Sento l'odore delle emozioni.
Border è un film evocativo, per alcuni versi, al punto da renderlo familiare agli occhi dello spettatore. Tratto da un racconto, ci propone di riflettere sul sempiterno quesito che accompagna l'uomo sulla Terra, ovvero se non si sia preso un po' troppe libertà, un po' troppa considerazione di sé al punto di non considerarsi un ospite e soprattutto, il solo abitante giusto. Qui la domanda passa attraverso il racconto di una vita "diversa", quella di Tina (una straordinaria Eva Melander), da sempre in cerca del proprio posto nel mondo, scontrandosi con qualcosa che, dentro e fuori di sé, cozza con tutto ciò che la circonda. Tina vive una dimensione quasi onirica quando lascia il lavoro e la quotidianità: vive in una casa nel fitto bosco svedese, e veramente vive il bosco, entrando in pieno contatto con la natura, con i suoi abitanti. Conduce una vita semplice, è una persona generosa che poco chiede in cambio. Lavora come guardia alla dogana, ma è più corretto dire "annusatrice": il suo compito è di fiutare, di percepire coi sensi quello che gli uomini portano con sé: possono essere delle bottiglie di alcol di un minorenne o, peggio, colpe e stili di vita deplorevoli. Decisamente, è una persona buona, ma compressa da quelle domande che si pone da una vita ma a cui nessuno dà risposte, fino all'arrivo di Vore (Eero Milonoff). Quell'incontro cambia drasticamente la vita di Tina. Non perde il suo "potere", ma con Vore qualcosa entra in conflitto e di certo non lo amplifica. Vore potrebbe essere la risposta a tutte le sue domande perché… è come Tina.
Non sono dei reietti della società, la loro diversità è data da qualcosa che gli uomini non comprendono, perché l'uomo secondo Vore è troppo pieno di sé, ciò che non comprende deve essere annientato, distrutto, soggiogato, messo in posizione di subordinazione. Ma se Tina ha passato la vita a integrarsi, dimostrando che la propria diversità fosse una risorsa messa al servizio della comunità che, comunque, l'ha accolta e amata, Vore nasconde dei segreti oscuri e degli intenti quasi opposti che metteranno alla prova Tina: in qualche modo, presa coscienza della propria natura, dovrà cercare di conciliare la vera sé con ciò che è stata fino a quel momento. E scegliere? Forse.
Ali Abbasi sembra quasi non sbilanciarsi fino in fondo, e questo per chi scrive è il difetto di tutta la pellicola. Tanta carne al fuoco, ottima impostazione, ma poi fiacche conclusioni, grossolane risoluzioni in un film di non breve durata, che lasciano lo spettatore con un piccolo senso di insoddisfazione.
Di certo, il film appagherà lo spettatore per l'ottima scenografia, l'immensa resa dei boschi svedesi (e danesi) che regalano un senso di pace durante tutta la proiezione. Il trucco e gli aspetti tecnici hanno avuto ovazioni dalla prima uscita del film (estate 2018), e capirete perché.
In un certo senso, Border può essere un racconto di formazione. Per chi come un appassionato di fantastico è affascinato dalla possibilità che esistano creature diverse, Tina non fa paura. Piace pensare che ci sia qualcuno in grado di fiutare le emozioni degli altri, e aiuti la società nella costruzione di un mondo più giusto, in difesa dei più deboli. Mentre guardavo il film la mente è corsa a What women want, goliardica pellicola in cui Mel Gibson, acquisito il potere di leggere nella mente delle donne, sfruttava questa capacità per il proprio tornaconto. Più recentemente, Edward Cullen della saga di Twilight aveva un potere simile, e anche lui spesso lo usava per fini positivi. E certamente ce ne sono altri. Qui c'è un upgrade di un superpotere: fiutare un'emozione regala un'immagine più intensa, più evocativa, più complessa.
Che possa farlo una creatura altra come Tina ci regala una rilettura molto più forte, soprattutto per come viene adoperato tale potere. In qualche modo, Tina è un supereroe della società in cui vive. Eppure pochi lo realizzano, come spesso accade, del resto. Il suo personaggio vive un cambiamento senza ritorno, non vuole subire, cerca di elaborare ciò che le succede, usa la propria sensibilità, riflette, si ribella. Come finirà non è dato saperlo, il finale è in qualche modo aperto, ma positivo: si può sempre ricominciare.
Per converso, Vore crea da subito molto disagio, perché seppure siamo portati a comprenderlo, a giustificare quel senso di rifiuto che come Tina e forse più intensamente ha percepito dagli altri per tutta la vita, non ha alcuna intenzione di integrarsi con questo mondo e cerca il proprio posto senza adeguarsi a quello che gli umani, a suo dire, pretendono. Anzi, peggio, farà di tutto per non sanare mai quella frattura tra i due mondi, e cerca in Tina una compagna e forse una complice di questo. Tuttavia, la lascia scegliere, seppure per buona parte della storia sembri quasi condizionarla (ma sono i sentimenti?).
A giudizio di chi scrive, Border è un film silenzioso che, a modo suo, urla sulle tematiche più attuali come l'accettazione delle diversità vere e presunte, la pretesa di non adeguarsi e difendere se stessi, e l'importanza del saper convivere con il diverso e anche con le proprie "diversità". Il cinema di genere non si è mai risparmiato sull'argomento, e con Border si aggiunge una nuova declinazione, forse imperfetta e grossolana, ma interessante.
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