Queste Oscure Materie, la trilogia di Philip Pullman formata da La Bussola d’Oro, La Lama Sottile e Il Cannocchiale d’Ambra, con protagonista Lyra Bellacqua e il suo daimon Pantalaimon, è, si sa, un fantasy molto particolare, che mette in discussione a ogni livello il concetto di autorità. E se consideriamo che il personaggio archetipo che trasmette conoscenza all’eroe, e che quindi riveste per quest’ultimo il concetto di autorità, possiamo immaginare che il ruolo del mentore nella trilogia non possa essere uguale a quello che accade negli altri libri/film.
Il rovesciamento
Philip Pullman, sembra infatti fare del rovesciamento la caratteristica distintiva di questa serie. Lo vediamo fin dall’inizio: la caratteristica principale della nostra eroina, Lyra Bellacqua, è la sua capacità di mentire. Lo dice lei stessa, con molta semplicità, quando, sulla soglia della prova più difficile di tutte, la discesa negli inferi, le Arpie le toglieranno la possibilità di mentire: e Lyra non avrà più le sue armi a disposizione. Come può affrontare il nemico senza la sua caratteristica principale? Lo sapevamo anche all’inizio. Alla fine del primo libro, nel culmine delle sue prove da eroe, Lyra ottiene un nuovo nome, come ogni importante passaggio merita. È il re degli orsi ad attribuirglielo: Lyra, che aveva il cognome Bellacqua della sua finta famiglia di origine, riceve il nuovo soprannome di Lyra Linguargentina. Grazie alla sua capacità di mentire, infatti, è riuscita a ingannare il nemico di Iorek Byrnison e lui l’ha insignita di questo nuovo nome.
Però, Lyra non è l’unico eroe con una capacità legata all’ingegno e, perché no, alla capacità di ingannare gli altri. Il modello è uno dei più antichi in assoluto, l’eroe più di ogni altro legato al dono della parola, Ulisse, o Odisseo, in persona. Un eroe con cui, lo vedremo, Lyra ha più di un punto in comune.
Quindi, la natura un po’ particolare del dono eroico di Lyra può già far nascere qualche sospetto. Che diventa un po’ più concreto se riflettiamo sugli antagonisti di Lyra. In ordine di apparizione (in qualità di cattivi), sono la signora Coulter, nel primo volume, a cui si affianca Lord Asriel, dalla fine del primo volume, e l’Autorità Divina (e specialmente l’angelo Metatron) nel terzo volume. In pratica, la madre, il padre e Dio sono i nemici di Lyra. Sulla madre e sul padre torneremo tra poco. Possiamo ancora notare, per sottolineare ancora di più il rovesciamento, che l’Autorità è un povero vecchietto da salvare e che il più forte degli angeli, Metatron, è nato uomo.
Sugli angeli, d’altra parte, si potrebbe aprire un capitolo a parte: se nel nostro comune immaginario sono forti, temibili, superiori agli umani, nel mondo di Pullman sono deboli e possono essere sconfitti facilmente dagli uomini. Dopotutto, sono solo spirito senza (o con poca) materia. Gli uomini sono di gran lunga superiori. In molti aspetti, nella forza, senza dubbio, anche se forse non nell’umanità: quando Lyra ha bisogno di conforto, di aiuto, di protezione, non è agli uomini che può guardare. I suoi protettori sono una strega, Serafina Pekkala, e un orso, Iorek Byrnison.
Un viaggio eroico
Ma, se guardiamo bene, non sono solo i personaggi a essere rovesciati. Consideriamo la struttura del racconto. Queste Oscure Materie, come tutte le storie di avventura/formazione, è il racconto del viaggio dell’eroe, quello studiato, per intenderci, da Campbell e poi applicato in Guerre Stellari. Ci sono tutti gli elementi del viaggio dell’eroe, compreso quello più drammatico, il viaggio nel mondo dei morti (avevo detto che saremmo tornati a Ulisse, no?). Ma mentre di solito i morti servono per dare una soluzione ai vivi (Enea ha bisogno di risposte da Anchise, Aragorn deve trovare un modo per salvare Gondor), Lyra scende negli inferi per chiedere scusa al suo amico Roger e per dargli una mano. E già che c’è, invece di essere aiutata dai morti a conoscere se stessa, sarà lei ad aiutare i morti a scoprire il loro posto nel mondo.
Questo rovesciamento del racconto dell’eroe, o almeno questo mettere in questione alcuni elementi, c’è già all’inizio della storia. Possiamo capirlo se confrontiamo la struttura della trilogia con quella del viaggio dell’eroe descritto da Campbell.[1]
Il primo momento della storia è il richiamo all’avventura, che è sempre legato a una debolezza dell’eroe. Lyra è curiosa (e Pantalaimon, il suo daimon, non smetterà mai di rimproverarla per questo) e scopre che qualcuno vuole uccidere Lord Asriel, che lei pensa essere suo zio, ma in realtà è suo padre. Ora, in queste avventure, ci insegna Campbell, c’è sempre una figura che appare all’improvviso come guida e la cui comparsa dà inizio a un nuovo periodo. E così, compare Lord Asriel. Che però rifiuta di diventare il mentore di Lyra. Lord Asriel non può essere un mentore: vuole, ancora, essere lui stesso l’eroe. Campbell aveva messo in guardia da questo tipo di uomo “moderno”, l’adulto che rimane bambino perché è ancora legato alle immagini dell’infanzia.
E quindi, Lyra, secondo il copione, torna alle sue occupazioni (giocare con gli altri bambini), finché succede qualcosa di così importante da farle capire che deve agire. Un gruppo di persone, gli Ingoiatori, rapiscono dei bambini, tra cui il suo migliore amico Roger. Ma Lyra rifiuta di partire, anche se è tentata (il rifiuto della chiamata): quando il direttore del college le fa capire che se ne deve andare, lei ribatte che Oxford è casa sua. Riceve intanto un aiuto magico, l’aletiometro (l’aiuto soprannaturale), che però non funziona, e, infine, trova qualcuno che la convince a partire.
L’incontro con il primo mentore
Questo qualcuno, la signora Coulter, è un personaggio affascinante, trainante, che con la sua personalità induce Lyra a uscire dal suo mondo ordinario (la Oxford del suo mondo) e a entrare nel primo tra i mondi straordinari che incontrerà. La signora Coulter sblocca la nostra eroina e la induce a entrare nel mondo esterno: perché la convince con bei vestiti, cene importanti, conoscenze influenti. Niente di eroico o avventuroso. La convince a forza di shopping. È Lyra stessa che chiede di poter andare via da Oxford con lei. Rimane stupita quando scopre che la signora Coulter vuole occuparsi di lei: nessuno l’ha mai fatto, prima.
La signora Coulter è il primo mentore che Lyra incontra, un mentore che vuole insegnare, preparare l’eroe. Forse anche un po’ troppo. La signora Coulter plasma Lyra a sua immagine e somiglianza (cosa che le riesce piuttosto bene, visto che Lyra è sua figlia). La bambina è così attaccata alla donna, dice il narratore, che sembra quasi il suo daimon. Sembra il binomio perfetto: madre e figlia si sono trovate e la madre porterà la figlia al posto che le spetta nel mondo. Per questo, le fornisce conoscenze che le serviranno per affrontare le prove che il mondo straordinario riserva a Lyra.
Ma solo le conoscenze che lei vuole che abbia.
Nelle parole di Campbell, il varco della prima soglia, con l’aiuto del mentore, corrisponde al passaggio nelle tenebre, nell’ignoto e nel pericolo, così come per il bambino il pericolo è là dove non giunge la protezione dei genitori. Ma cosa succede a Lyra, che non è mai stata protetta dai genitori e che viene accompagnata nelle tenebre e nell’ignoto proprio da sua madre, che rappresenta, per lei, il pericolo?
Lord Asriel, il padre, infatti, è il mentore mancato. La signora Coulter, la madre, si impone come mentore. Non accetta sfida, non tollera compromessi. La signora Coulter impone. Le due figure genitoriali non guidano Lyra. La ignorano o la obbligano. Non hanno neppure stima di lei, per la maggior parte del tempo. Lyra, allo stesso modo, teme i genitori. Ha paura di sua madre, della sua gentilezza, soprattutto; ha paura di suo padre (un uomo dal viso scuro e crudele, con occhi che sembravano mandar lampi e accendersi di un riso selvaggio. Era un viso da cui essere dominati, o con cui lottare). Arriva a odiarli entrambi, quando si accorge che la madre è a capo degli ingoiatori e quando suo padre uccide il suo amico Roger.
Lyra quindi fugge da sua madre. Non riesce nemmeno a tollerare che la signora Coulter sia sua madre.
Il secondo mentore
È in questa fase che incontra quella che potremmo considerare (ed è stata considerata) il suo secondo, positivo, mentore, la strega Serafina Pekkala. Potremmo discutere del fatto che la madre sia il mentore negativo, crudele e meschino, e che una strega sia l’elemento positivo e umanizzante del gruppo. A proposito di rovesciamento di archetipi, insomma.
Ma, in realtà, anche Serafina Pekkala è un mentore mancato. Perché Serafina sa che Lyra non può avere un mentore. Serafina non può parlarne con Lyra, perché Lyra non può saperlo, ma è destinata a realizzare un compito che può riuscire solo se ignorerà quello che deve fare. Lyra, novella Eva, deve essere libera di sbagliare. Gli adulti che la circondano possono solo sperare che non faccia errori, ma non possono guidarla. Lyra deve agire senza sapere quello che fa. Se le viene detto quello che deve fare, tutto fallirà, osserva Farder Coram. Può una bambina con questo destino avere un mentore?
Serafina Pekkala, quindi, sceglie consapevolmente di aiutare Lyra, ma di non guidarla. Anche la signora Coulter viene a sapere del destino della figlia. Sceglie di proteggerla, in un risveglio di amore materno, ma ancora sente il bisogno di imprimere la propria volontà. Non asseconda Lyra. La tiene nascosta, la tiene addormentata, le impedisce di agire. La signora Coulter ha bisogno di controllare sua figlia. È Will, il portatore della Lama Sottile, a metterla davanti a questo errore: perché non le spiega tutto? Perché non lascia decidere a lei? E la signora Coulter risponde con la sua principale arma, la manipolazione, in due atti: una verità. Lyra la odia, non si fida di lei, la disprezza: una verità che potrebbe essere una bugia: l’amore della madre per la figlia, un amore che sorprende la madre. Un colpo basso: il riferimento alla madre di Will, che distrae l’eroe al punto di portare la Lama Sottile a spezzarsi. Rimaniamo nel dubbio che la signora Coulter abbia mentito fino alla fine: il narratore, per quanto onnisciente, non ci aiuta. O la signora Coulter non si era resa conto della tempesta di sentimenti suscitata in Will dalle sue semplici parole, o era mostruosamente astuta. Il lettore lo sa: la signora è mostruosamente astuta. Ma vuole davvero bene alla figlia? Effettivamente, i genitori di Lyra fanno quello che fa un buon mentore per il suo eroe: lo proteggono fino a sacrificarsi per lui. La signora Coulter protegge Lyra tre volte. Dagli ingoiatori a Oxford e nel laboratorio nel nord, perché non può sopportare che la sua stessa figlia subisca l’intercisione. La terza volta rinuncia al suo legame con la Chiesa per salvarla. E perfino Lord Asriel rimane scosso all’idea di dover sacrificare proprio sua figlia. Ma la loro redenzione si ha solo nel momento in cui affrontano Metatron e lo sconfiggono per permettere a Lyra di sfuggire dal mondo dei morti (il luogo più oscuro e nascosto del viaggio di Campbell).
La fuga
Lyra ha bisogno di sfuggire ai suoi genitori per poter realizzare il suo destino. Curiosamente, realizza (per puro caso e senza un’intenzione precisa) quello che suo padre, Lord Asriel, intende fare, cioè eliminare la morte, per come era intesa in quel momento (la prova centrale). E solo quando Lord Asriel si accorge che sua figlia ha fatto, senza alcun aiuto, quello per cui lui aveva inutilmente smosso eserciti, la accetta come sua figlia.
È da sola che Lyra affronta le sue sfide più difficili: quando si sposta dal suo mondo a Cittagazze, i suoi genitori sono presenti, ma sono così assorbiti da se stessi da non accorgersi della sua presenza; eppure, sapevano che era lì: aveva combattuto contro Lord Asriel per Roger. Ma non si degnano di cercare la figlia. E così lei, da sola, affronta il passaggio. Entrambi i possibili mentori, rifiutati, non assistono al primo, vero, passaggio. E del secondo, nel mondo dei morti, vengono a sapere solo quando ormai si sta avviando a conclusione. Non possono accompagnare Lyra nel luogo più oscuro, possono solo proteggerne il ritorno, custodendone il daimon, che però non si fa prendere.
Pur avendo dei comportamenti da mentore, i genitori di Lyra, soprattutto la madre, sono dunque il contrario di quello che un buon mentore dovrebbe essere. Impositivi. Manipolatori. Il rovesciamento è completo. E sono proprio loro, proprio la necessità di essere diversi da loro, a portare Lyra all’atto di ribellione che porta alla salvezza di tutto. Non tanto il momento in cui, offrendo un frutto a Will, celebra il suo passaggio all’età adulta. E nemmeno il momento in cui, quasi per caso, Lyra libera i morti dell’Oltretomba, dando un colpo decisivo al potere angelico.
La consapevolezza finale
Ma il momento in cui, alla fine del primo libro, quando ancora non sappiamo quale sarà l’atto di ribellione che segnerà la sua vita e la vita del cosmo, Lyra prende una decisione. Non potrebbe essere più chiaro. Tutti gli adulti hanno detto a Lyra che la Polvere è una cosa orrenda. Ma tutti gli adulti, specialmente i suoi adulti di riferimento, la madre e il padre, hanno fatto cose orribili e crudeli. Se persone cattive pensano che la Polvere sia una cosa cattiva, allora, forse, deve essere buona. È questo cambiamento di prospettiva, questa indipendenza che Lyra matura nell’essere da sola a compiere le sue scelte (perché i suoi mentori fanno acqua da tutte le parti), che le permette il rovesciamento di prospettiva morale che, alla fine, è la chiave di volta dell’intera storia.
[1] Joseph Campbell, L’eroe dai mille volti, prima ed. inglese 1949.
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