Elaine sta crescendo suo figlio Martin. Il padre Patrick Urwald, rampollo di una ricca famiglia di viticoltori lussemburghesi, è sparito poco dopo averla messa incinta. Dopo anni in cui non ha chiesto niente a nessuno, Elaine si trova costretta a chiedere aiuto ai nonni paterni, perché Martin ha sviluppato pericolose tendenze alla violenza, forse frutto di una tara familiare. In Lussemburgo troverà conferma del selvaggio retaggio degli Urwald, nonché risposta ai motivi che hanno portato Patrick ad abbandonare la sua famiglia. Il figlio Martin inoltre si troverà davanti allo stesso dilemma del padre, e sarà la madre ad aiutarlo a decidere se accettare il suo ruolo in famiglia o decidere altrimenti.
Wolfkin è un agile horror gotico, molto prevedibile nel suo esito finale, ma allo stesso tempo intrigante. Getta una luce oscura sulle grandi dinastie familiari, che perpetuano se stesse con la violenza e sopraffazione grazie alla potenza del denaro. In questo caso, la metafora è portata alle estreme conseguenze, con il tema della licantropia come maledizione ma anche come strumento di potere e di classismo.
Gradualmente entriamo in un mondo duro, apparentemente tranquillo, che nasconde sotto il tappeto un'enorme violenza di fondo, con un accumulo di tensione che esploderà nella Kommunion del titolo, il rituale nel quale il piccolo Martin dovrà prendere l'estrema decisione su cosa deve essere.
Ma resta principale il tema dell'amore incondizionato. Fino a dove può spingersi un genitore per proteggere suo figlio, anche sapendo che ha compiuto atti indicibili? In questo caso la risposta scaturisce dalla considerazione che il figlio di Elaine non può opporsi alla sua natura più di quanto non possa un animale della foresta.
Patrick, da parte sua, si trova a al bivio di chi non ha conosciuto mai quale sia il suo posto nel mondo, tra l'aspirazione ad essere finalmente parte di qualcosa e seguire la sua aspirazione a trovare se stesso.
Nella sceneggiatura non tutto sembra tornare, e alla fine alcuni passaggi sembrano però molto affrettati. Molto si vuole lasciare allo spettatore, alle sue chiavi interpretative, ma a volte si ha la sensazione che manchino gli elementi per connettere i pezzi.
A sostenere il peso del film le prove di un cast efficace, con al centro Louise Manteau nel ruolo di Elaine e lo spontaneo Victor Dieu in quello di Martin, ben coadiuvati dal cast di supporto, in cui spiccano gli anziani genitori di Patrick, Adrienne e Joseph interpretati rispettivamente da Marja-Leena Junker e Marco Lorenzini.
L'ambientazione dell'apparentemente placida campagna lussemburghese è un elemento inedito nell'immaginario horror, ma non per questo risulta spiazzante, anzi, la fotografia di Amandine Klee, con luce naturale in set dal vivo, basata su scelte di colore per ogni ambiente, la rende totalmente credibile.
Il bilancio complessivo è intrigante.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID