Nella cornice di Villa Gioiosa a Lucca Comics and Games, Robin Hobb (autrice della saga dei Lungavista) incontra i giovani aspiranti scrittori, per un educational riservato agli iscritti a Blood Memories, il suo sito italiano non ufficiale. Forte dell’iscrizione al forum, della devota ammirazione per la Hobb e dell’acquisto di un taccuino (ancorché di Harry Potter) e di una penna (che spero facciano di me una scrittrice in erba), mi dispongo a farmi affascinare dall’atmosfera dell’incontro.
Il titolo del wokshop, Write Here, Right Now, è evocativo dell’indirizzo che l’educational prende: Scrivi Ora, Adesso. Robin ci trascina nella sua storia personale: prima di trovare un editore, quando scriveva racconti per bambini e ragazzi, fino all’approdare a fantasy e fantascienza. L’autrice presenta con molta semplicità le difficoltà incontrate agli esordi della sua carriera: invece che concentrarsi sull’aspetto della pubblicazione, sulla ricerca di un editor o di un agente (elementi che interverranno comunque nella discussione) la scrittrice dedica l’incontro all’elemento necessario per ogni futuro libro, l’atto stesso della scrittura.
Quando la Hobb inizia a scrivere, per comporre le sue opere non ha uno spazio a sua disposizione e nemmeno tempo da dedicare all’attività: vive in un camper, a mala pena ha spazio per sé, e deve prendersi cura di due bambini da sola, mentre il marito è assente per nove mesi all’anno per lavoro. Il punto centrale nell’atto della scrittura non è la mancanza di possibilità, ma la mancanza di volontà: If you want to write, you cannot wait. Se vuoi scrivere, se vuoi scrivere davvero, non puoi aspettare. Di avere lo spazio ideale, serate intere a disposizione, un tempo e un luogo ideale. Perché, come osserva Robin, non avremo mai più tempo di ora, non avremo mai un luogo che ci soddisfi. Ma se abbiamo la volontà di creare, dobbiamo scrivere ora, proprio adesso.
E per indurci a iniziare fin da subito, la stessa Hobb regala a tutti noi partecipanti un taccuino, con una dedica scritta e firmata di suo pugno. E potete indovinare cosa sia scritto in apertura. Write Here, Right Now. Se è riuscita lei, in un camper, con due bambini piccoli, da sola, cosa potrebbe fermare noi? Un taccuino è l’unico ideale e fedele aiutante di cui abbiamo bisogno: leggero, piccolo, portatile, di bassa qualità. Possiamo portarlo ovunque, tutti i giorni, per annotarci ogni aspetto della vita quotidiana che ci venga in mente. Possiamo strapparne i fogli o farne qualunque cosa. Il taccuino, insomma, è l’unico strumento di cui uno scrittore abbia bisogno: trasferire quanto suggerito dalla carta al pc non deve essere un peso, ma uno strumento per una prima riscrittura. Il taccuino, come il nostro più fedele amico, deve stare sempre con noi, più di un telefonino.
E se invece non riuscissimo a fare a meno dei nostri device elettronici? Non c’è problema, osserva Robin, con la sua voce pacata: lo smartphone permette di scrivere o di registrare quello che desideriamo. Dopotutto, continua la Hobb, una sua amica una volta ha scritto un intero romanzo su smartphone. Sembra di essere in un mondo di donne che, con la loro volontà, riescono a realizzare l’impossibile. Non sembra ci siano incrinature nell’acciaio di cui sono costruite. Robin, per esempio, non ha hobby: ne aveva uno, lo ha reso il suo lavoro. Non ha tempo per altre ossessioni. A parte la musica: le canzoni, soprattutto i testi country, cosa sono se non brevissime narrazioni? Ma l’immaginario di una Hobb che ascolta country si infrange quando, tra ovazioni popolari, ammette di avere una passione per i Nightwish.
Il punto, insomma, è che dobbiamo usare ogni nostro singolo momento libero. Perché saremo sempre stanchi, sempre con poco tempo, sempre nel luogo sbagliato. Ma ogni storia ha il diritto di essere raccontata in un momento preciso: può cambiare, può crescere, ma ha bisogno di esistere. Non c’è un modo giusto o sbagliato per scrivere: ma non scrivere è sicuramente un inizio poco proficuo. Si può iniziare dal world-building, anche se non necessario: perché, e su questo Robin insiste moltissimo, non esiste un unico modo di impostare una storia. Certo, si può decidere se tenere un’impostazione da fantasy, più incentrata sul personaggio, o da fantascienza, caratterizzata dal what if. Si possono creare testi di analisi dei personaggi, o timeline, in caso di storie più lunghe. La scrittura, insomma, non è un’opera d’arte, ma un’opera di artigianato: bisogna, nonostante tutto, saper lavorare ogni giorno, indipendentemente da ogni stato d’animo. Perché abbiamo cose da dire e sentiamo il bisogno di farlo.
E se. E se non avessi qualcosa di interessante da dire? E se non sapessi scriverlo come vorrei ora? E se il finale che ho scelto non andasse più bene? Innanzitutto, risponde la Hobb, scrivete di ciò che conoscete. Qualunque cosa sia, sarà un argomento su cui sarete competenti. Cose meravigliose che avete vissuto (6, da scrivere sul nostro taccuino), il personaggio che vorremmo come amico o di cui ci potremmo innamorare e, infine, il personaggio che vorremmo essere (chi gioca a indovinare chi ho scelto io? Lo devo dire davvero? Indizi: autore fantasy, il suo cognome inizia per S e finisce per Anderson. Non potevo certo scrivere il suo nome completo in un articolo non dedicato a lui). Ed ecco, ognuno di noi ha una storia a sua disposizione.
E, continua Robin, se anche nella prima stesura non lo saprete scrivere in modo perfetto, quanto meno avrete qualcosa da sistemare, mentre farete una revisione. E se deciderete, a posteriori, che la storia non deve finire in quel modo, chi vi vieta di tornare indietro e modificare il finale? Non sapete più andare avanti con una storia? Cambiatela. Mettete a posto le cose. Non si sistemerà da sola. Quando avrete trovato il nodo che vi impedisce di andare avanti, potrete svolgerlo e tornare ad affrontare la vostra storia. E mentre prendo appunti, affascinata e deliziata dalla donna che ci racconta delle difficoltà della sua vita e del cambiamento che è riuscita a imprimerle, mi chiedo se la storia di cui sta parlando sia quella che stiamo scrivendo o quella che stiamo vivendo.
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