Black Panther: Wakanda Forever è un esempio di come gli eventi della vita reale influiscono sulle narrazioni. La morte di Chadwick Boseman ha sicuramente costretto la storia del Wakanda nel Marvel Cinematic Universe verso altre direzioni da quelle previste, così come l’arco dei personaggi coinvolti. Non è dato sapere se sia stato considerata anche solo per un istante una sostituzione con altro attore. Voglio pensare che l’idea sia stata scartata immediatamente per rispetto di un attore che era indubbiamente carismatico nel ruolo, e al quale il film è stato dedicato, tra gli altri.
Pertanto T’Challa è morto. Un anno dopo la sorella Shuri (Letitia Wright) si macera ancora per il senso di colpa di non essere riuscita a salvarlo con la scienza, mentre la madre Ramonda (Angela Bassett), ripreso il ruolo di Regina del Wakanda, deve fronteggiare diverse minacce. Il vibranio della nazione africana infatti fa gola a tutte le potenze mondiali le quali, in mancanza di un difensore forte come la Pantera Nera, tramano più o meno nell’ombra. Ma la scoperta di un giacimento di vibranio sul fondo dell’oceano mette allo scoperto una nuova potenza: un regno sottomarino comandato dal misterioso Namor (Tenoch Huerta Mejía), il quale propone ai wakandiani un’alleanza contro il resto del mondo. Se il Wakanda rifiuta l’alleanza, prima che con le altre nazioni, dovrà affrontare la furia di Namor.
Il film racconta pertanto di sensi di colpa e di elaborazione del lutto, ma anche di gestione del potere e scelte di responsabilità.
Diversi personaggi compiono, rispetto al primo film, una grossa evoluzione: Shuri, Ramonda, Okoye (Danai Gurira), Nakia (Lupita Nyong'o). Ciascuna affronterà le conseguenze della morte di T’Challa sulla propria vita e sul Wakanda
Poco spazio e pochissima evoluzione per tutti i personaggi maschili già noti: Everett K. Ross (Martin Freeman) rimane marginale, così come M'Baku (Winston Duke). Entrambi sono e rimangono cristallizzati più o meno dove li abbiamo lasciati alla fine del primo film. Non che la vicenda non presenti per loro cambiamenti di status, ma non influiscono sull’arco evolutivo.
Ma oltre a raccontare la storia dei personaggi esistenti, Wakanda Forever ha il compito di introdurre nuovi personaggi, per il futuro del MCU. Se le ragazze accoglieranno nel gruppo la brillante studentessa Riri Williams (Dominique Thorne), alias Ironheart, futura protagonista di una miniserie su Disney+, fumettisticamente appartenente alla mitologia di Iron Man, il peso maggiore è l’arrivo di Namor.
Namor fu ideato da Bill Everett nel 1939, quando la Marvel si chiamava ancora Timely, nel primo numero di una testata dal nome profetico, Marvel Comics, in storie in cui era impegnato a difendere il suo regno sottomarino dalle minacce degli uomini di superficie. Non era stato introdotto nel MCU per varie questioni legali e vi entra con un mondo narrativo molto diverso da quello noto agli appassionati dei fumetti. Meriterà un articolo di approfondimento comparativo quando rivelare analogie e differenza con la controparte fumettistica non sarà uno spoiler. Si tratta di un grosso calibro, la cui introduzione apre la porta ai due mondi recentemente inglobati nel MCU e i cui film sono in pre-produzione: i Fantastici Quattro e gli X-Men.
A prescindere dal diverso background, che rimane comunque sottomarino, il personaggio fa sicuramente la sua entrata in scena in modo spettacolare dal punto di vista visivo. Il personaggio è caratterizzato come cattivo suo malgrado, difensore del suo popolo, per il quale è disposto a tutto, ma non sembra avere il carisma e l'amplomb del monarca di un regno, piuttosto quello del capobanda di un gruppo di rapinatori.
La sceneggiatura, schiacciata dagli archi dei personaggi primari e dall’esigenza di introdurre i nuovi personaggi, produce un film che sicuramente ha molti momenti spettacolari, ma è anche prolisso e serioso, quasi come quei film DC tacciati per anni di prendersi troppo sul serio. Persino l’uso ormai frusto dello slow motion sembra rifarsi a quella matrice. Le pochissime battute ironiche del film sembrano fuori da un contesto in cui la maggior parte dei personaggi declama con enfasi.
È difficile ormai distinguere una miniserie MCU da un film. Black Panther: Wakanda Forever è un prodotto cinematografico, ma anche per alcune miniserie i mezzi tecnici sono stati paragonabili, tanto da sembrare film portati sul piccolo schermo. Anche la lunghezza non fa gioco. Le 2 ore e 41 del film sono di poco inferiori alla somma di sei puntate da circa 45 minuti l’una.
Il risultato è portato a casa da validissimi professionisti e non mancano momenti che i Marvel fan, fumettistici e cinematografici, apprezzeranno. Salvo poi archiviare questa nuova puntata in attesa delle prossime.
La promessa è che Black Panther tornerà.
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