Esiste un termine tecnico per il malessere che pervade un essere umano, homo nerdiano, dopo aver passato alcuni giorni a una convention. Con crud: il Vostro Fedelissimo deve essersela presa a Stranimondi, perché la settimana successiva ero pervaso da una serie di malesseri e stanchezza tali che quasi temevo di perdermi la diciannovesima edizione del Trieste Science Plus Fiction, il festival del film di fantascienza e del fantastico organizzato dalla Cappella Underground, che si è tenuto dal 29 ottobre al 3 novembre 2019 nelle due sedi del Teatro Rossetti e del Teatro Miela.

Per fortuna tisane calde e i libri acquistati a Stranimondi mi hanno aiutato nella guarigione, così che il Martedì di apertura ero allegro e pimpante per l'apertura dei giochi.

ALIENO POSTUMANO

È stata un'apertura col botto. Fedele alla sua missione di recupero dei classici, quest'anno la Cappella Underground ha organizzato proiezioni dei film Alien, The Matrix, Star Trek: The Motion Picture e Starship Troopers. Il primo film proiettato in assoluto è stato proprio il capolavoro fanta-horror di Ridley Scott, di cui ricorre il quarantennale. Il Vostro Fedelissimo è nato un certo numero di anni dopo l'uscita di Alien, e penso di averlo visto la prima volta su qualche VHS piratato a casa di mio cugino. Potevo perdermi l'occasione? No. Vedere al cinema per la prima volta un film che avevo tanto amato sul piccolo schermo è stata un'esperienza particolare. Non importa se si conosce il film a memoria. Visto in una sala buia con altri appassionati che trattengono il fiato è come innamorarsi di nuovo per la prima volta.

E si colgono tanti di quei dettagli! Gli interni della Nostromo, con il loro fascino Cassette Futurism, l'astronave aliena tecno-organica, diventano degli spazi nei quali si entra, in un modo che la tv, o lo schermo di un pc, non potranno mai eguagliare.

Rivedendolo si coglie come il vero Alieno, nel film, sia l'essere umano. Circondato da macchine: l'astronave, il relitto alieno, la Compagnia per la quale lavora. L'intruso che altro non è che una macchina per uccidere.

Reading di poesia quantistica connettivista tenuto da Ksenja Laginja, Sandro Battisti e Alex Tonelli
Reading di poesia quantistica connettivista tenuto da Ksenja Laginja, Sandro Battisti e Alex Tonelli

È interessante come quest'anno si sia iniziato il festival con una presenza così Aliena. Non a caso martedì stesso, mentre veniva proiettato il film Little Joe (regia Jessica Hausner), ho assistito al reading di poesia quantistica connettivista tenuto da Sandro Battisti e Ksenja Laginja al Knulp. A essere onesto ho controllato il programma della manifestazione e non c'era cenno dell'evento, quindi forse dopotutto non rientrava nel festival; ma cosa volete: non si può pensare di organizzare un Festival della Fantascienza e non veder sorgere tanti eventi collaterali.

Dopo l'introduzione da parte di Alex Tonelli, il Battisti ha letto un brano tratto dalla sua raccolta di racconti Sensorium. Accompagnava la lettura l'esposizione di quadri dell'artista Ksenja Laginjia, ispirati ai racconti.

L'incontro è idealmente continuato il mattino successivo con la presentazione, da parte di Ksenja Laginja, Alex Tonelli, Roberto Furlani e Sandro Battisti, di un'altra antologia connettivista, La Prima Frontiera.

“Il primo limite che s’incontra trascendendo, la prima barriera dell’inumano. In quelle regioni indefinite, dove anche la coscienza diviene un concetto astratto e sfuggente, come si trasforma la percezione del weird? Nel momento in cui qualcosa ci farà sussultare nella settima dimensione, o quando un essere alieno proverà una paura che non potrà esplicare, cosa sarà strano? La prima frontiera sarà lì, mostrandosi per come è.”

Abbiamo pure ascoltato in anteprima un brano audio del racconto Il corpo di Luigi Musolino, registrata da Casanova&Loreti audiobooks, e disponibile dall'1 novembre in ascolto gratuito su youtube.

Star Trek: The Motion Picture
Star Trek: The Motion Picture

E della nascita di una creatura postumana parla anche l’altro classico che sono andato a vedere, ovvero il primo film di Star Trek, noto come Star Trek: The Motion Picture. Un altro quarantennale, essendo il film uscito lo stesso anno di Alien. E anche se probabilmente non ha avuto lo stesso impatto del film di Scott, il primo Star Trek resta comunque nel cuore degli appassionati. Un nuova Enterprise, nuovi design (anche se la moquette sulle pareti dei corridoi pare eccessiva, al giorno d’oggi), nuovi klingon, una storia lenta e cervellotica pensata così apposta per differenziarsi dallo Star Wars che andava di moda in quegli anni.

In questo film V’Ger, ovvero la sonda terrestre Voyager 6 modificata e ampliata da misteriosi esseri alieni, si fonde con il comandante Decker dando vita a un nuovo essere che unisce la logica delle macchine con i sentimenti umani. Qualcosa che va oltre l’uomo mantenendo però alcune caratteristiche umane di base.

Alexandre O. Philippe regista di Memory: The Origins of Alien
Alexandre O. Philippe regista di Memory: The Origins of Alien

Ritornando ad Alien, di grande interesse è stato il documentario Memory: The Origins of Alien, realizzato da Alexandre O. Philippe, presente alla manifestazione. Il suo documentario è molto più di un making of o di un tributo al film. È un viaggio alle radici di questo mito moderno, che ha come ispirazioni l’immaginario di Dan O’Bannon e H.R. Giger, l’arte di Francis Bacon, fumetti underground e le mitologie egizie e greche. È un film, come ha sottolineato Philippe, che non avrebbe dovuto avere successo. All’epoca andavano di moda gli alieni paciocconi, da Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo del 1977 a E.T. del 1982, e un film come La Cosa girato nello stesso anno di E.T. è stato quasi un fiasco. E invece Alien è entrato nell’immaginario collettivo. Non era il film che la gente voleva ma quello di cui aveva bisogno, richiamando i più antichi archetipi.

Sono convinto ci ha detto l’autore del documentario, che in un film come Alien, ciò che lo rende così speciale e spettacolare, sia il fatto che queste persone, i suoi creatori (Dan O’Bannon, H.R. Giger, Ridley Scott, NDR), non fossero pienamente consapevoli di quelle che stavano, in effetti, creando. E ugualmente sono convinto che quella sia la ragione per cui gli spettatori hanno reagito in maniera così forte e viscerale a quelle particolari immagini.

Direi che come ripasso dei classici abbiamo dato abbastanza (oppure no?). Uno dei motivi principali per i quali si segue questo festival è per vedere le novità, e cosa c’è di meglio di una rassegna di cortometraggi per vedere cosa passa per la testa dei registi più giovani o meno noti?

L’European Fantastic Short ha presentato in due giornate un totale di venti corti, ai quali vanno aggiunti quelli della rassegna Focus on ZUBROFFKA, dedicata alla produzione della Polonia, e Spazio Corto, a quella italiana.

Quest’anno c’è stato un bel poker di corti. Si è spaziato dal rapporto tra uomo e macchina (Robot Will Protect You di Nicola Piovesan, This Time Away di Magali Barbé, Avarya di Gökalp Gönen) alle angosce famigliari (l’horror The Burden di Nico van den Brink) al weird The Third Hand (di Yoni Weisberg).

The Third Hand, di Toni Weisberg
The Third Hand, di Toni Weisberg

Il primo lungometraggio nuovo che il Vostro Fedelissimo ha visto alla rassegna è stato (nella giornata di Giovedì) Code8, di Jeff Chan, con Stephen “Green Arrow” Amell, Robbie Amell (suo fratello), Sung Kang e Kari Matchet. Il film è nato come cortometraggio ed è stato finanziato da una campagna kickstarter molto fortunata. È un film interessante perché parla di persone con superpoteri (ma decisamente non supereroi) che devono affrontare la vita quotidiana in una città, Lincoln City, che prima li ha accolti a braccia aperte per sfruttarli sul luogo di lavoro, e che li ha poi emarginati con l’arrivo della robotica.

Code8, di Jeff Chan
Code8, di Jeff Chan

Conner Reed è un Elettrico di Livello 4 disoccupato che si unisce a una banda di criminali per pagare le cure alla madre malata. Mi è piaciuto il taglio realistico dato al film, lontano dai modelli pompati Marvel o DC. Sembrava quasi di vedere un episodio di The Wired o The Shield. Quello che conta non è tanto il superpotere, ma la spinta interna (ed esterna) che spinge il protagonista a farne un uso piuttosto che un altro.

La giornata di Giovedì si è conclusa, almeno per il Vostro Fedelissimo, con il secondo film della serie Iron Sky, The Coming Race. Il pianeta Terra è stato devastato dalla guerra nucleare scoppiata alla fine del primo film e i pochi superstiti si sono rifugiati sulla Base Lunare Nazi. Poi le cose si complicano: gli alieni Vril che vivono al centro della Terra possiedono un’energia capace di salvare quel che resta dell’umanità. Una squadra sgangherata composta dalla meccanica della base, una guardia tutti muscoli e simpatia, un russo in fuga e alcuni adoratori di Steve Jobs partono per la missione disperata. Rettiliani, Terra Cava, Nazisti, Adolf Hitler che cavalca un T-Rex, gara di bighe trainate da triceratopi… il film è stato concepito dal regista Timo Vuorensola durante una sauna (nella più tradizionale usanza finnica), presente in sala per un Q&A alla fine della proiezione.

Iron Sky, di Timo Vuorensola
Iron Sky, di Timo Vuorensola

Grande interesse c’è stato per il successivo Iron Sky, che si dovrebbe chiamare The End Game, e che ricollegherà al finale di Coming Race. Che non vi spoilero, ma vi punzecchio dicendo solo: Marte è veramente il Pianeta Rosso.

Il Pianeta Rosso del futuro Iron Sky
Il Pianeta Rosso del futuro Iron Sky

Film spassosissimo, che non si prende sul serio, che non ha paura di prendere in giro gli ismi passati (nazismo) e moderni (stevejobismo).

La giornata successiva, venerdì, è stata dominata da due film.

Last Sunrise di Wen Ren è un film di fantascienza cinese. Il futuro immaginato è dominato dall'energia solare, un’utopia solarpunk vera e propria. Va tutto a gonfie vele fino a quando il Sole non si spegne. La civiltà precipita nel caos, nell'oscurità e nel gelo. I due protagonisti, vicini di casa, devono fuggire verso il Distretto Quattro, dove, forse, c'è ancora una speranza di sopravvivenza.

Last Sunrise di Wen Ren
Last Sunrise di Wen Ren

È un film che ti cattura, si prendono subito a cuore i destini dei due personaggi (interpretati da Jue Zhang e Ran Zhang), con tutto il loro bagaglio di difetti e problemi. È un'ottima alternativa ad altri titoli cinesi più fracassoni, e forse più vuoti, quali The Wandering Earth.

L'altro film è la produzione polacca I Am REN di Piotr Ryczko. Renata è REN, un ginoide costruito per soddisfare le esigenze famigliare del marito e del figlio. REN ha una malfunzionamento, e deve frequentare un robopsicologo. Ma le cose stanno proprio così? O è forse Renata che si convince di essere un robot malato? È un film dove la robotica è una scusa per parlare di malattia mentale e isolamento sociale. E riesce a farlo molto bene.

Marta Krol in I am REN di Piotr Ryczko
Marta Krol in I am REN di Piotr Ryczko

RETRO

Dei due classici del ’79 ho già scritto. Ma è interessante vedere come film moderni ritornano su un’estetica passata; dopotutto la riscoperta degli anni ’80 (veri o fasulli che siano) è sotto gli occhi di tutti.

Blood Machines di Seth Ickerman, con Elisa Lasowski, Anders Heinrichsen, Christian Erickson ripropone atmosfere anni ’80. Due bounty killer spaziali sono sulle tracce di una IA quando assistono a un fenomeno mistico: il fantasma di una giovane si libra dalla macchina, come se l’astronave avesse un’anima. Il fantasma sfida i due a una caccia intergalattica… Musicato dall’artista synthwave Carpenter Brut, è il sequel del video clip di grande successo Turbo Killer, che ha avuto più di 7 milioni di visualizzazioni su YouTube.

Daniel Tadesse Gagano (a destra) in Jesus Shows You the Way to the Highway di Miguel Llansó
Daniel Tadesse Gagano (a destra) in Jesus Shows You the Way to the Highway di Miguel Llansó

Molto più ispirato agli anni 60 e 70 dal punto di vista dell’estetica, e alla grafica dei vecchi Spectrum, è stato Jesus Shows You the Way to the Highway di Miguel Llansó, con protagonista l’attore etiope Daniel Tadesse Gagano.

Gli agenti speciali Palmer e Gagano hanno il compito di distruggere un pericoloso virus informatico chiamato “Unione Sovietica”. Entrati nel sistema attraverso la realtà virtuale, scopriranno di essere finiti in una trappola: il virus è molto più complesso di quanto immaginassero.

È stata una bella sorpresa ritrovare Llansó e Gagano, già visti a Trieste nel lontano 2015 con il commovente e delicato Crumbs. Llansó è un regista scatenato e fantasioso, che butta fuori idee a raffica magari pensandoci poco su come metterle tutte assieme in maniera coerente. Gagano è invece un attore dalla grande umanità, qui come in Crumbs assiste perplesso agli eventi.

Metto con un po’ cattiveria Terminator: Dark Fate in questa sezione retro. Il film è stato presentato in anteprima. È l’ennesima “linea del tempo” del franchise, senza infamia e senza lode, dove la punta di diamante resta comunque il Governator.

HORROR

In occasione di Halloween non potevano mancare una serie di film horror capaci di solleticare anche il palato più fine. Ora, il Vostro Fedelissimo preferisce di gran lunga fantascienza e fantasy, quindi l’horror non è stato al centro dei suoi interessi durante il festival. Ma segno qui comunque le proposte che c’erano, così il vero appassionato potrà prendere spunto per sue future visioni.

In the Trap di Alessio Liguori

Philip, un solitario correttore di bozze, è intrappolato nel suo appartamento, terrorizzato dall’idea di uscire di casa e torturato da una presenza malvagia che l’ha tenuto prigioniero negli ultimi due anni. Un horror teso e claustrofobico, in anteprima mondiale. Se il male è fuori dalla porta… non fatelo entrare!

Bliss di Joe Begos

Una brillante pittrice in preda a un terribile blocco creativo, nel disperato tentativo di completare il suo capolavoro, viene risucchiata in un inferno allucinatorio fatto di droghe, sesso e morte nel ventre sordido di una squallida Los Angeles. Il nuovo lavoro dello “spacciatore di horror estremo” Joe Begos è un  incubo psichedelico visivamente impressionante.

Rabid di Jen e Sylvia Soska

Un’aspirante designer di moda si sottopone a un rivoluzionario trattamento dopo essere rimasta sfigurata in un incidente automobilistico. Sebbene la procedura la trasformi in una donna bellissima, gli effetti collaterali le causano un’incontrollabile sete di angue. Il remake del classico  di David Cronenberg ad opera delle “Gemelle Terribili” del cinema horror.

The Curse of Valburga di Tomaž Gorkic

Due fratelli organizzano una truffa ai danni dei ricchi turisti: una visita guidata al palazzo di Valburga, con tanto di leggenda inventata per attirare i creduloni. Satanisti svedesi – inclusa la star del black metal Niklas Kvarforth – dark francesi, un produttore russo di porno con le sue attrici e due ubriaconi tedeschi scopriranno che non è solo un gioco. Buon divertimento!

E per i nostalgici e gli storici, è stato anche proiettato il documentario  Boia, maschere e segreti: l’horror italiano degli anni Sessanta di Steve Della Casa. Con il contributo di alcuni grandi maestri (Dario Argento, Pupi Avati) e di importanti critici francesi (Jean-François Rauger, Bertrand Tavernier), il documentario di Steve Della Casa ci racconta una stagione orse irripetibile nella storia del cinema italiano. Per tutti gli appassionati dell’horror nostrano.

ZOMBIE

Zombieland Double Tap di Ruben Fleischer
Zombieland Double Tap di Ruben Fleischer

Difficile andare a una rassegna del genere senza trovare film di zombie. Il top è probabilmente stato Zombieland Double Tap di Ruben Fleischer, seguito del primo Zombieland uscito ben dieci anni fa (come passa il tempo…). Fleischer ha riunito il cast originale – invecchiato molto bene – per altri ammazzamenti fantasiosi di non-morti. Il premio della settimana va all’italiano che fa cadere la Torre di Pisa su un gruppo di zombie. E non è nemmeno la parte più delirante del film.

Zombieland – Doppio colpo

Zombieland – Doppio colpo

Articolo di Elisabetta Di Minico Martedì, 5 novembre 2019

Dopo dieci anni dal primo attacco zombie, Tallahassee, Columbus, Wichita e Little Rock ritornano per combattere ancora i “mangiacervello”, con pistole, asce, armi improvvisate e tanta irrefrenabile ironia.   

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Di morti che ritornano, ma in maniera molto diversa, tratta anche Ghost Town Anthology di Denis Côté, che a dispetto del titolo non è un film a episodi ma un’unica storia, dove i morti appaiono in uno sperduto villaggio del Quebec, non facendo altro che fissare gli abitanti. Realismo sociale e soprannaturale per una pellicola lenta, che sicuramente avrà fatto addormentare qualche spettatore, ma anche molto densa. Il regista ha dichiarato di essersi ispirato a casi di xenofobia nei confronti dei migranti avvenuti in Canada. Ed è interessante questo trattare il tema dell’immigrazione attraverso i film di zombie. Per esempio quest’anno c’era un corto, Stop invasione! opera dell’italiano Leopoldo Medugno, che parla di un’invasione zombie nel corso di una campagna elettorale dominata da un partito xenofobo, dove il candidato attribuisce gli attacchi dei non-morti agli immigrati clandestini.

Non lo so, forse prima di immaginare noi stessi come post-umani dovremmo imparare a vedere l'altro – alieno o robot che sia – come essere umano.

FANTASMI

Extra Ordinary è una produzione irlandese/belga a opera di Mike Ahern e Enda Loughman. Parla delle due paure fondamentali dell'essere umano: i fantasmi e l'esame di scuola guida. Rose, istruttrice di scuola guida in un paesino sperduto dell'Irlanda, non vuole saperne di usare i suoi poteri di medium per scacciare i fantasmi. Ma dovrà scendere in campo per salvare la figlia di Martin, uomo perseguitato in casa dal fantasma della moglie morta. Una rockstar in declino ha infatti deciso di sacrificargli la figlia per stringere un patto col demonio in cambio di fama e successo.

Extra Ordinary di Mike Ahern e Enda Loughman
Extra Ordinary di Mike Ahern e Enda Loughman

È stato il film più spassoso visto alla manifestazione. Maeve Higgins, l'attrice protagonista, è una nota comica irlandese e con la sua spontaneità e simpatia ha conquistato subito il pubblico in sala.

Il regista Enda Loughman era presente alla rassegna. Abbiamo deliberatamente capovolto l’idea tipica dell’horror che le infestazioni siano causate da enormi e potentissimi demoni che fanno a pezzi la gente e si vendicano orrendamente sugli essere umani. Volevamo proprio l’opposto. Le infestazioni non si vedono perché i fantasmi sono degli stronzetti: come gli esseri umani, bloccati in una situazione che non amano, con poca energia e senza via di fuga.

SPAZIO, ULTIMA FRONTIERA

Potevano in un festival dedicato alla fantascienza mancare le astronavi? Abbiamo avuto la Nostromo, l’Enterprise, ma l’astronave che resterà indimenticabile è senza dubbio la Aniara dell’omonimo film diretto da Pella Kågerman e Hugo Lilja. Il film è tratto dall’omonima opera poetica di Harry Martinson. L’astronave Aniara è una nave da crociera spaziale in fuga dalla Terra devastata e diretta verso le colonie su Marte. Esce dalla rotta stabilita per evitare l’impatto con un asteroide. Persa la scorta di combustibile, l’astronave, i suoi passeggeri e l’equipaggio iniziano un viaggio eterno nel buio dello spazio. La protagonista, Mimaroben, assiste il computer di bordo Mima capace di ricreare immagini del passato delle persone. Mima si fa carico degli incubi dei passeggeri separati dal consesso umano fino a decidere di suicidarsi. Dopo la morte di Mima i passeggeri tentano di dare un senso alla loro esistenza praticando culti orgiastici e dittature violente, mentre Mimaroben si innamora di una pilota. Gli anni passano, vediamo i personaggi e l’astronave a distanza di cinque… sei… dieci… ventiquattro… 5 milioni di anni dopo.

Aniara di Pella Kågerman e Hugo Lilja
Aniara di Pella Kågerman e Hugo Lilja

È un film di una tristezza assoluta. Non c’è orrore cosmico, o senso dell’avventura (per quanto l’astronave incontri qualche fenomeno sconosciuto), neanche mai vera disperazione. Solo tristezza per la condizione umana. Bellissimo e profondo film di fantascienza come solo gli svedesi possono fare. Ma non guardatelo se soffrite di depressione.

Piccola curiosità, per riportare un po’ umorismo. Il film è stato girato in un centro commerciale e in una scuola media svedese. Da una lato è una prova della bravura dei registi a reinventare luoghi normali in chiave scifi. Dall’altro è un indizio che gli svedesi sono capaci di progettare con lo stesso design Ikea sia un’astronave che un centro commerciale.

LUNA

Per restare in ambito spaziale, ma più vicino a noi, non sono mancate allo S+F le celebrazioni per il 50o anniversario dello sbarco sulla Luna. Ha toccato!, l’evento al Teatro Miela con protagonista il giornalista Tito Stagno, la voce che, il 20 luglio del 1969, dopo quasi trenta ore di diretta televisiva, fece atterrare tutta l’Italia, incollata agli schermi delle tv in bianco e nero, sulla Luna.

Tito Stagno
Tito Stagno

Il leggendario giornalista RAI ha ricordato, insieme al giornalista Emilio Cozzi, quella incredibile “telecronaca al buio” in una magica notte di 50 anni fa. È stato un incontro commovente. L'aneddoto preferito è stato il famoso “litigio” con Ruggero Orlando. Quando le antenne del modulo lunare toccarono la superficie Tito Stagno esclamò il suo celebre Ha toccato!, e fu subito corretto da Orlando No, non ha toccato. Questo perché per l’altro giornalista “toccare” voleva dire “allunare”, cosa che effettivamente il modulo fece solo 40 secondi più tardi. I 40 secondi più lunghi della vita di Tito Stagno.

PREMIAZIONI

L’ultimo giorno c’è stata la premiazione dei film vincitori.

Premio Asteroide TS+FF 19

Aniara di Pella Kågerman, Hugo Lilja (Svezia, 2018)

Motivazione

Aniara è un vero film science+fiction con un forte messaggio ambientalista ed esistenzialista. La Giuria ha particolarmente apprezzato il personaggio di Mima (vedere il film per credere!).

Premio Méliès d’argent – Lungometraggi TS+FF 19

Extra Ordinary di Mike Ahern, Enda Loughman (Irlanda, Belgio, 2019)

Motivazione

Una deliziosa ghost story che deve molto all’ottimo cast, alla sceneggiatura e alla regia. Una storia universale che rimane ancorata alla cultura e al folklore europeo e irlandese. Alla fine, una storia classica rivista con un ritmo e stile attuali.

Menzione speciale

Menzione speciale a Marta Król, attrice protagonista di I am REN, per l’incredibile talento mostrato nel riuscire a creare empatia con il pubblico sin dall’inizio del film e consegnarci con una forza straordinaria il messaggio dell’opera.

Premio Méliès d’argent – Cortometraggi TS+FF 19

This Time Away di Magali Barbé (UK, 2019)

This Time Away di Magali Barbé
This Time Away di Magali Barbé

Nota del Vostro Fedelissimo. I corti per i Méliès d’argent venivano votati dal pubblico. This Time Away è la storia dell’amicizia tra un burbero vecchio che ha tagliato i contatti con il mondo (e le sue passioni) e un robot domestico trovato in strada. Una storia semplice e commovente che deve aver mosso i cuori degli spettatori.

Premio Rai4 TS+FF 19

After Midnight di Jeremy Gardner, Christian Stella (Usa, 2019)

Motivazione

Per aver realizzato con elegante ironia, un’intelligente metafora della crisi sentimentale di una giovane coppia, nella quale il raffinato intreccio narrativo conduce il protagonista maschile nel labirinto di un’angosciosa solitudine e l’esperienza della paura diventa mostruosa e spiazzante.

After Midnight di Jeremy Gardner
After Midnight di Jeremy Gardner

Nota del Vostro Fedelissimo. Questo film, purtroppo, me lo sono perso. La storia parla di Hank, che è proprietario di un bar in un piccolo paese e vive una storia d’amore idilliaca con Abby. Ma lei vuole di più: un matrimonio, per essere precisi, cui Hank invece non sembra essere ancora interessato. Per questo, lei lo lascia senza nemmeno un biglietto e senza farsi più sentire. Hank è devastato. Peggio ancora, la scomparsa di Abby sembra aver innescato l’arrivo di un mostro invisibile che raspa alla porta di Hank coi suoi artigli durante la notte. Mentre la minaccia notturna diventa sempre più pressante, Hank deve capire non solo come salvare la sua relazione, ma anche se stesso.

Premio Nocturno Nuove Visioni TS+FF 19

Extra Ordinary di Mike Ahern, Enda Loughman (Irlanda, Belgio, 2019)

Motivazione

Per una ventata di aria fresca in un genere spesso vittima di ripetizioni e cliché. Per un equilibrio quasi miracoloso tra momenti di grande tensione soprannaturale e risate a crepapelle, il nostro premio non può che parlare irlandese quest’anno!

Stars’ War – Premio della Critica Web TS+FF 19

Extra Ordinary di Mike Ahern, Enda Loughman (Irlanda, Belgio, 2019)

Premio CineLab Spazio Corto TS+FF 19

N di Iacopo Di Girolamo (Italia, UK, 2019)

Motivazione

Riesce ad applicare la filosofia di Stanislaw Lem a una forma espressionista, non entrando in contraddizione con essa, né ottenendo un risultato parodico, ma rimediandone temi e stile, per creare un’opera originale. Notevole la costruzione della colonna sonora in funzione del montaggio.

Premio del pubblico TS+FF 19

Extra Ordinary di Mike Ahern, Enda Loughman (Irlanda, Belgio, 2019)

Premio Asteroide alla Carriera TS+FF2019

Phil Tippett, due volte premio Oscar, maestro degli effetti speciali per “Jurassic Park” e “Il ritorno dello Jedi”.

CONCLUSIONI

Visto quello che si può considerare il meglio della produzione indipendente fantastica, si può provare a tracciare un profilo generale dei temi dominanti presentati al festival.

L’Umano è sempre al centro dell’attenzione dei registi. Sia in contesti famigliari conditi con un po’ di soprannaturale (Extra Ordinary) sia in contesti che fanno riflettere sul destino ultimo dell’Uomo (come specie e come singolo individuo – Aniara). Il confronto con le Macchine e con il PostUmano aiutano e ridefinire i confini di quello che consideriamo come umano (I am REN, This Time Away).

Ovviamente non si può più trattare dell’Uomo senza prendere in considerazione il contesto nel quale l’Uomo vive. I problemi ambientali del nostro pianeta sono sotto gli occhi di tutti, e siamo consapevoli che se (o forse quando?) la situazione precipiterà, allora sì che dovremo affrontare definitivamente il problema. Non cosa significa essere umani, ma come restare tali (Last Sunrise, Iron Sky, Aniara, Zombieland Double Tap).

Tocca ora al Vostro Fedelissimo dare le sue preferenze, escludendo i titoli che sono già stati premiati, se non altro perché il mio premio personale andrebbe a Extra Ordinary, che ne ha già vinti un bel po’.

Per il film scelgo Iron Sky The Coming Race, perché ha le migliori scene di Hitler che cavalca un T-Rex (e finisce spiaccicato) e di gara tra bighe trainate da triceratopi che siano mai state girate nell’intera. storia del cinema. E perché nonostante la fine del mondo ci vuole un po’ di ottimismo.

Moon Drops di Toram Ever-Hadani
Moon Drops di Toram Ever-Hadani

Per quanto riguarda i cortometraggi, scelgo Moon Drops di Toram Ever-Hadani, una coproduzione israelo-serba dove un operaio stanco del suo lavoro privo di prospettive, assembla una macchina che estrae gocce dalla luce lunare. Le gocce imbottigliate sono difficili da piazzare al mercato cittadino, ma tutto cambia quando si scoprono che stimolano la crescita dei capelli. È una fiaba particolare dove all’ambientazione industriale e “di periferia” triste si contrappone un protagonista che non si arrende e persegue i suoi segni. E il suo amore.

Arrivederci al prossimo anno!