Dario Tonani torna alle masterclass di Villa Gioiosa di Lucca Comics & Games, parlando di scrittura seriale: le strategie per la creazione del world-building di una serie di romanzi è infatti profondamente differente da quello delle opere “one shot”. Non è la prima volta che Tonani si presta a questo tipo di educational e ormai la sua esperienza nel campo è evidentissima, come testimonia l’esperienza di Mondo9.
Un progetto seriale è, evidentemente, molto più complesso, in fase di progettazione e di realizzazione, rispetto a romanzi one shot: è necessario avere un’idea forte, che possa sopravvivere a un tempo lungo, non solo nella mente e nella motivazione dello scrittore, ma anche nelle intenzioni di un editore e nel cuore dei lettori. Se le idee che affollano la mente degli scrittori sono come farfalle, questa farfalla dovrà essere abbastanza bella da intrigare chi lavorerà al libro e chi ne fruirà: dopotutto, un ciclo di romanzi può diventare per lo scrittore (e noi potremmo aggiungere che lo stesso avviene per i lettori) un compagno di vita.
Se predisposizione all’attesa e alla fedeltà accompagnano la vita dello scrittore, tra i tempi lunghi dell’editoria e la necessità di portare a termine ciò che si è deciso di iniziare, è però importante che chi vuole cimentarsi su un progetto di lunghissima durata focalizzi la propria attenzione sugli elementi che possono consentire a una storia di sopravvivere nel tempo: i personaggi, che devono essere ben profilati per travalicare i confini di una sola storia, e, come da titolo, il worldbuilding. Il setting, infatti, può diventare il fil rouge che lega i vari romanzi di un ciclo. Non è, però, facile creare un mondo così articolato da meritare di essere approfondito in moltissime pagine, o che possa essere popolato dalla selva dei diversi personaggi che servono per ampliare la visione sul mondo stesso.
Oltre a questi due elementi, l’autore con intento seriale dovrà considerare che servono delle tecniche di “rilancio”, per mantenere l’attenzione del lettore da un volume all’altro di un ciclo. E non solo: per non rischiare di tradire le aspettative di lettori ed editore, è importante che lo scrittore abbia in mente una scansione o un elenco dei punti di svolta della storia, che serva a dare quanto meno un’illusione di completezza ai singoli volumi che compongono la nostra storia.
Questo porta Tonani a considerare come una soluzione vincente possa essere quella di presentare all’editore dei volumi in sé autoconclusivi, che però portino avanti worldbuilding, narrazione o personaggi della storia, in modo che ogni episodio del ciclo crei un nuovo punto di riferimento nella mente del lettore.
Certo, la narrazione televisiva ci ha ultimamente abituati a concludere una parte della serie (una stagione, o un romanzo) con un cliffhanger: in questo caso, in una narrazione che procede su più livelli, chiudiamo una parte del ciclo preannunciando su quale livello andrà a giocarsi la seconda parte.
Molto interessante, però, è anche la strategia del fix-up, utilizzata, come ci racconta Tonani, da mostri sacri della fantascienza, come Ray Bradbury o Jack Vance: si dà un’architettura di romanzo a storie originariamente brevi (come era il caso di tanta fantascienza nata sulle pagine delle riviste pulp), che poi si espandono in forma di romanzo quando nasce l’editoria specialistica libraria (recuperando comunque il materiale frammentario precedente). Utilizzando come filo conduttore l’avanzare della storia, o il vissuto dei personaggi, si trasformano così in romanzi opere che, in origine, non lo erano.
Certo, quale che sia la strada che si sceglie di intraprendere, l’autore che decide di cimentarsi in un’opera di queste dimensioni deve essere consapevole che quel progetto diventerà un compagno di vita, come una parte della famiglia: una volta che si inizia a pubblicare un ciclo, l’impegno preso con lettori ed editore impone di portarlo avanti.
E prima ancora di intraprenderlo, è necessario essere spietati giudici di noi stessi e delle nostre storie: per quanto innamorati possiamo essere di una narrazione o di un personaggio, dobbiamo essere in grado di valutare le sue possibilità di resistere al tempo, nell’attenzione del pubblico come nella nostra vita.
La ciclicità è rischiosa: può essere una gabbia che fagocita la creatività, come un attore incastrato in ruoli ormai troppo famosi, mettendo in crisi l’identità autoriale dello scrittore. Ed è per questo che iniziare un progetto di così ampio respiro richiede un’ampia riflessione iniziale: noi cresceremo assieme a questa storia, esattamente come i nostri personaggi. I personaggi (e l’ambientazione) devono essere, fin dall’inizio, scheletri a cui creare un corpo e che possano indossare vestiti diversi. Dobbiamo poterli vedere sotto più punti di vista, magari nella loro evoluzione: Tonani insiste sull’importanza dei flashback come strumento di riflessione dell’autore sul suo stesso personaggio. E il flashback diventa anche un utile strumento, nella serialità, per creare vie di fuga davanti a storie che si potrebbero inceppare: un modo, insomma, per sciogliere difficili nodi di trama. Nella mente di chi scrive, come spesso accade, il pensiero è andato a Brandon Sanderson e ai flashback che costituiscono l’ossatura della serie della Folgoluce: in Giuramento, il finale è trainato e sciolto proprio dalla centralità dei flashback sul personaggio di Dalinar Kholin.
Se quindi per il singolo romanzo la scaletta può diventare un pericoloso vincolo che mette in discussione la libertà dell’autore, nella serialità la progettualità è fondamentale. Una progettualità che non è solo inerente alla storia, ci dice Tonani, ma alla nostra stessa vita: abbiamo davvero voglia di iniziare una relazione con una storia che ci accompagnerà per un numero imprecisato di anni?
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