Il dottor Nate Daniels è rimasto da poco vedovo. Nonostante amasse la moglie nell’ultimo periodo si erano separati, cosa che non gli può perdonare la figlia Mare, ma anche il rapporto con la piccola Norah non è dei migliori. Per questo Daniels organizza un viaggio in Sudafrica, il paese originario della moglie, per andare a trovare Martin Battles, un vecchio amico che fa la guardia in un parco protetto. La zona è infatti preda di molti bracconieri che, negli ultimi tempi, hanno iniziato a uccidere anche interi branchi di felini. Ignari di tutto questo Daniels e le figlie si trovano a subire la vendetta di un gigantesco leone deciso ad eliminare qualunque essere umano si trovi sulla sua strada.
Beast ha al suo interno tre anime: la sceneggiatura ai minimi sindacali di Jaime Primak Sullivan e Ryan Engle (Rampage: Furia animale, L’uomo sul treno), Idris Elba che deve fare poco per funzionare come eroe action e la regia sopra la media di Baltasar Kormákur. È quest’ultimo a salvare il film dal disastro a cui sembra destinato a causa di una storia svogliata, con lo scopo evidente di fare un po’ di cassa. Kormákur trovandosi tra le mani un animal killer movies pesca dalle pellicole più prestigiose del genere, chiarendo che i suoi riferimenti sono Steven Spielberg (vedi maglietta di Jurassic Park indossata da Mare), ma anche e soprattutto Cujo di Lewis Teague. Gira quasi tutto in piano sequenza, creando un’atmosfera di suspense, dove lo spettatore non può vedere, senza stacchi, quello che accade intorno ai personaggi. Kormákur si spinge addirittura a citare Revenant di Alejandro Iñárritu nella scena di combattimento tra Daniels e il leone, ma per quanto ce la metta tutta è doveroso dire che non stiamo parlando di Jordan Peele.
Il lavoro di regia paradossalmente funziona anche perché Beast è evidentemente un film a basso budget con pochi attori e pochissime location, cosa che gli permette di essere bizzarramente un survival thriller con un set quasi teatrale. Buona parte dell’azione si svolge all’interno di una macchina, creando una sorta di claustrofobia nello spettatore ma, allo stesso tempo la savana, che si vede pochissimo, è il luogo di caccia del leone assassino dove è vietato andare. Purtroppo però tutti questi ammirevoli tentativi di innalzare Beast a un progetto non banale vengono impediti da una sceneggiatura imbarazzante. Non c’è sospensione di incredulità che tenga e, in alcuni momenti, la storia diventa fantascientifica per non dire parodistica. Non si può dare la colpa al misurato Idris Elba, poco plausibile come dottore, e la cui evoluzione narrativa trova una conclusione che strappa più di una risata.
L’errore più grave di Beast è però nel prologo quando viene raccontato perché il leone si trasforma in un mostro sanguinario. Film con protagonisti animali assassini funzionano se non viene mostrato il fattore scatenante della loro ribellione. Che si tratti della natura o del caso non c’è alcuna motivazione, ad esempio, del perché gli Uccelli nel film di Alfred Hitchcock attaccano l’uomo, cosa che permette allo spettatore di non empatizzare con loro. Ma nel caso di Beast un gruppo di bracconieri ha massacrato il branco del leone assassino e lui giustamente, smette di far distinzione tra uomini buoni e cattivi e ammazza tutti. Qualcuno può dargli torto?
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