Sul palcoscenico del Lucca Comics & Games 2023 si torna a parlare di scienza e di come raccontarla al pubblico: un appuntamento ormai fisso, in questa manifestazione, che da anni ospita scienziati e divulgatori e presenta al pubblico le novità editoriali del settore. Licia Troisi, autrice, traduttrice, astrofisica e divulgatrice con il suo Astrofisica per Ansiosi (Rizzoli, 2023), dialoga con Filippo Bonaventura, astrofisico, divulgatore e autore di Storia di un Protone (Rizzoli, 2023), noto al pubblico per la sua partecipazione alla redazione di Chi ha Paura del Buio e di Geopop, moderati dal giornalisti Emilio Cozzi.
La riflessione sul rapporto tra scienza, narrazione e umanità, quest’anno, parte da un primo assunto, espresso da Licia Troisi: raccontare l’astrofisica è, in realtà, raccontare la nostra vita, il nostro rapporto con l’universo e, soprattutto, il nostro rapporto con la paura. Il cielo, così alieno da noi per dimensioni e per fenomeni, non può che generare sentimenti ambivalenti nell’essere umano: meraviglia e timore. E, osserva Filippo Bonaventura, proprio perché tocca corde così profonde, così costitutive della riflessione dell’essere umano fin dalle sue prime manifestazioni, questo tema si ricollega a un’altra caratteristica dell’evoluzione delle società umane, cioè lo storytelling. Raccontare storie è una necessità che si svela in ogni nostra attività, compresa la scienza. Ed è proprio questa la forza della divulgazione: la capacità di creare modelli e immagini narrativi che ci permettono di comprendere fenomeni anche molto distanti dall’esperienza. D’altra parte, come aveva già osservato Umberto Eco, è la narrazione che ci permette di dare un senso alla realtà. E la narrazione che coinvolge in prima persona tanto l’autore quanto il lettore è potente.
Raccontare però richiede uno sforzo di comprensione, un tratto evolutivo che, applicato alla realtà che ci circonda, ci ha aiutato a sopravvivere, e a tenere a bada la paura dell’ignoto, la più forte tra le paure dell’uomo. Perché ciò che è conoscibile, o conosciuto, può diventare controllabile, e fare quindi meno paura. A questo ammicca il saggio di Licia Troisi: l’ansia del titolo è l’ansia di chi teme fenomeni celesti che non conosce e non comprende, un’ansia che può essere esorcizzata proprio attraverso la conoscenza.
Non tutte le paure possono essere esorcizzate, soprattutto in un momento storico in cui è diventato evidente che l’uomo è un pericolo, più che per la sopravvivenza del pianeta, per la sopravvivenza dell’uomo stesso in quanto specie. E di nuovo l’astrofisica è uno strumento utile per creare immagini che colpiscono l’immaginario. La fragilità, la bellezza, l’isolamento della Terra emergono potenti dall’osservazione del nostro pianeta dallo spazio. Ed è dalle prime foto spaziali, che accompagnano i primi movimenti ecologisti, che emerge la consapevolezza che esistiamo grazie a un equilibrio delicato che siamo in grado di infrangere.
L’astrofisica è anche un terreno che ci permette di parlare di pace, di cooperazione, di ideali. La scienza in generale è, ormai, il prodotto di grandi collaborazioni: i paper scientifici hanno molto raramente un unico nome tra gli autori. Il singolo può forse ancora fare la differenza, ma è il lavoro di squadra, tra persone, tra agenzie, tra enti, a poter produrre risultati eccezionali, come la Stazione Spaziale Internazionale. Così eccezionale, così fragile. Gli eventi sulla Terra, infatti, si riflettono anche su progetti che vanno oltre le possibilità della singola nazione, o di un unico gruppo di nazioni. In cielo, potremmo dire, quanto sulla Terra, nell’ambito delle proposte e delle ipotesi per combattere il cambiamento climatico.
Il rischio a cui stiamo andando incontro non è l’estinzione della vita sulla Terra, ma la nostra stessa estinzione. Qualcosa di inevitabile, lo sappiamo, qualcosa che non dipende interamente da noi: la paleontologia conferma che le specie dominanti sul pianeta, finora, sono sopravvissute circa due milioni di anni. Noi, in duecentomila, abbiamo al momento la possibilità di verificare se questa statistica si applica anche nel caso di specie intelligenti, di cui noi siamo il primo esempio. Non abbiamo dati, in questo senso, per fare previsioni, ma, come ci ricordano i due divulgatori, visto che abbiamo avuto la Terra in prestito, sarebbe quanto meno cortese restituirla integra.
Esiste però un duplice rischio. Sappiamo che il contributo individuale alla soluzione delle problematiche ambientali è limitato, per quanto indispensabile. Ma è altrettanto fondamentale l’intervento delle autorità, che impongano restrizioni quando e dove necessario: il primo rischio, infatti, è di arrivare troppo tardi. Chi però, storicamente, è riuscito a imporre più facilmente regole anche non gradite lo ha spesso fatto nell’ambito di regimi dittatoriali.
Tuttavia, nonostante le nostre possibilità di azione siano limitate, è fondamentale continuare a parlare, a narrare, a divulgare. Il nemico da combattere è l’atteggiamento antiscientifico. Un pensiero complottista, così simile, dice Licia Troisi, al rimuginio ansioso, che contagia un’intera platea di dubbiosi, talvolta anche per via di un’eccessiva aggressività da parte dei divulgatori stessi, che finiscono per radicalizzare lo scontro e allontanare i dubbiosi dal discorso scientifico. La divulgazione, dopotutto, dovrebbe servire a fornire a tutti gli strumenti per poter comprendere il mondo, non a forzare tutti a utilizzare quegli strumenti stessi. Come osserva Filippo Bonaventura, la divulgazione è come la lotta contro un’apocalissi zombie. Non possiamo fare niente per gli zombie, ma possiamo proteggere chi rischia di diventarlo.
Il Lucca Comics & Games si rivela ancora un ottimo palcoscenico per affrontare questi argomenti: c’è un legame molto stretto, ricorda Licia Troisi, tra nerdismo e curiosità per la scienza. La scienza, conclude Filippo Bonaventura, può essere comunicata in maniera non riduttiva ma in chiave pop. L’importante è ricordare che a colpire l’immaginario delle persone sono sempre le storie.
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