Un gruppo di persone si prepara a godere un’esperienza indimenticabile: una cena speciale al ristorante Hawthorne, cucinata dal grande Julian Slowik. Tra i partecipanti ci sono un miliardario e sua moglie, tre top manager, un divo pieno di se con assistente, una critica gastronomica con i suo lacché, un fanatico di cucina e la sua bella accompagnatrice. Per raggiungere il luogo della cena devono imbarcarsi su uno yacht che li condurrà in un’isola in cui ogni elemento, dall’affumicatoio per la carne alle brandine nel casermone dove vive la brigata di cuochi, viene inteso come una missione culinaria. Al centro di tutto c’è lo chef pluridecorato Slowik, che per mille e passa dollari a testa promette di realizzare il menù perfetto. L’unica nota stonata della serata è l’inattesa presenza di Margot che accompagna Tyler, un vero fanatico che idolatra Slowik, e che è stato lasciato da poco dalla fidanzata. La presenza di un ingrediente non previsto rovinerà la filosofia di una cena esclusiva, preparata fin nei minimi dettagli per ospiti appositamente selezionati?
Il tema di The Menù, scritto da Seth Reiss e Will Tracy, è piuttosto chiaro: fare il verso a quel tipo di cucina che prende il cibo un po’ troppo sul serio facendolo diventare una filosofia di vita e, di conseguenza del tipo di società che trova questo genere di operazione il massimo dello chic. Non si tratta solo di puntare il dito sulle assurde disquisizioni di critici gastronomici che discutono di piatti quasi fossero opere di Picasso, ma di una società che permette loro di farlo. Un mondo (il nostro) in cui ricchi businessmen sono abituati a disporre di qualunque cosa il denaro possa comprare e, per questo, rimangono increduli nel sentirsi rifiutare una richiesta (del pane con una portata che non lo prevede), la coppia di miliardari così abituati ad avere tutto da essere diventati incapaci di capire il valore di qualcosa, o un attore senza velleità artistiche ma disposto a tutto pur di essere popolare. In questa società una parte importante ce l’hanno anche i creduloni, coloro che non fanno necessariamente parte dell’élite ma che risultano incapaci di qualunque senso critico e per questo disposti a ogni sacrificio per una cieca fede.
In questo mondo degli orrori non si salva neppure chi il talento ce l’ha ma, così come tutti gli altri, ha perso di vista una qualunque morale nell’usarlo. Come salvarsi allora? È nella risposta lo scivolone più evidente del film di Mark Mylod. Peccato perché The Menù ha dalla sua un cast brillante con Ralph Fiennes nella parte dello Chef Slowik, Nicholas Hoult ma soprattutto la lanciatissima Anya Taylor-Joy, che interpreta la protagonista Margot. Inoltre, pur essendo un thriller in chiave gastronomica, condivide con il giallo alcuni elementi tipici del genere: la pluralità di personaggi, l’unità di luogo e la risoluzione dell’enigma. Nel caso di The Menù il mistero non sta nello scoprire l’assassino ma l’identità di Margot, chi sembra non poter essere incasellata nella griglia sociale di Slowik. Tirare in ballo il solito leitmotiv dell’amore risolutore di ogni male è davvero stucchevole e non bastano accoltellamenti, omicidi o quant’altro se la morale che dovrebbe puntare il dito sulla disfatta della società finisce per essere questa.
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