1. Il Male indigeribile

I

I bardi cantano vecchie leggende di gloriose battaglie, di eroi forti e virtuosi e di arditi cavalieri.

Sono tutte puttanate.

Le guerre che ho vissuto io, Mysella la Fata, sono state mostruosità meccaniche e ideologiche, mattatoi dove i soldati più valorosi e quelli più codardi venivano fatti a pezzi senza distinzione.

Ho visto campi di battaglia dove i pochi superstiti, lasciati senza gambe, braccia o genitali, maledicevano inutilmente il giorno nel quale li avevo arruolati. Il ronzio delle mosche attorno ai loro cadaveri è l’unico canto intonato per loro.

Tutto iniziò quando un'astronave extra-brana si schiantò contro il Castello di Oberon, uccidendo la nostra Regina, Titania. Il popolo delle fate, senza guida, si divise in tre fazioni guidate da altrettante Signore della Guerra: Mab, Oona e Tanaquill. Allo scoppio della guerra ognuna dovette decidere da che parte stare.

Io, ovviamente, scelsi la parte sbagliata.

[…] (Continua)

2. Il Progetto Über–Fee

I

Il cielo era una distesa azzurra. Sotto Fata Zerice le nuvole erano un bianco mare reso accecante dalla luce intensa del sole che vi si rifletteva. La fata sbatté le ali per darsi la spinta in avanti. Sentiva l’aria pura venirle incontro, e avvolgere dolcemente il suo corpo.

Fece un cenno con la mano.

Sentì uno sfarfallare di ali che si avvicinavano.

– Sono tutte pronte? – chiese senza voltarsi.

– Sono tutte in formazione, comandante.

Annuì soddisfatta. Estrasse da sotto i vestiti il ciondolo che portava al collo. Era il suo portafortuna, un prisma amaranto con incise sopra minuscole rune color sabbia. Lo rimise al sicuro sotto i vestiti.

– Scendiamo.

Non aspettò la risposta e iniziò la discesa verso le nuvole. Sapeva che la sua luogotenente e le altre fate la stavano seguendo.

Zerice si tuffò nel mare di nuvole. Da bianco il mondo che la circondava divenne un grigio sempre più scuro e sporco.

Sbucò dalle nuvole, che erano ora una ribollente massa nera sopra di lei. Miglia più in basso il terreno era un mare fangoso tagliato dalle trincee, percorso da fanti e mezzi da combattimento.

Un’esplosione. Vicina. L’onda d’urto investì Fata Zerice, che dovette sbattere le ali per resistere alla corrente d'aria calda.

Poco lontano, i resti di un’aeronave in fiamme precipitarono verso il suolo. In lontananza altre aeronavi erano grigi punti che galleggiavano nell’aria.

Per la prima volta si voltò a vedere il suo seguito. Dietro a lei uno sciame di fate si allungava fino alle nere nuvole.

– Tenente.

– Agli ordini, Comandante.

– Dov’è il nostro obiettivo?

L’altra fata indicò uno dei punti grigi.

– Laggiù.

– Ci dovevamo sbucare sopra.

– Sono avanzati più del previsto, Comandante.

– Raggiungiamolo mantenendo la formazione. Appena arriviamo a portata di tiro, dia l’ordine alle fate di dispiegarsi.

– Sissignora. Permette una domanda?

Fata Zerice guardò la sua luogotenente. Occhi intelligenti sepolti in un viso indurito dalle battaglie. Sarebbe diventata un buon comandante. Se fosse sopravvissuta.

– Concesso.

– Non possiamo avvicinarsi all'obiettivo passando tra le nuvole o sopra di esse? Avremmo dalla nostra l'effetto sorpresa.

– Rischiamo di perdere di nuovo l'obiettivo. E non possiamo emergere dalle nuvole ogni cinque minuti per vedere dove siamo. Procediamo come stabilito.

Volò verso l’aeronave nemica, osservando lo stato della battaglia aerea.

Altri gruppi di fate scendevano dalle nuvole e come mortali serpenti circondavano i velivoli nemici. I traccianti delle armi saettavano verso le nuvole di fate che volavano attorno alle aeronavi.

Raggiunsero il loro obiettivo: un’aeronave dalla struttura metallica cilindrica, la cui superficie era resa irregolare da piattaforme, tubature, tralicci e armi.

Le torrette con le mitragliatrici ruotarono e iniziarono a sparare verso il nastro di fate, che ruppero la formazione. Erano veloci, difficile determinare il loro percorso, impossibile seguirle con armi da fuoco. Qualche tiro fortunato andava a segno, e Fata Zerice vide alcune delle fate colpite precipitare nel vuoto.

Volavano sempre più vicine allo scafo. Lo sciame si stava chiudendo sull’aeronave.

Gli oblò del vascello si spalancarono. I visi degli elfi apparvero dietro le canne dei fucili. I mitra uscirono dalle feritoie. Iniziò il tiro al bersaglio.

All’improvviso, le fate si precipitarono sulla superficie dell’aeronave, entrando dagli sportelli aperti o piazzando cariche di esplosivo.

Fata Zerice atterrò su una minuscola pedana di servizio posta sulla chiglia dell’aeronave. Trovò aperto il portello di accesso ed entrò.

[…] (Continua)

3. Nietzsche GmbH

Your God is dead / And no–one cares.

If there is a Hell / I'll see you there.

— Nine Inch Nails, "Heresy"

PRELUDIO

La guerra finì. Ci fu un vincitore, ma non so chi e non mi interessa. Molti morirono e chi non morì tornò a occuparsi dei propri affari.

Con tutto quello che ho sofferto e fatto soffrire, non mi hanno nemmeno dato una pensione di guerra. Fate tirchie del cazzo. Forse l'aver tradito l'esercito non ha giocato in mio favore.

E così con le mani e le ali ancora sporche di sangue, arrivai a New Camelot, la grande città tra i mondi, alla ricerca di un modo per guadagnarmi da vivere.

Ho fatto la cacciatrice di principi azzurri, la mercenaria, la ladra, la spia. Ho continuato ad ammazzare e a evitare di farmi ammazzare. Lavorare in un call center non ha mai fatto per me.

Ho fatto anche la becchina. Non ridete. Seppellire cadaveri è un lavoro pericoloso. Se non ci credete, è peché non avete mai visto quello che ho dovuto seppellire io.

I

Il canto dei monaci e il ronzio dei macchinari si allontanarono, allungandosi oltre la soglia di percezione dell’udito. Fata Mysella udì al loro posto il canto degli uccelli e il fruscio dei rami mossi dal vento.

Aprì gli occhi e si guardò attorno. Si trovava al centro di una radura. I menhir disposti in circolo attorno a lei emettevano vibrazioni che si andavo smorzando, ora che il transito era concluso. Era l'alba, con il sole di quel mondo, basso sull'orizzonte, che proiettava sulla radura le lunghe ombre dei container arrivati assieme a lei.

Un gruppo di persone la stava aspettando. Erano alti prelati con le loro eleganti dalmatiche ricamate in oro o con i loro ricchi piviali color rosso. Erano preti loro assistenti vestiti di semplici mantelli neri. Erano un nutrito gruppo di guardie, armate di picche e archibugi.

Uno dei preti, che Mysella valutò essere il più giovane, si staccò dal gruppo e le si avvicinò.

– Benvenuta nel nostro mondo. Sono Padre Rodelio, Vescovo della Chiesa del Dio di Giossana. Sarò la persona di  riferimento per tutto il suo periodo di permanenza qui.

– Io sono Mysella la Fata. La Nietzsche mi ha mandata per aiutarvi.

– Dio solo sa di quanto aiuto abbiamo bisogno. Venga, le presento gli altri.

Incontrò altri quattro vescovi che, le spiegò Rodelio, facevano parte del gruppo che si doveva occupare della crisi in corso.

Fu accolta con espressioni che andavano dal curioso all’infastidito. Uno dei vescovi, un anziano dai capelli color argento di nome Corildo, non le rivolse mai la parola e si limitò a guardarla con disgusto.

Mysella lo ignorò: – Suggerirei di metterci subito in viaggio per il luogo dell’impatto.

– Concordo – le rispose Padre Rodelio. – È piuttosto lontano e vi arriveremo in tarda serata. Se per lei va bene, potremo riposare al villaggio di Soliria, dove abbiamo la nostra base, e fare l’ispezione domani mattina.

[…] (Continua)

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