Le Tartarughe Ninja di Kevin Eastman e Peter Laird hanno subito dal 1984 così tante riscritture che è impossibile trovare ormai un canone delle origini e dei rapporti con gli altri personaggi. Ma se questo a volte è fonte di frustrazione da parte del pubblico, per i quattro ninja corazzati non è affatto un problema. Ogni fumetto, film e serie prodotta è diretta a un pubblico ben preciso se parliamo di lettore o spettatore occasionale, altrimenti chi ama le avventure delle testuggini con bandane colorate e non vuole perdersi nulla troverà sempre l'anima principale intatta. A esser sinceri, forse proprio non tutte, ma come la pizza con l'ananas un solo gusto è discutibile in mezzo a tutti gli altri. Se non sapete di cosa stia parlando, forse è meglio così.
Come da titolo, Tartarughe Ninja: Caos Mutante, in questa ennesima riscrittura ci si concentra sul concetto del mutante, l'emarginato, una sensazione che molti hanno provato, che sia per una scelta di stile di vita o per il proprio aspetto, molto spesso proprio in adolescenza, se non prima. Qui l'occasione è perfetta perché si usa visivamente il freak, ispirandosi a molti personaggi nati dalla fantasia dei creatori originali, che ci hanno regalato creature allo stesso tempo orrende e affascinanti. Più i personaggi sono mostruosi, più sono capaci di attirare la curiosità del giovane lettore/spettatore. Ci saranno tanti, ma tanti mutanti, così belli nella loro bruttezza da non far nemmeno notare la mancanza del nemico storico Shredder, una scelta perfetta per quello che si intende raccontare, perché sarebbe stato ingombrante.
Ed è proprio qui che funziona perfettamente il film per il pubblico di riferimento. La storia è ambientata nei giorni nostri, con gli smartphone, i messaggi preoccupati dei genitori, le scritte sugli armadietti del liceo, le citazioni agli anime recenti e numerosissimi omaggi alla storia delle Tartarughe per gli appassionati della prima ora. Non importa se qualcuno non coglie subito questo o quell'omaggio perché nessuno di questi è fine a se stesso. Quando sono importanti avranno uno sviluppo nella trama, quando sono soltanto un ricamo di cultura popolare si giustificano da sé. Chi li coglie, semplicemente, si ritroverà con un sorriso stampato sul viso o si trasformerà nel meme di Leonardo – non la tartaruga, ma DiCaprio – che indica lo schermo.
Teenage Mutant Ninja Turtles realmente teenagers
Qui i quattro tartarugotti sono proprio sciocchini, come in media si comportano i quindicenni, curiosi di scoprire il mondo e mettere alla prova le proprie capacità. Eppure, grazie anche agli insegnamenti dell'amorevole padre Splinter, quando necessario sanno trovare il giusto equilibrio tra spiritosaggine e impegno, riconoscendo le proprie responsabilità. Finalmente anche in un film cinematografico i protagonisti con nomi rinascimentali sono davvero i teenagers del titolo.
Da qualche anno a questa parte in molti prodotti per questo target si mostrano senza alcun problema e senza filtri i sogni e i difetti di ragazzini che orbitano intorno ai quindici anni, insegnando senza troppa retorica che anche dagli errori si può imparare. I produttori probabilmente sono tranquillizzati anche dal successo strepitoso ottenuto negli ultimi anni da un celebre Ragno newyorkese, che ha spalancato le porte alla creatività anche visiva. Uno degli esempi più fulgidi di questa nuova linea artistica è I Mitchell contro le macchine, co-diretto proprio dal regista anche di questa pellicola, Jeff Rowe.
Meraviglia artistica
Visivamente parlando, il film è una bomba. Sembra di vedere un disegno in movimento. Non quel disegno che ricorda semplicemente la matita, pulito e uniforme ben applicato sui modelli 3D di base di cui ci ha abituati molta computer grafica. No, è sporco, impreciso, gli sbuffi di fumo sono proprio scarabocchi, il tratto della matita spesso cambia, eppure è tutto così perfettamente omogeneo nella propria imprecisione da rendere l'intera esperienza un vero spettacolo per gli occhi.
Peccato solo per alcune sequenze di combattimento un po' troppo vivaci, probabilmente proprio lo stile visivo applicato mette in scena così tanti elementi da creare una leggera confusione, ma comunque sempre comprensibili e creativi.
Il consiglio è di non staccarvi dalla sedia prima dell'intermezzo dei titoli di coda, perché ci sarà una scena aggiuntiva decisamente interessante.
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