Il Lucca Comics & Games è anche questo: la possibilità di mettere a confronto le penne e l’ingegno di autori da tre continenti. Jay Kristoff, Licia Troisi e Laini Taylor dialogano di fantasy sul palco dell’auditorium San Girolamo.
Il Lucca Comics regala, tutti gli anni, la possibilità di incontrare grandi personalità del mondo del fantastico, riunite in un’unica, incredibile cornice, che fa emergere somiglianze e differenze nel loro modo di affrontare la loro personale forma di magia, la parola scritta. Così, nell’edizione di quest’anno, le due tiktoker librarie Megi Bulla e Valentina Ghetti hanno presentato ad una sala gremita l’incontro tra tre autori icone del fantastico provenienti da tre continenti diversi: l’Oceania, rappresentata dall’australiano Jay Kristoff, l’Europa dall’italianissima Licia Troisi e l’America di Laini Taylor. È curioso, ed estremamente interessante, notare quanto diversi siano gli approcci al fantastico e alla scrittura dei tre autori, emersi grazie alle domande delle due presentatrici.
La prima domanda porta subito l’attenzione sull’elemento fantastico: perché se scrivere un libro è già di per sé un’impresa, creare un mondo fantastico (rendendo il fantastico credibile) lo è ancora di più. E quindi, quali sono le strategie per la creazione del worldbuilding?
Licia Troisi non ha dubbi: inventare mondi è qualcosa che la accompagna fin dall’infanzia, perfino da prima di saper scrivere. Prima di pensare alla narrazione, costruisce un mondo, un mondo ricco di dettagli che possano supportare concretamente la storia che andrà a raccontare.
Laini Taylor, al contrario, è molto consapevole dei rischi del worldbuilding, che può allontanare l’autore dal cuore della storia, dalla narrazione: ecco perché si concentra soprattutto sull’essenza della storia, sul darle senso, e solo in un secondo momento si gode l’elemento fantastico.
Jay Kristoff, come Taylor, conosce i rischi del concentrarsi troppo sul worldbuiling nella fase iniziale: quello che gli interessa è cogliere gli elementi distintivi del suo mondo secondario rispetto al suo mondo ordinario. Così, possiamo osservare il mondo attraverso lo sguardo dei personaggi, che esplorano il mondo straordinario assieme al lettore, proprio perché il suo interesse primario è concentrato sui personaggi.
La seconda domanda riguarda, potremmo dire, la scrittura in termini più generali, più ampi del solo fantastico: gli autori possono temere il giudizio dei loro lettori?
Licia Troisi osserva che l’autore non può fare altro che cercare di raccontare storie che appassionano prima di tutto l’autore stesso, qualcosa che l’autore sente di dover raccontare. Perché provare ad assecondare il lettore (e questo sarà un elemento su cui tutti i tre autori concorderanno) non può funzionare: i lettori sanno cosa pensano di volere, che però può differire da cosa desiderano davvero leggere. L’autore può solo rimanere fedele a se stesso, ma la paura è un’ottima motivatrice, che può spingerci a dare il meglio di noi stessi.
Laini Taylor concorda: anche lei conosce bene questa paura. Nemmeno la pianificazione della storia aiuta a gestirla, perché nonostante i tentativi di progettazione, i personaggi assumono vite autonome e quello che finisce sulla pagina non è quello che lo scrittore aveva progettato: il lavoro dell’autore, quindi è una costante collaborazione tra lui e l’ignoto. Certo, questo può portare i personaggi ad affrontare situazioni tristi, che mai avremmo desiderato per loro, e che però diventano il modo migliore per rappresentarli.
Jay Kristoff sposta l’attenzione su un altro elemento fondamentale: questa domanda è particolarmente importante nel mondo contemporaneo, se l’autore vive sui social e se vuole mantenere un rapporto con i suoi fan attraverso questo mezzo. Perché attraverso il confronto che si può creare attraverso i social, l’autore può conoscere cosa il pubblico desidera: per esempio, che i personaggi siano sempre felici e contenti, il che renderebbe le storie di una noia mortale. Allo stesso tempo, la reazione dei fan a una particolare riga del primo volume di Nevernight ha suggerito allo scrittore di provare a espandere la relazione tra due personaggi nel secondo volume.
La terza domanda torna al fantasy: come ci si approccia a un nuovo worldbuilding? Le case degli scrittori sono piene di lavagne e appunti?
Licia Troisi usa soltanto device informatici: computer, note sullo smartphone. L’idea su una nuova ambientazione può nascere in due modi: o dalla trama (quindi dai personaggi) o da un nuovo mondo (come è accaduto per la saga del Dominio, in cui popoli, lingue e religioni sono stati i primi elementi ad essere sviluppati).
Jay Kristoff sente la necessità di trasformare al più presto un’idea in un’immagine: è, ci confessa, una persona molto visiva. È come se nella sua testa si svolgesse un film, a cui deve dare concretezza attraverso foto, disegni o immagini (che può trovare anche in rete) e attraverso musiche particolarmente evocative, che rendano evidente le emozioni che lui stesso ha provato in quel primo film mentale. A quel punto, nasce una mappa del mondo, prima popolata dei suoi elementi fisici e in seguito da quelli antropici: e da qui nasce la storia.
Laini Taylor ama i taccuini: ogni idea ha un suo quaderno di appunti (e avere nuove idee è un modo per collezionarne di nuovi), su cui condensa ricerche, approfondimenti e qualunque elemento possa essere utile a svilupparla. Se l’ideale sarebbe avere un unico taccuino per storia, attualmente è al quinto relativo al suo ultimo progetto.
La quarta domanda verte sul processo creativo: musica o silenzio accompagnano la scrittura?
Licia Troisi necessita prevalentemente di silenzio, perché la musica distrae ed evoca emozioni. Al limite, ascolta musiche (al buio) prima di iniziare a scrivere, per creare atmosfera. Apprezza moltissimo la possibilità di scrivere sui treni, isolandosi dal mondo attraverso app che riproducano rumori bianchi, come la pioggia.
Laini Taylor (che pure invidia a Licia Troisi la possibilità di scrivere in treno, visto che negli Stati Uniti non è un mezzo di comunicazione così utilizzato) necessita di silenzio, soprattutto nel momento in cui ha la visione iniziale che la porta a produrre. Esistono, però, musiche che la aiutano a scrivere, perché a volte l’eccesso di silenzio può portare i pensieri ad attorcigliarsi su loro stessi e ad incastrarsi e, comunque, il silenzio è qualcosa di molto raro da avere a disposizione.
Jay Kristoff lavora sempre con musiche di sottofondo: solo strumentali, per la maggior parte, e quindi orchestrali o colonne sonore, perché altrimenti le parole delle canzoni diventerebbero le sue parole. Al limite, canzoni con un testo sono ammissibili in fase di brainstorming. In ogni caso, la stessa musica accompagna, in loop, lo sviluppo di un determinato personaggio (il personaggio di Aidan in Illuminae, per esempio, è caratterizzato da un ritmo meccanico molto ripetitivo).
La presentazione si conclude con una domanda specifica per ogni autore.
A Licia Troisi viene chiesto come sia cambiato il panorama del fantasy italiano (un tema, potremmo dire, molto caldo e davvero attuale). Quello che l’autrice osserva è che, ai suoi esordi, il fantasy era poco praticato e poco letto nel nostro paese, mentre ora che è più conosciuto è però associato più che altro alla letteratura per ragazzi, il che può essere vero per le sue opere, ma certo non in generale. Sicuramente, osserva, in Italia esiste un problema di critica, che ancora non permette la diffusione del genere fuori dai circuiti in cui è conosciuto.
La domanda posta a Jay Kristoff commuove sia lui sia il pubblico: cosa si prova a vedere davanti a sé il cosplay di un proprio personaggio? L’autore osserva che la vita di uno scrittore è una vita molto solitaria, che porta a parlare, per la maggior parte del tempo, con personaggi immaginari che vivono vite immaginarie. Ma, a volte, l’autore emerge, esce nel mondo, in eventi come questi, e scopre quale impatto la sua opera ha avuto sulle vite di moltissime persone, che vivono in continenti diversi, che parlano lingue diverse e quella, ecco, quella è la parte migliore del suo lavoro.
A Laini Taylor, infine, viene chiesto quanto è difficile creare un worldbuilding così strutturato, mantenendolo però coerente attraverso il punto di vista di personaggi molto diversi tra loro. Se all’inizio della storia il mondo è ancora poco definito, nel corso del processo di scrittura, l’autore è così immerso nella storia che tutto diventa facile, soprattutto quanto più i personaggi parlano e si muovono e il mondo diventa, così, più semplice da raccontare: non si tratta più di un magma indefinito, perché quanto più si scava tanto più appare evidente la realtà di quello che si vuole raccontare.
La presentazione si chiude con un divertente siparietto: Megi e Valentina avevano proposto una sfida ai nostri autori. Licia avrebbe immaginato un personaggio, Jay una parte centrale della storia e Laini una conclusione. Ne viene fuori una storia in cui una cacciatrice di draghi deve vincere un’impossibile sfida, proposta dalle malvagie Megi e Valentina, che si risolverà tramite l’aiuto di creature volanti (evidentemente draghi) in un tripudio di baci e romanticismo. Le nostre tiktoker avranno dato il via a un’improbabile quanto buffa collaborazione?
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