- La Befana vien di notte – Trama
- Con le scarpe tutte rotte – I problemi
- Il suo sacco è pien di toppe – Conclusione
Il fantasy non è un genere particolarmente caro al cinema contemporaneo italiano. Lo sa bene Michele Soavi, regista che dai tempi di Dellamorte Dellamore si è trovato pressoché arroccato a dirigere polizieschi televisivi. La Befana vien di notte è stato per lui un ritorno alle origini, un film con cui era pronto a infrangere ogni preconcetto e a creare una nuova fiaba natalizia, ma qualcosa dev’essere decisamente andato storto e i risultati lasciano a desiderare.
La Befana vien di notte – Trama
Riccardo (Francesco Mura) è un ragazzo che frequenta le elementari in un tranquillo paese montano. Il suo più cocente problema è quello di dover gestire un improbabile triangolo affettivo tra l’amata Sveva (Cloe Romagnoli) e il bullo Ivan (Diego Delpiano), ma proprio fuggendo dall’ennesimo litigio col suo contendente finisce con l’essere coinvolto in una storia di rapimenti e di spionaggio. Egli assiste fortuitamente al misterioso sequestro della maestra Paola (Paola Cortellesi) e, assieme ai suoi amici, decide di rintracciare gli assalitori per accorrere in suo aiuto. C’è un ’unico imprevisto: l’amabile tutrice è in verità la Befana e i ragazzi hanno solamente pochi giorni per salvare l’epifania.
Con le scarpe tutte rotte – I problemi
La sceneggiatura di Nicola Guaglianone (Lo chiamavano Jeeg robot) vuole apertamente richiamare le alchimie delle avventure per ragazzi degli anni ‘80 – film quali I Goonies o Scuola di Mostri – ma si scontra con il duro scoglio delle risorse economiche limitate. Se ne I Goonies era Steven Spielberg a promuovere il progetto, qui è il Biscottificio Marini e la differenza si sente. Per portare a compimento la pellicola è stato pertanto necessario il sostegno della regione Alto Adige, cosa che è finita irrimediabilmente a incidere sulla regia imponendo una quantità spropositata e ridondante di inquadrature-cartolina.
Ciò non è stato comunque sufficiente a garantire i mezzi necessari a ricostruire l’epicità dei riferimenti cinematografici a cui Guaglianone si ispira. Nel disperato tentativo di trascinare il pubblico al cinema, la produzione ha pertanto scomodato l’ottima Cortellesi e, nei panni dell’antagonista, il carismatico Stefano Fresi (Smetto quando voglio, Nessuno mi può giudicare), due attori capaci ma a cui è stato fornito veramente poco con cui lavorare. I loro ruoli spezzano e interrompono la narrazione, dovrebbero comparire sullo sfondo della vicenda ma lottano per esserne i protagonisti e quando riescono a essere al centro dell’attenzione non hanno nulla da dire.
Il suo sacco è pien di toppe – Conclusione
La befana vien di notte ha molti tratti in comune con Il mio West: ambo i film si appoggiano a celebrità per garantirsi finanziamenti, ma proprio il dover far eccessivamente leva sui vip ne ha storpiato e cannibalizzato idee altrimenti brillanti. La Befana vien di notte non sa se vuole essere Nightmare Before Christmas, Stand by Me o I Goonies, cerca di essere un po’ di tutto e finisce con l’essere nulla.
Nonostante gli ottimi preamboli – la fotografia è affidata a Nicola Pecorini (Paura e delirio a Las Vegas, Parnassus), per dirne una – la pellicola è priva di identità e di direzione, non è stata capace di ridimensionare le sue ambizioni per adattarsi al portafoglio e ne viene fuori un’apoteosi del “vorrei ma non posso”. Se volete vedere un lungometraggio di Paola Cortellesi recuperatevi Maria Montessori – una vita per i bambini, se ne volete uno natalizio guardatevi Die Hard, se ne preferite uno trash puntate su Moschettieri a 4 zampe, in ogni caso La befana vien di notte si merita tanto carbone.
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