Dopo aver dato fuoco alla propria casa Stan s’imbatte casualmente nel tendone di un circo dove, grazie al direttore Clem riesce ad ottenere un lavoro. Fa subito amicizia con Zeena la veggente e suo marito Pete, un tempo famoso mentalista ma ridotto l’ombra di se stesso a causa dell’alcool. Stan però sogna un futuro diverso e spera, proprio grazie a Stan, di imparare le sue tecniche di “lettura della mente” e la sciare il circo per arricchirsi nella grande città. Quando si sente pronto decide di partire insieme a Molly, la bella circense di cui si è invaghito ma, nonostante l’apparente successo le insidie che New York nasconde sono molteplici.
Sono trascorsi quattro anni da quando Guillermo del Toro con La forma dell'acqua non solo si è portato a casa il Leone d'oro ma anche parecchi Oscar e Golden Globe, tra cui quelli per il miglior film e il miglior regista. Dopo questa favola d’amore non poteva mettere le mani su un progetto dai temi più distanti, ovvero Nightmare Alley il romanzo di William Lindsay Gresham, già oggetto di una trasposizione cinematografica del 1947 di Edmund Goulding. Un classico del noir che del Toro arricchisce con più di una deriva horror.
Del Toro divide il suo film in due parti perfettamente speculari. La prima, ambientata nel mondo del circo e chiaramente ispirata a Freaks di Tod Browning del 1932, inizia quando Stan entra nella comunità circense. Un mondo fatto di pioggia, fango e feti in formaldeide, dove gli outsider sono relegati lontani dalla società civile, ma dove coesistono tortura e gentilezza, in cui la sopravvivenza è data da esibizioni assurde che mettono alla prova i limiti del corpo umano. Qui, però, il protagonista trova la sua chance di riscatto che lo porta nella seconda parte del film ai successi nella grande città, dove i freak sono sostituiti da uomini in giacca e cravatta che risultano però ancora più mostruosi. Ma è qui, all’apice del successo che Stan, pur cosciente di ciò che sta facendo non può che cadere, arrivando a un epilogo che, più che telefonato, appare di una ineluttabilità agghiacciante.
Del Toro gioca nei due atti con evidenti dicotomie: periferia/città, miseria/lusso, la buona Molly e la femme fatale Lilith, ma è anche come se tutti gli elementi della prima parte tornassero trasformati nella seconda. Il feto “Enoch” dall’enorme occhio diventa la benda di Stan durante le sue esibizioni, la pioggia si trasforma in neve, il forzuto Bruno nella guardia del corpo Anderson, la truffa mentalista in psichiatria. La fiera delle illusioni – Nightmare Alley è anche per questo un racconto morale, in cui ogni cosa è chiara e in cui lo spettatore sa immediatamente riconoscere i buoni dai cattivi, il bene dal male e tutto si mostra per quello che è. Ciò che si può fare è cercare di parare i colpi con cui la vita continua a battere e, com’è nell’ordina naturale delle cose, sopravvive solo chi ci riesce.
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