e presenta una serie di attori quali Christopher Plummer (che accettò di recitare nel film solo per avere una scusa per visitare Roma), David Hasselhoff (pescato direttamente dalle soap opera) e Caroline Munro, che magari ai più giovani non dirà molto ma è stata una grande attrice negli anni 60, 70 e 80 nota per i film della Hammer e per essere stata una “Bond Girl” in La Spia che Mi Amava.
Attrice e regista erano presenti in sala, e potete dire quello che volete: tenetevi tutte le pornodive moderne che preferite ma lasciatemi queste grandi attrici del periodo d’oro dei b-movie. Caroline Munro è una signora non più giovanissima (il tempo passa per tutti) ma ancora simpaticissima e magnetica.
Acqua
L’acqua è la fonte di ogni vita, è un liquido che spesso diamo per scontato ma che nel futuro causerà guerre e conflitti come il petrolio al giorno d’oggi.
Il film Man Divided parte dal presupposto che l’acqua del futuro sia contaminata dal sale. Un agente viene mandato nel passato per recuperare una formula di desalinizzazione genetica. Detto così sembrerebbe una brutta copia di L'Esercito delle 12 Scimmie. Ma non lo è. Max Kestner non è Terry Gilliam (quello può esserlo solo Terry Gilliam), è un regista danese con una passato di documentarista. Il film è girato con un taglio nordico dai ritmi più lenti ma non meno coinvolgenti. In più Man Divided aggiunge un’idea che cambia completamente la prospettiva sui viaggi nel tempo. Il protagonista per viaggiare nel passato viene sdoppiato, le due parti sono in entanglement quantistico, e quella che resta nel presente ha un contatto telepatico con la il suo doppione mandato indietro nel tempo. Le cose si complicano quando l’agente perde il contatto con il suo doppelganger e decide di seguirlo nel 2018.
La mancanza di acqua potabile è alla base anche del cortometraggio croato The Last Well del regista Filip Filković. Questo corto è ambientato nell’entroterra croato dove l'ultima fonte di acqua potabile naturale è nella mani di un uomo taciturno e solitario. Dopo che una delle sue vendite di acqua potabile finisce in un bagno di sangue gli tocca prendersi cura di una donna e di sua figlia. Ma quando il pozzo si asciuga, è costretto a fare una scelta dolorosa. Conviene iniziare a vendere carne?
Un pianeta Terra desertico è quello che ho visto in Future World, film di genere post-apocalittico di James Franco e Bruce Thierry Cheung, con attori del calibro di Lucy Liu, Milla Jovovich e James Franco stesso. L’associazione con Mad Max viene spontanea, ma il film cerca di essere qualcosa di diverso, non sempre riuscendoci, purtroppo.
In un mondo post-apocalittico senza più acqua né carburante, Warlord, che ha ormai il quasi totale controllo del territorio e degli agglomerati umani rimasti, si ritrova tra le mani una bella e letale androide di nome Ash. Con lei al suo fianco, e il suo esercito di bestioni violenti, Warlord lotta per mantenere il dominio su questo mondo senza legge. Nel frattempo, alcune isole felici sopravvivono nelle poche aree fertili del pianeta. Una di queste, chiamata l’Oasi, è governata da una donna gravemente malata, il cui figlio, scoperto che in una terra lontana potrebbe esistere una cura, decide di mettersi in viaggio attraverso la landa desolata. Si troverà presto a tu per tu con Warlord.
Videogiochi & Arte
Mancava purtroppo uno spazio vero e proprio dedicato ai videogiochi e al retrogaming come nelle precedenti edizioni. La sezione Play It Again presentava solamente Runes: The Forgotten Path, un gioco fantasy in Realtà Virtuale. Due angoli del foyer del Teatro Rossetti sono stati isolati con nastro adesivo e vi si poteva testare il gioco. Ovviamente non mi sono perso l'occasione. L'ultima volta che avevo indossato un visore VR per un videogioco era stato almeno un venti anni prima. Avevo giocato a Duke Nukem 3D. Il piatto forte di Runes è la meccanica degli incantesimi che si possono lanciare muovendo i controller e disegnando in aria le rune. Ho giocato solo cinque minuti, giusto il tempo di capire dove mi trovavo (nel gioco) ma sono bastati per staccarmi completamente dalla realtà e portarmi in un altro mondo. È una tecnologia impressionante, ma che arriva con delle limitazioni, di hardware e software. Sono queste ultime quelle che ho notato subito. Nonostante fosse un gioco del 2018 (dovrebbe uscire a metà novembre) la grafica ricordava titoli molto più vecchi. Ma come mi ha fatto notare il fondatore della Stormborn Studio, Giacomo Lucchini, queste limitazioni sono dovute alla maggiore potenza di calcolo necessari per ricreare ambienti immersivi in 3D. La Stormborn studio è una casa di produzione triestina, nei limiti che la geografia ha ormai per queste cose. La maggior parte dei membri sono triestini, con altri sviluppatori che vivono in Italia, Inghilterra e Spagna.
Dai videogiochi e dalla loro grafica, il pensiero passa immediato alle mostre che sono state organizzate in concomitanza con il festival.
VOX&More è la mostra di illustrazioni di Matteo De Longis (Marvel, Bonelli), autore anche del poster ufficiale del TS+F. I temi erano musica, belle ragazze, fantascienza e macchine impossibili.
Nuthin' But Mech: a selection, visitabile al Teatro Miela, raccoglieva il meglio dell'omonimo sito gestito a Lorin Wood. Alta tecnologia, robot, mecha, cyberpunk: uno spettacolo per gli occhi.
Cyberpunk
E con le splendide illustrazioni delle mostre entriamo in piena modalità cyberpunk, grazie anche alla presenza di Bruce Sterling al festival.
Questo genere è così presente nella vita di tutti i giorni che ormai è difficile distinguere tra cyberpunk e altra fantascienza, e anche tra cyberpunk e realtà.
Attack of the Cyber Octopusses è un corto estone del regista Nicola Piovesan che per estetica e tematiche prende di peso dal cyberpunk anni '80 – un pizzico di citazioni, un po' di parodia del genere, qualche idea balzana, ma basta per divertire per venti minuti. Ormai il cyberpunk del passato con la sua estetica è diventato quasi un genere a parte, e sembra che abbia già un nome, Cassette Futurism.
Hacker e potenziamenti tecnologici sono anche il tema di Breaker, corto giapponese di Philippe McKie: nella Tokyo del futuro, il corpo tecnologicamente potenziato di una giovane hacker mercenaria viene infettato da un’arma digitale senziente. Ricercata, la I.A. parassita diviene la sua unica alleata nella fuga da quanti stanno cercando di recuperare l’arma. Anche qui, va detto, niente di nuovo.
Più interessante invece Hello, Rain della nigeriana C. J. "Fiery" Obasi, tratto da un racconto della scrittrice Nnedi Okorafor:
una strega-scienziata, per mezzo di una combinazione alchemica di tecnologia e stregoneria juju, crea delle parrucche che conferiscono dei superpoteri a lei e alle sue amiche. Ma quando queste perdono il controllo, lei si impone di fermarle ad ogni costo.
E se le parrucche cybervoodoo non vi convincono, almeno questo corto fugge dai soliti colori oscuri e neon di tanto cyberpunk già visto.
Non è l'unico corto tratto da un racconto di uno scrittore famoso. I Am The Doorway di Simon Pearce è tratto dall'omonimo racconto di Stephen King ed è il quarto adattamento per lo schermo di questa storia. Parla di un astronauta che al ritorno da una missione spaziale si rende conto che il suo corpo è usato dagli alieni per invadere la Terra. Ha un taglio molto anni '80, mi ha ricordato certi episodi di Ai Confini Della Realtà o Creepshow. C'entra poco con il cyberpunk ma visto che siamo in tema scrittori…
Anzi, proprio visto che siamo in tema scrittori e cyberpunk, vi ricordiamo l'incontro con Richard K. Morgan.
Intervista a Richard Morgan a Trieste Science+Fiction Festival
L'incontro con l'autore di Altered Carbon e The Steel Remains.
LeggiNuove Eterotopie
Continuiamo il discorso sulla fantascienza letteraria: oltre che proiezioni di pellicole parte del festival è dedicata anche al fantastico scritto, con incontri con, di e su scrittori. Sono andato a vedere la presentazione del volume Nuove Eterotopie, una raccolta di racconti Connettivisti uscita un anno fa circa e è servita a fare il punto su questo movimento letterario italiano. All'incontro erano presenti Roberto Furlani, Domenico Mastrapasqua, Vinicio Motta, scrittori connettivisti, e Bruce Sterling, creatore del cyberpunk e autore di uno dei racconti dell'antologia. Moderatori erano la simpaticissima Jasmina Tešanović (scrittrice) e Gigi Funcis (fantascienza.com).
Confesso qui senza problema che, pur avendo letto il manifesto Connettivista e diverse opere di questa corrente, non mi era mai stata chiara la sua definizione e i suoi confini. Ma in realtà questo non è un ostacolo – la corrente stessa è proteiforme, più una sensibilità di alcuni autori in un determinato momento storico che non una genere con una definizione fissa.
Ed è stato molto interessante il discorso che ha fatto Sterling su queste correnti, o microjam come le chiama lui, che stanno nascendo un po' ovunque nel mondo, e che tanti elementi hanno in comune con il Connettivismo: l'Ultra-non-reale cinese (in originale, chaohuan), l'Afrofuturismo, il "kitchen-sink dystopia" britannico, il New Weird e il cosìdetto "Indian Mythic Superhero" incrocio tra fantascienza, fantasy e testi della tradizione indiana quali il Bhagavadgītā e il Mahabharata. Sterling invita lettori e scrittori a interessarsi a queste correnti straniere, perché possono dare molto alla nostra visione del mondo e perché, come dice lui stesso, ormai gli Stati Uniti non hanno più niente di interessante da dire.
Premiazioni
Il Premio Asteroide viene assegnato al miglior film di fantascienza, horror e fantasy ed è riservato alle opere prime, seconde o terze di registi emergenti. La giuria di questo anno era composta dallo scrittore Richard K. Morgan, dalla programmatrice internazionale Annick Mahnert, dal critico e documentarista Alexandre Poncet. Il premio è andato a Freaks di Zach Lipovsky e Adam Stein. La motivazione: Freaks offre al pubblico un'esperienza completa, esplosiva e coinvolgente, con una straordinaria vastità e portata, e con un sovvertimento ferocemente arguto della forma dominante del cinema attuale. Propone, inoltre, una potente analisi politica della crescente cultura della paranoia che si sta diffondendo nel mondo.
La giuria ha deciso anche di dare una menzione speciale a Await Further Instructions di Johnny Kevorkian perché è il primo film di genere post Brexit: contiene una critica politica di brutale potenza; è un'opera premonitrice rispetto ai nostri tempi e costituirà per molti anni a venire un fondamentale punto di riferimento.
Il Premio Méliès d’argent è organizzato in collaborazione con la European Fantastic Film Festivals Federation (EFFF) ed è riservato ai lungometraggi di genere fantastico di produzione europea. Il premio è assegnato da una giuria di professionisti del settore cinematografico e vale anche come nomination per partecipare all’annuale concorso per il Premio Méliès d’or. La Giuria 2018 del premio Méliès d'argent era composta dal giornalista e critico cinematografico Enrico Magrelli, dal docente e critico cinematografico Roy Menarini, dal giornalista e scrittore Alessandro Mezzena Lona. Il premio è stato assegnato a Man Divided di Max Kestner (Danimarca, Svezia, Finlandia 2017). L’assegnazione è stata giustificata così: Man Divided, opera prima di fiction di un regista già apprezzato per i suoi documentari come Max Kestner, convince per la sua originalità narrativa nel saper reinventare temi classici: i viaggi nel tempo, l’incertezza della sopravvivenza in un futuro non lontanissimo, gli inquieti tormenti del doppio. Diretto con mano ferma, recitato con grande equilibrio, il film spalanca un orizzonte finora sconosciuto nel cinema fantastico, quello della Danimarca e del Nord Europa, da seguire con attenzione.
Un altro Méliès d’argent è stato assegnato al miglior cortometraggio. Il premio è assegnato al corto che ha ricevuto il maggior numero di voti dal pubblico in sala e vale anche come nomination per partecipare all’annuale concorso per il Premio Méliès d’or. Il pubblico del TS+F ha votato (e io con loro) Thunder from a Clear Sky di Yohan Faure (Francia, 2018). Dieci anni dopo la scoperta di un remoto sistema planetario in grado di supportare la civiltà extraterrestre, siamo in attesa dei risultati di un referendum mondiale che risponda alla domanda: dovremmo metterci in contatto?
La risposta è inaspettata e un vero OMG da parte del pubblico, forse prevedibile ma non per questo meno commovente.
Il Premio Rai 4 viene assegnato direttamente da Rai 4, media partner di Trieste Science+Fiction Festival 2018, a uno dei film della selezione ufficiale Neon. Il premio è andato a Freaks che così si porta a casa una meritata doppietta. La motivazione: Nell'offerta di livello sempre all'altezza del Trieste Science+Fiction Festival, il premio Rai 4 va al film Freaks che reinterpreta con ironica originalità il tema dei superpoteri e la condizione dell'alterità, ribaltando il classico punto di vista e riuscendo a restituire inedita freschezza al cinema di genere.
Il vincitore del Premio Stars’ War – Premio della Critica Web viene deciso da nove testate online presenti al Festival: BadTaste, Blow Out, Cineblog, CineClandestino, CineLapsus, Cinematographe, Quinlan, Sentieri Selvaggi e Taxi Drivers. Il premio quest’anno è andato a Jonathan di Bill Oliver (USA, 2018).
Jonathan è uno schivo aspirante architetto di 24 anni che soffre di una malattia che solo suo fratello John riesce a comprendere. I due dividono un appartamento, lavorano part-time e, a causa dei differenti orari, comunicano solo tramite messaggi scritti, audio e video che si lasciano a vicenda. Da quando erano bambini i due fratelli vivono secondo una rigida serie di regole: ogni giorno si raccontano ciò che hanno fatto e riducono al minimo i rapporti umani esterni. La vita severamente circoscritta di John e Jonathan sembra procedere tranquillamente finché Jonathan scopre che John sta vedendo di nascosto una ragazza: avere una fidanzata è contro le regole!
Purtroppo non l’ho visto ma la sinossi è intrigante.
Il Premio Nocturno Nuove Visioni è un riconoscimento assegnato ad un’opera significativa e originale per l’evoluzione del cinema di genere da Nocturno, la principale rivista italiana dedicata al cinema di genere. Il premio è andato a Await Further Instructions di Johnny Kevorkian (Gran Bretagna, 2018), con la motivazione che il film è Attualissimo e retrò allo stesso tempo, il film è una spassosa, frenetica e terrificante escursione in una Twilight Zone dove i generi si fondono e trovano una nuova dimensione.
Il Premio CineLab Spazio Corto è organizzato in collaborazione con il DAMS (Discipline delle arti della musica e dello spettacolo), Corso di studi interateneo Università degli Studi di Udine e Università degli Studi di Trieste, ed è riservato al miglior cortometraggio italiano presentato nella sezione Spazio Italia | Spazio Corto. Il premio viene assegnato da una giuria composta da studenti. La giuria 2018 è composta da Leandro Urbani, Edoardo Vidiz, Riccardo Tonon, Ajad Noor e Luciano Ranaldi. Dopo un'attenta e oculata analisi dei cortometraggi in concorso al festival, la giuria ha deciso di assegnare il premio CineLab Spazio Corto al cortometraggio di Mattia Temponi Herd. Un’opera che riesce a coniugare allo stesso tempo forma e sostanza riuscendo a veicolare in maniera chiara e ironica il proprio messaggio attraverso il genere cinematografico, cosa che la giuria reputa manchi in italia ora come ora. La paura immaginaria del diverso e dello sconosciuto e la sempre più dirompente irruenza dei mass media nelle nostre vite, che passivamente ci influenza di giorno in giorno. sono i temi affrontati nei 14 minuti di questo intelligente cortometraggio, che viene accompagnato da un'ottima messa in scena e da un reparto tecnico molto valido, che trova il suo punto di forza in un’intensa fotografia e un ritmo molto coinvolgente.
Il Premio del pubblico è riservato ai lungometraggi di finzione presenti in tutte le sezioni, esclusi i classici. Il premio è assegnato al film che riceve il maggior numero di voti dal pubblico in sala. Credetemi che non è facile da votare. Ti danno questo foglietto con i numeri da 1 a 5 e devi decidere, anche nel breve tempo tra una proiezione, una fuga al gabinetto, una cena e una birra, come condensare la tua opinione su una pellicola in un numero. Si va a istinto, ma nel caso del vincitore di quest’anno, Lajko – Gipsy in Space di Balazs Lengyel (Ungheria, 2018), non ho avuto dubbi (e penso neanche il pubblico in sala).
Resta da assegnare il mio premio personale ai migliori film e cortometraggio, andando a scegliere tra quelli che non hanno già vinto dei premi. E la scelta del Vostro Fedelissimo va a The Dark, per esser riuscito a raccontare qualcosa di nuovo con gli zombie (che non è poco al giorno d’oggi) e al cortometraggio The Last Well, per come riesce a mettere giù in maniera brutale come sarà un mondo del futuro senza acqua.
Conclusioni
Come ogni anno l’offerta del TS+F è variegata e soddisfa tutte le esigenze. Ci si chiede quindi alla fine della rassegna se questi film messi tutti assieme hanno qualcosa da dirci, sul mondo del 2018.
Che impressioni si possono trarre dai film visti? Vedendoli mi sono fatto la seguente idea (vi lascio come compito a casa le associazioni con i film). La fine apocalittica è per la maggior parte trascurata. Il 2012 è passato, e guarda un po’ siamo ancora qui con tutti i nostri problemi. Il futuro non è roseo: la paura del diverso, il degrado dell’ambiente sono i maggior problemi al giorno d’oggi e proiettano un’ombra oscura sul nostro futuro. Nei film visti il confronto è raramente uomo vs zombie o vs mostri, ma uomo vs uomo, che in fondo è proprio quello più difficile. Ma un fondo di ottimismo c’è: abbiamo sconfitto i nazisti, siamo andati sulla Luna, saremo o no in grado di salvare la Terra e noi stessi?
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