In occasione di Lucca Comics & Games 2023, Bugs Comics ha presentato la pubblicazione del suo primo saggio. Intitolato 16x21 L’Era dei Bonellidi, si tratta di un corposo volume che passa in rassegna tutti quei fumetti, definiti appunto bonellidi, che hanno visto la luce a partire dal 1986. Ne abbiamo parlato con Andrea Guglielmino, autore del saggio insieme a Francesco Fasiolo.
Ciao Andrea, innanzitutto permettimi la domanda più scontata: da dove è saltata fuori l’idea iniziale?
Allora, dunque, questo saggio nasce da due linee, una professionale e una che potrei definire di esigenza personale. Io sono molto amico con il coautore Francesco Fasiolo, ci siamo conosciuti tra i banchi di scuola anche grazie alla passione per i fumetti. Mi ricordo che ci portavamo Dylan Dog in classe per leggerli di nascosto. Poi ce li prestavamo l’un l’altro e da lì nascevano miriadi di discussioni, di scambi di opinioni. Facevamo anche a gara a farci dispetto a chi rivelava il finale all'altro. (ride ndr.) Cose di questo tipo…
Eravamo pure compagni di banco, anche perché eravamo gli unici due maschi in una classe di donne, non so se puoi immaginare. Sembra un paradiso, in realtà era una guerra in quel momento!
Il fatto è che praticamente noi due vivevamo in simbiosi. Tornavamo da scuola alle due, pranzavamo e poi ci sentivamo per telefono, per confrontarci su cosa studiare, cosa fare, che compiti fare, eccetera. Questo sistema, poi, è continuato tra di noi, anche in tutti gli anni successivi alla scuola. Abbiamo fatto tra l'altro anche due anni di scuola di fumetto insieme come disegnatori, poi entrambi ci siamo dedicati invece alla scrittura, chi con il giornalismo, chi con la sceneggiatura. Io ho fatto un po’ tutti e due, lui è un giornalista di Repubblica, ma molto più qualificato di me, tra l'altro.
E quindi abbiamo continuato a sentirci nel corso degli anni. Quando poi sono arrivate le tecnologie, ci siamo evoluti anche noi tenendo una chat, che negli anni è diventata una sorta di valvola di sfogo dove fondamentalmente buttiamo le peggio cose: stupidate, battutacce, ma anche qualche idea che poi ha visto una evoluzione. E questo saggio è proprio una di queste ultime.
A un certo punto ci siamo detti: perché, visto che abbiamo fatto tante cose insieme, non cerchiamo di fare anche qualcosa di costruttivo insieme? Abbiamo cominciato a chiederci quindi cosa potessimo fare, cosa c'era, cosa non c'era; passato in rassegna alcuni argomenti. Inizialmente avevamo pensato: facciamo un saggio sul crossover, sul multiverso. Ma alla fine non ci convinceva, così ne abbiamo pensate e passate in rassegna tante altre. Poi abbiamo detto: ma non c'è niente sui bonellidi! Che era una delle cose che appunto ci aveva appassionato quando eravamo ragazzi, perché cresciuti sull'onda del 1986 A.D., cioè Anno Dylan.
Ci siamo detti: proviamo, cominciamo a vedere se c'è qualcosa. Effettivamente ci siamo accorti che non c'era niente. E qui scatta la seconda esigenza. Cioè volevamo noi per primi leggere un saggio che non aveva scritto nessuno. Quindi ci siam guardati e ci siam detti: scriviamocelo noi.
Ci siamo messi inizialmente così, in maniera molto sportiva, a passare in rassegna le testate che ricordavamo o avevamo. Poi, piano piano, appassionandoci, abbiamo cominciato anche a comprarcele, soprattutto quelle che magari duravano 5, 6, o 7 numeri. Sulle altre magari ci siamo comprati i numeri principali. Insomma, ci siamo accorti che un lavoro del genere mancava e piano piano siamo andati a costruirlo. Quindi l'idea di partenza è stata questa.
Ci spieghi un po’ nel dettaglio come si è sviluppato il saggio?
Ecco, il saggio ha una sua storia, perché, come tutte le cose che faccio io, quando ci credo tanto (e la stessa cosa è stata per Francesco) parto. Cioè, ho in mente sempre quel film con Kevin Costner, L'Uomo dei Sogni, se lo costruisci, lui tornerà, se tu inizi col progetto sei in grado di riportare in vita i morti. Che forse è quello che abbiamo fatto, perché molte di queste testate sono morte, però evidentemente c'è ancora tanta richiesta perché l'accoglienza è stata veramente eccezionale.
L'abbiamo portato avanti inizialmente, appunto, con un lavoro proprio di schedatura dei fumetti, di ricostruzione attenta, anche cercando di capire la storia editoriale, con approccio di inchiesta, non critico. Noi nel saggio non mettiamo “questo è bello, questo è brutto, questo è disegnato bene, questo è disegnato male”, non ci sono voti né valutazioni di sorta. E non è nemmeno un approccio enciclopedico; cioè, è un saggio completo, ma a partire dal 1986. Non abbiamo coperto il periodo precedente perché volevamo raccontare proprio l'epoca che vedeva il fermento editoriale fumettistico italiano crescere, a partire dal successo di Dylan Dog, che non è immediato. Dylan Dog parte in sordina, poi diventa fenomeno editoriale e poi diventa fenomeno di costume. Ma siamo già più o meno nel 1989/1990. Chiaramente nell'ambito ci rientra anche un Balboa, che magari non era proprio nato per imitare Dylan Dog, però comunque rientra nel campo dei bonellidi. Questo è stato un po’ l'approccio.
Un saggio, ma pubblicato da una casa editrice di fumetti. Come mai questa scelta?
Ecco, questa è un’altra storia. A un certo momento entra in scena Bugs (quasi come chiamato in causa, ecco comparire Gianmarco Fumasoli accanto ad Andrea). Io anche con Gianmarco sono molto amico, ci conosciamo da meno anni, però ormai sono una decina. Bugs l'ha fondata lui, ma io l'ho vista nascere, sono socio, siamo molto legati anche da un punto di vista affettivo, oltre che professionale. E con lui io mi confronto praticamente su tutto quello che faccio. Fumettisticamente ed editorialmente parlando. E gli dico sempre tutto, anche cose che poi magari vanno da altri editori come Garibaldi o come il fumetto che adesso farò con Weird insieme a Marco e Luciano.
E quindi gli ho detto anche del saggio, ma sinceramente pensavo che mi dicesse di no, perché è un editore di fumetti che non ha mai pubblicato saggistica. E’ vero che era un saggio fortemente legato ai fumetti e lui inizialmente mi ha detto: “Beh, vabbè interessante, poi vediamo”, ma non è che ci credessi davvero. La svolta è stata quando, nel 2021, doveva uscire il secondo Samuel Stern extra; il primo era basato su una riedizione del numero 0 di Samuel Stern, che era stato molto richiesto e a cui erano state affiancate delle storie inedite. Nel secondo mancava una parte redazionale forte.
Quindi Gianmarco mi ha detto: “Ma quel saggio che stavi scrivendo con Francesco, che fine ha fatto? C'è ancora?” Dico: “Beh, sì, certo, però non l'abbiamo finito”. E lui: “Ma ci potresti fare un articolo?”
Effettivamente ci veniva e quindi abbiamo fatto un bel redazionale, che era un mini saggio che ha avuto parecchio successo. Cioè è stato letto, mentre i redazionali solitamente nei fumetti non se li legge mai nessuno. (ride ndr.) Nelle recensioni e nei commenti, insomma, il riscontro è stato più che positivo. Molti scrivevano che era proprio un bel saggio e che sarebbe stato bello approfondirlo. Ma noi avevamo già la carta pronta. Quindi a quel punto ci siamo incontrati con Gianmarco. Non abbiamo fatto nemmeno tantissima ricerca di un altro possibile editore perché lui è entrato subito e ha detto: “Sì, sì, lo voglio fare io”.
In coda al saggio, però, compare anche un fumetto che vede incontrarsi Samuel Stern, Samuel Sand e L’Insonne. Da chi è arrivata l’idea?
Da Gianmarco (Fumasoli). Aveva l'idea di allegarci questo fumetto, che è una cosa veramente speciale come evento, perché parliamo di un fumetto di lunghezza media, non 4 o 5 tavole. Sono 35, 36 tavole in cui si incontrano appunto i 3 bonellidi: i due Samuel, Sand e Stern, e Desdy che magari potrebbe aprire anche le porte a qualcosa d’altro in futuro. Chissà, sempre ammesso che si riesca a sbrogliare il problema dei diritti. Perché non si sa chi ce li ha, questi diritti, se gli autori o gli editori che non esistono più. E’ complicato!
Lì, con la presenza del fumetto, diciamo da un lato abbiamo acquisito la sicurezza che il saggio sarebbe uscito, che c'era un progetto editoriale, dall'altro lo abbiamo radicalmente cambiato, perché noi eravamo partiti con il titolo “Volevamo essere Dylan Dog” (che è rimasto come titolo di uno dei capitoli).
Però questa cosa non era molto compatibile con la Bugs per due motivi. Intanto perché la Bugs ovviamente esce con Samuel Stern, che ha faticato tanto proprio per mostrare che non voleva essere Dylan Dog. E poi perché lo stesso Gianmarco ha detto: “Io vorrei fare una cosa ancora più completa, non fate solo i dylandoghidi”, come noi li abbiamo chiamati affettuosamente, anche se è un termine orrendo. Cioè voleva che non facessimo solo tutti quei fumetti dalle tinte horror che avevano l'indagatore, il nome e cognome con due D, o due lettere uguali, ispirato a qualche attore. Voleva che li facessimo tutti. Lì ci siamo un po’ confrontati ed è nata la cosa di farli tutti, ma a partire dall'ottantasei.
Gianmarco ci sta, va bene a partire dall'ottantasei, però allora voleva anche gli altri generi, dovevamo cercare di farlo il più completo possibile. Quindi è chiaro che la mole di lavoro è aumentata, però è aumentato anche il campo di ricerca.
E questo ci ha dato l'asset, diciamo la forma che voi vedrete del saggio, vedete perché ormai è pubblicato, è quella che abbiamo deciso insieme subito con Gianmarco.
Cosa altro troveremo nel volume, oltre alle schede dei fumetti e al fumetto vero e proprio?
Ecco, oltre alla schedatura è venuta fuori una parte teorica, diciamo, perché era proprio necessaria. Ci siamo accorti che serviva una spiegazione metodologica per far capire al lettore come c'eravamo mossi e che criteri avevamo scelto per considerare un albo un bonellide, che non è solo il formato. Ovviamente il formato importa, cioè se è un 16 per 21 ed è uscito dall'86, va considerato, ivi comprese le ristampe, per esempio. C’è chi ha ristampato serie di albi che erano nati prima dell'86, ma che risalivano anche agli anni ‘60, ‘70, che poi sono stati riproposti in formato Bonellide, o magari lo erano già. Ci sono anche alcune eccezioni: the Professor, per esempio, è un fumetto diciamo piuttosto recente e, anche se non ha un formato Bonelli, l'abbiamo messo perché era chiara l'ispirazione che l’ha influenzato. Insomma, il personaggio è ispirato a un attore famoso. In questo caso Peter Cushing, e comunque era di interesse. C'erano alcuni autori, c'era Cristiana Astori, che comunque poi ha scritto per Dylan Dog, quindi questo ne fa comunque un appartenente all'era dei Bonellidi.
Ci sono pure un paio di paradossi che vengono fuori. Nick Raider è un Bonelli o un bonellide? Tu dirai: “Non è un bonellide, lo pubblica la Bonelli”. Però la IF Edizioni a un certo punto ha stampato una mini serie inedita di Nick Raider in formato Bonelli, quindi mi entra tra bonellidi, no? Jonathan Steel nasce Bonelli e poi diventa bonellide. Il viaggio, insomma, è interessante ed è articolato.
La parte teorica, quindi, introduce il metodo e contestualizza anche storicamente, anche per ridare un po’ di lustro ad alcune cose che erano sottovalutate. Giustamente, segnalava Alessandro Bottero in conferenza, in pochi hanno parlato di Lazarus Ledd e del suo valore. Che, effettivamente, il supereroistico in Italia non era mai stato fatto. Ade Capone è proprio l'emblema di come bonellide non sia solo qualcosa di sminuente. Lui è uno che se n'è andato da Bonelli per fare il suo fumetto e hai visto quanto è durato; ha fatto quello che in America hanno fatto con la Image Comics.
Cioè, non c'era solo Dick Drago. Ma anche Dick Drago, se tu lo vai a ricontestualizzare, ci ripensi un attimo prima di dire: “Ah, che schifezza che era!”. Perché sì, certo, il risultato era mediocre, ma Augusto Chizzoli (che c'è stato male, ed è morto anche in circostanze che non siamo riusciti ad approfondire; io avrei voluto sentire la vedova, ma non l'abbiamo trovata)… Lui si faceva da solo, in un mese, tutto l'albo che quelli che lavoravano su Dylan Dog, o su altre testate, facevano in un anno, quindi che risultato potevi avere? Cioè ricontestualizzare una serie di cose ti aiuta a capire come quella fosse un'epoca di fermento generale molto positivo, che poi spesso, un po’ come il ‘68, è finita come non doveva finire.
Quindi tutto è andato per il meglio? Neanche una critica?
Una critica che m'hanno portato avanti, non tanto al saggio, ma alla problematicità del saggio, giusta, è stata: “Sì, adesso c'è tanta richiesta per questo saggio, quindi sembra che ci sia tanta voglia di bonellidi e di nostalgia, ma è lo stesso pubblico che non li ha comprati all'epoca no?”. Il ché è vero. Quindi c'è una contraddizione. Ma tutto questo rende tutto molto più affascinante.
Vuoi aggiungere ancora qualcosa, su come è strutturato il saggio?
Sì, l’ultima parte del volume è dedicata alle interviste. Abbiamo ritenuto che fosse opportuno dare voce ai protagonisti dell'era dei bonellidi. Proprio per questo, quindi, abbiamo intervistato giornalisti come Sergio Rossi, il primo a memoria d'uomo a usare il termine bonellidi su Fumo di China; autori come Bilotta e Recchioni, non tanto per il loro lavoro in Bonelli, ma per cose come John Doe, Walter Buio, eccetera, ma anche Sergio Cavallerin, che in qualche modo ha portato alla nascita delle fumetterie in Italia con Star Comics, e tanti altri. Insomma, abbiamo cercato di dar voce il più possibile proprio ai protagonisti diretti.
E poi permettimi di tornare su questo fumetto che è un regalo meraviglioso, idea di Gianmarco, disegnato da Fabio D'Auria e scritto da Giovanni Barbieri, con la supervisione di Giuseppe di Bernardo e Gianmarco stesso. Ovviamente tutti gli autori dei personaggi che compaiono, che sono appunto Desdemona, de L'Insonne, Samuel Sand e Samuel Stern che è il baluardo dei bonellidi di oggi, quindi fa particolarmente piacere che l'abbia pubblicato la Bugs. Però non è nato lì, cioè è stato un incontro, un incontro divertente…
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