Mai come quest’anno la cronaca dell’attualità e della guerra ha sfondato le mura di Lucca per diventare protagonista, per molti aspetti non desiderata, del festival. Non sorprende che numerosi eventi affrontino il tema.
Nella mattinata del 2 novembre, all’Auditorium del Suffragio, il giornalista e scrittore Marco Rizzo ha accompagnato davanti a una platea gremita una rassegna di autori che si sono confrontati nella loro carriera, ciascuno a suo modo, con il tema della guerra, nell’incontro intitolato Un mondo in subbuglio – I fumetti raccontano le guerre.
In apertura lo stesso Rizzo ha ricordato che si combattono oggi nel mondo non meno di centosettanta conflitti, dalle guerre in Ucraina e nel Medio Oriente che occupano le prime pagine dei giornali agli scontri tra cartelli del narcotraffico in America Centrale. Di fronte a questo scenario, nessuno può pensare di vivere in una bolla e far finta di niente: prendere una posizione è un obbligo per chiunque, e a maggior ragione per chi si rivolge con la sua arte a un pubblico. Del resto, il fumetto non si è mai sottratto al racconto della guerra, che è anzi una componente importante della sua tradizione.
Ne ha fornito una testimonianza ferocemente concreta l’esperienza di Olga Grebennik, comparsa in un breve video non potendo partecipare di persona. L’artista ucraina ha raccontato come il suo Diario di guerra sia nato negli scantinati in cui si rifugiava con la sua famiglia durante i bombardamenti russi, quando si aggrappava alla matita per affrontare l’orrore da cui era circondata, disegnando tutto ciò che vedeva. “La cosa più preziosa del mondo è la vita umana”, sono le sue parole di saluto.
Il primo a salire sul palco è stato Alec Trenta, disegnatore che ha realizzato l’adattamento a fumetti del Libro della pace di Bernard Benson: un testo composto originariamente nel 1980 al culmine della Guerra fredda, il cui messaggio, destinato nella sua semplicità ai bambini, è oggi più attuale e importante che mai.
Gianluca Costantini, oggi autore importante nel panorama del “fumetto di realtà” (suoi i ritratti di giornalisti e attivisti perseguitati come Giulio Regeni e Patrick Zaki), ha raccontato di come sia stato il contatto diretto con la guerra in Jugoslavia, durante la Biennale dei giovani artisti tenutasi a Sarajevo nel 2001, insieme al rapporto instaurato subito dopo con artisti come Joe Sacco e Marjane Satrapi, ad aprirgli gli occhi alla necessità di “uscire dalla bolla”.
Lo ha fatto con opere come Libia, pubblicato nel 2018, in cui ha illustrato le interviste della giornalista Francesca Mannocchi nel paese sconvolto dalla guerra civile, con l’obiettivo di rimuovere il velo dalle responsabilità del nostro colonialismo, un “rimosso” collettivo con cui è invece necessario fare i conti.
Oggi i suoi ritratti (alcuni dei quali in questi giorni esposti alla chiesa valdese di Lucca) compaiono nelle manifestazioni nelle piazze di tutto il mondo, dall’Iran all’Arabia Saudita, dall’America Latina alla Cina: non è un caso perché – dice – “le dittature odiano i disegni”. È anche questo il senso della sua attività di “artivista”, impegnato nella difesa del diritto di movimento e di espressione che lo ha portato a collaborare con il Comitato per la Protezione dei Giornalisti, a New York.
E a questo riguardo non può mancare un passaggio sulla guerra in Palestina, dove sono già almeno trenta i giornalisti di cui è stata accertata la morte: Costantini è a Lucca non certo perché sia d’accordo con il logo dell’ambasciata israeliana e con quello che rappresenta, ma perché alla via del boicottaggio preferisce quella del dialogo.
È poi il turno di Garth Ennis salire sul palco per essere intervistato sulla sua esperienza di scrittore di storie di guerra: un genere oggi meno percorso da un mercato del fumetto egemonizzato da supereroi perlopiù scollegati dal reale (con l’importante eccezione di Watchmen), ma che soprattutto negli anni Settanta era invece molto diffuso. È su quei fumetti che Ennis si è formato e da essi è nata la sua passione per la storia militare che lo ha portato poi a cimentarsi con le sue Storie di guerra.
Nelle sue opere Ennis ha raccontato spesso storie basate sulla realtà piuttosto che di finzione, e quasi sempre ha portato alla ribalta personaggi minori, lontani dal clamore supereroistico delle squadre speciali: a interessarlo maggiormente – afferma – è l’eroismo della lotta quotidiana per la sopravvivenza. Ecco come è nato ad esempio Dreaming Eagles, storia dei piloti afroamericani nell’aeronautica militare statunitense durante la Seconda guerra mondiale.
A chiudere l’incontro sono Simonetta Gola, direttrice della comunicazione di Emergency, e le autrici Francesca Torre e Margherita Tramutoli, che raccontano in anteprima al festival il progetto in corso di pubblicazione di un reportage a fumetti sull’Afghanistan dopo la fine della missione statunitense: un paese ufficialmente in pace, ma in cui le conseguenze di decenni di guerra continuano a creare miseria, insicurezza, discriminazione.
Le autrici, scelte da Emergency anche per il loro impegno contro le discriminazioni di genere, raccontano che nessuno studio “a tavolino” le ha potute preparate a ciò in cui si sono imbattute visitando il paese, e che la loro sfida più grande è stata quella di rendere in un fumetto la complessità e la “realtà” di ciò che hanno visto, inimmaginabile dal nostro confortevole Occidente.
Il fumetto sarà pubblicato nel 2024, inizialmente sulle pagine web di Emergency ma con l’intenzione di realizzarne una versione cartacea. Il messaggio che vuole veicolare è che la guerra ci riguarda tutti, anche quando è apparentemente lontana da noi, e quello del fumetto è un linguaggio particolarmente adatto per la sua grande capacità di comunicare.
È proprio questa capacità che rende il fumetto una forma d’arte tanto importante, e intrinsecamente politica.
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