Dune Drifter
A chi piace la fantascienza vecchio stile, ruvida, con un sopravvissuto solo su un pianeta o stile e alieni davvero cattivi, non può perdere Dune Drifter di Marc Price. Nella presentazione del film il regista dice di essere una amante di Guerre Stellari e Star Trek ma anche di Roger Corman, di cui si vede maggiormente l’ispirazione rispetto ai due famosi cicli Sci-Fi. Niente pupazzi divertenti, o dilemmi morali in Dune Drifter ma una tecnologia analogica più che digitale che sembra uscita direttamente da un film degli anni ’80 e, soprattutto una guerra di cui non si conosce nulla, se non attraverso gli occhi di uno sparuto gruppo di caccia stellari che si ritrovano nel bel mezzo di una battaglia. Dopo un quarto d’ora di chiacchere tra commilitoni, Price non esita in pochi attimi a farli fuori tutti, facendo precipitare su un pianeta dall’atmosfera tossica Adler e Yaren, quest’ultima gravemente ferita che dopo poco morirà. Con il mezzo parzialmente integro e sola, Adler decide di affrontare il nemico, anch’esso precipitato sul pianeta, e prendere il pezzo che le serve per riparare la sua nave.
A differenza de Il mio nemico dove gli appartenenti a due specie molto diverse riescono a convivere e diventare amici da naufraghi, Dune Drifter racconta un’altra storia chiaramente più ispirata a La Cosa di Carpenter. Non c’è possibilità di dialogo con un nemico che in realtà non è neppure del tutto alieno, poiché s’intuisce essere il frutto di mutamenti genetici umani. La sopravvivenza di Adler è una lotta che incolla lo spettatore all’eroina mentre Price sembra divertirsi un mondo ad inventarsi qualunque sistema per metterle i bastoni tra le ruote.
The Blackout
Decisamente meno riuscito The Blackout del regista russo Egor Baranov, nonostante l’ampia distribuzione in vari paesi del mondo. Una misteriosa catastrofe planetaria ha risparmiato solo una piccola parte della Terra nell’Europa dell’Est. Oltre a questa zona chiamata cerchio della vita gli esseri umani sono morti o sembrano vittima di una qualche manipolazione mentale. Il governo sopravvissuto cerca di riorganizzarsi e manda alcune pattuglie oltre il confine per scoprire che cosa è successo.
Il problema maggiore dei 127 minuti di The Blackout è la prevedibilità che porta come conseguenza alla noia. Buono l’impegno produttivo ad alto budget ma dialoghi banali, twist narrativi prevedibili e un finale zuccheroso rendono difficile salvare qualcosa.
I Vincitori del Trieste Science+Fiction Festival
Vincitore Premio Asteroide TS+FF2020 “Sputnik” di Egor Abramenko (Russia)
Motivazione: Ad una notevole opera prima che con intelligenza e scene autenticamente spaventose osserva con perizia la burocrazia egocentrica e oppressiva dell'Unione Sovietica negli anni '80, nel fallimento di riconoscere i pericoli dell'arrivo di una creatura aliena.
Menzione Speciale Premio Asteroide TS+FF2020 “Come true” di Anthony Scott Burns (Canada)
Motivazione: Per le attente e precise scelte espressive, volte a rappresentare la perdita di controllo della protagonista, sospesa tra sogno e realtà, che in alcune scene si traducono in momenti di grande impatto emotivo.
Vincitore Premio Méliès d’argent – Lungometraggi TS+FF2020 “The Trouble with Being Born” di Sandra Wollner (Austria, Germania)
Menzione speciale Premio Méliès d’argent – Lungometraggi TS+FF2020 e Vincitore Premio RAI4 TS+FF2020 “Post Mortem” di Péter Bergendy (Ungheria)
Vincitore Premio Méliès d’argent – Cortometraggi TS+FF2020 "The Recycling Man" di Carlo Ballauri (Italia)
Menzione Speciale Premio RAI4 TS+FF2020 “Mortal” di André Øvredal (Norvegia, USA, UK)
Vincitore Premio Nocturno Nuove Visioni TS+FF2020 “Meander” di Mathieu Turi (Francia)
Vincitore Premio CineLab Spazio Corto TS+FF2020 "Guinea Pig" di Giulia Grandinetti e Andrea Benjamin Manenti
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