In occasione dell’ottantesimo anniversario della genesi di Wonder Woman, il Palazzo Morando di Milano ha deciso di ospitare una mostra dedicata alla supereroina DC prestando le proprie sale museali a un’arte – quella fumettistica – che è ormai riconosciuta come vero e proprio fenomeno di costume. Stiamo parlando di Wonder Woman. Il mito, ovvero quella che gli organizzatori giurano essere la prima esposizione al mondo interamente focalizzata sulla celebre amazzone.
Non sappiamo con che canoni lo staff abbia tarato una simile affermazione iperbolica, tuttavia siamo stati invitati al “vernissage” e possiamo testimoniare che effettivamente le sale dell’edificio sono piene zeppe di materiali e tavole, un elemento tutt’altro che scontato per una tematica tanto monotematica e puntuale. La riuscita dell’impresa è in buona parte debitrice alla grandissima passione della curatrice, Alessia Marchi, la quale ha selezionato pezzi che sono in grado di esplorare completamente le sfaccettature di Wonder Woman, proponendo un lavoro d'archivio degno di alti crismi storiografici.
Non solo si può visionare la copertina del debutto dell’eroina, non solo vengono esibiti i bozzetti preparatori, ma è addirittura presente una minuscola parentesi nella quale viene approfondita la biografia che ha inventato l'amazzone, William Moulton Marston, nonché delle influenze femminili che in quei tempi partecipavano alla scena del movimento per l’emancipazione femminile, ovvero le suffragette. Wonder Woman viene quindi analizzata a fondo, così da evidenziare sotto forma riflessa la storia stessa della società che l’ha inchiostrata.
Ad accompagnare gli elementi cartacei si fanno notare i costumi e gli accessori che Warner Bros. ha messo a disposizione dello spazio. Si tratta di uniformi, armature e oggetti presi direttamente dai due cinecomics interpretati da Gal Gadot, materiale dalla notevole presenza scenica che impreziosisce l’esperienza. I fan di Lynda Carter e della serie anni ‘Settanta hanno invece meno fortuna: a esclusione di qualche clip proiettata a parete, c’è ben poco con cui potranno sollazzarsi.
In occasione del lancio della mostra è intervenuto l’assessore alla cultura Tommaso Sacchi, diplomatico che, complice una pluriennale esperienza amministrativa, ha velocemente colto le logiche strategiche della situazione che ha ereditato dal suo predecessore. Certo, ha parlato di Wonder Woman. Il mito, ma ha anche decantato i trionfi ottenuti con il recente Cartoomics, ha ricordato che alla Fabbrica del Vapore sia in corso Manga Heroes e ha accennato al fatto che la città stia per fare da scenografia a Bookcity. Milano, insomma, esce dalle quarantene organizzando una cornucopia di manifestazioni culturali ad ampio spettro, come se volesse recuperare in fretta e furia il terreno perso negli ultimi due anni.
L’alta concentrazione di eventi ha innegabilmente dei lati positivi, ma finisce anche con il frustrare di chi, per economia di tempo o di finanza, banalmente non può essere ovunque. In quest’ottica, vale la pena chiedersi se la mostra su Wonder Woman fornisca quel valore aggiunto che potrebbe farla primeggiare sulla concorrenza e la risposta è sventuratamente negativa, a meno che non si sia dei fan sfegatati del personaggio.
I contenuti sono interessanti e ben selezionati, tuttavia l’esperienza sembra perlopiù mirata a fare colpo su coloro che già conoscono e amano il personaggio, più che su di un pubblico che deve ancora scoprirne le mille derive. In altre parole, un soggetto che ha incontrato l’eroina solamente attraverso la performance di Gal Gadot potrebbe far fatica ad appassionarsi alle decine di volumetti pinzati o alle tavole da disegno, mentre i costumi non sono decisamente sufficienti a giustificare il prezzo d’ingresso. Se stiamo parlando dei fan, la scena cambia: non solo dovrebbero fare un salto a Palazzo Morando, ma dovrebbero prendere seriamente in considerazione l’acquisto del catalogo della mostra, il quale è per sua stessa natura un almanacco d’eccellenza per tutto ciò che riguarda Wonder Woman. Anzi, i fan dovrebbero innanzitutto acquistare il catalogo e solo allora prendere seriamente in considerazione di visitare la mostra.
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