Will e Danny sono due fratelli molto diversi tra loro. Il primo adottato da piccolo, è un ex reduce di guerra con moglie e figli, e tutto ciò che chiede è di vivere una vita tranquilla. Ha bisogno di soldi però, perché la compagna soffre di cancro e la sua assicurazione da ex militare non copre le spese. Si rivolge allora a Danny, un delinquente di primo livello specializzato in rapine in banca. L’uomo ha per le mani un colpo veloce ma dai profitti altissimi, per questo coinvolge Will con la promessa che tutto andrà liscio e, entro sera, avrà risolto i suoi guai finanziari. Nonostante non voglia infrangere la legge il soldato ha bisogno di quei soldi e accetta, ma tutto inevitabilmente si complica. Per scappare dalla banca ormai accerchiata dalla polizia i due fratelli sono costretti a prendere il controllo di un’ambulanza al cui interno si trova il paramedico Cam Thompson, abile nel lavoro quanto disastrosa nella vita privata, che sta curando un poliziotto ferito dallo stesso Will. Inizia così una lotta contro il tempo per la salvezza, mentre sulle tracce dei due rapinatori si mette la polizia in una corsa rocambolesca tra le strade di Los Angeles.
Come sia arrivata nelle mani di Michael Bay la sceneggiatura di Ambulancen, sconosciuto film danese del 2005, non è importante ma di certo il regista deve aver capito che vi erano tutti gli elementi giusti per farne un’opera personalissima. Prima di tutto una trama capace di mischiare Inside Man, Speed, Crank e Starsky & Hutch senza però diventare una commedia ma giocando sempre sul piano dell’azione. A questo si unisca la scelta di un cast dalle facce “giuste” a partire dai protagonisti, Jake Gyllenhaal, Yahya Abdul-Mateen II e Eiza González, bellissimi e cool tra esplosioni e schizzi di sangue. Non potevano mancare poi i soliti cliché, con i malavitosi messicani ipernervosi che fanno un macello, i bianchi americani delle FBI tecnologici ma imbecilli, la famiglia disfunzionale dei protagonisti che gli ha resi ciò che sono, e così via.
Tutto questo accumulo di materiali nelle mani della maggior parte dei registi avrebbe prodotto l’ennesimo blockbuster noioso con poco da dire, ma non è il caso di Ambulance dove Bay lascia perdere la storia tout court per concentrarsi su qualcosa che gli interessa di più. Il suo piede, così come quelli di Will e Danny, è sempre calcato sull’acceleratore, lasciandosi andare a movimenti ipertrofici della macchina da presa che da soli valgono il prezzo del biglietto. Ma c’è qualcosa che dimostra di sapere Bay e che invece manca ad altri prodotti dello stesso target, come per esempio nel caso degli ultimi John Wick, cioè che se vai solo a tavolette alla fine il pubblico si annoia. Per questo imbastisce un teatrino in cui si fanno operazioni toraciche in ambulanza nel bel mezzo di un inseguimento, il capo della polizia scende in campo nella sua minuscola cinquecento insieme al suo cane taglia extra large, cane che poi finisce per sbaglio in una macchina della polizia che partecipa a una sparatoria, o si vede l’alto responsabile delle operazioni chiamato nel bel mezzo di una seduta di terapia di coppia con il suo compagno. Tutte piccole gag che non traghettano il film nella commedia ma che sono in grado d’inchiodare la corsa per ripartire da lì a tutta velocità senza dare tregua. Forse questo non sarà cinema d’autore ma ci si diverte moltissimo.
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