- Il tragico antefatto
- La sindrome (e le implicazioni) dei reboot
- Minus One: il Godzilla secondo Takashi Yamazaki
Il tragico antefatto
È il 1 marzo 1954 quando l’equipaggio del Daigo Fukuryo Maru (“Drago Fortunato Numero 5”), un peschereccio giapponese di legno lungo meno di 30 metri, vede stagliarsi nel cielo un sole mortifero: una gigantesca palla di fuoco si leva dall’atollo di Bikini. È il fungo atomico provocato dall’esplosione di una bomba all’idrogeno statunitense, denominata Castle Bravo, 1.000 volte più potente di quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Una pioggia bianca, simile a nevischio silenzioso, va a posarsi sui tonni pescati e sulle persone, sul ponte della nave. Nessuno dei marinai immagina che quel bianco mantello che ricopre ogni cosa, e penetra inesorabile negli occhi, nella bocca, nel naso di ciascuno di loro rappresenta un pericolo mortale. I marinai finiscono tutti in quarantena in ospedale, ed è subito chiaro che sono stati esposti a una ricaduta di materiale nucleare. Uno di loro muore, 6 mesi dopo, per le conseguenze di un’epatite, contratta a seguito delle trasfusioni di sangue. La nave viene sequestrata, ma nel frattempo i tonni pescati sono messi in commercio. Le drammatiche conseguenze di Castle Bravo, a nemmeno un decennio dalla devastazione di Hiroshima e Nagasaki, fanno nascere in Giappone un forte movimento anti-americano e contro i test nucleari, alimentato anche dalla consapevolezza degli effetti a lungo termine prodotti dalle bombe atomiche. La stampa giapponese commentò l’accaduto come «…il terzo bombardamento atomico alle spese dell’umanità.»
Nell’aprile del 1954, Tomoyuki Tanaka, il produttore esecutivo della casa cinematografica Toho, fu talmente impressionato dalla tragedia del Daigo Fukuryu Maru e dal B-movie Il risveglio del dinosauro (The Beast From 20,000 Fathoms), un film statunitense realizzato nel 1953 da Eugène Lourié con gli effetti speciali del mago Ray Harryhausen (che per l'occasione mise mano anche alla sceneggiatura). Egli pensò che l'idea de Il risveglio del dinosauro, cioè di un mostro millenario ridestato da un'esplosione atomica che semina terrore in città, con un evidente messaggio di monito verso gli esperimenti nucleari, era buona e suggestiva ma non sfruttata al meglio: era infatti convinto che solo i giapponesi potessero ricreare con credibilità l'atmosfera di paura del nucleare, avendola vissuta sulla propria pelle durante le tragedie di Hiroshima e Nagasaki, e quindi “trasmetterla” al pubblico attraverso le fattezze di un mostro millenario che ne diventasse il simbolo. Insieme al regista Ishiro Honda e al mago degli effetti speciali Eiji Tsuburaya iniziano la produzione di quello che, il 3 novembre 1954, diventerà il capostipite del franchise cinematografico più longevo al mondo, creatore di un genere ed icona culturale: Godzilla.
La sindrome (e le implicazioni) dei reboot
«…presso l'opinione pubblica giapponese il problema della Bomba è sempre stato tremendamente sentito, e lo era ancora di più nel 1954, quando Hiroshima e Nagasaki erano state bombardate da pochi anni, con le tragiche conseguenze che tutti sappiamo. Con quel mio film, ho voluto proprio dire che la bomba può portarci a tragedie terribili… un nuovo Godzilla è sempre pronto a sorgere per distruggere l’umanità!…»
- Ishiro Honda
Gli “agiografi” del Re dei Mostri usano suddividere la sua sterminata filmografia in Ere, che prendono quasi sempre il nome dal periodo di regno dei vari Imperatori giapponesi. Ogni era ha avuto un film di Godzilla di partenza che in un certo senso “resettava” la Saga diventandone di fatto una sorta di “reboot” (magari mantenendo alcuni riferimenti con la pellicola del 1954). Questi reboot quasi sempre coincidevano con gli anniversari cardinali dell’uscita della prima pellicola.
Il capostipite del 1954, Godzilla (Gojira), appare grandioso, perfino sontuoso nel descrivere l'apocalittica distruzione di Tokyo a opera di Godzilla. L'idea dell'incarnazione della bomba atomica in un mostro è resa perfettamente: questo essere enorme e apparentemente invincibile avanza nella città a passi lenti, inesorabili, distruggendo ogni cosa, come se fosse il ralenti dell'esplosione di una bomba. le memorie della guerra e le conseguenze della pace dominano i contenuti del film. Non dovrebbe ad esempio sfugge la battuta «Tra poco raggiungeremo papà!» pronunciata da una madre alla figlia pochi istanti prima di essere travolte da Godzilla. Ma sarebbe ingenuo considerare il mostro come un’incarnazione della minaccia USA. Godzilla è una catastrofe risvegliata da un esperimento nucleare, ma è anche una sorta di coacervo scaturito dalle anime dei soldati dell’esercito imperiale finiti sul fondo del Pacifico nel nome dell’Imperatore e che ora tornano a casa per tormentare un Paese che sembra averli dimenticati. Godzilla viene sconfitto dall’Oxygen Destroyer, una devastante arma di distruzione di massa ideata dal tormentato scienziato Daisuke Serizawa, che simboleggia l’inizio dell’ascesa giapponese come potenza tecnologica. Nota importante: queste considerazioni valgono per la versione originale giapponese e non per quella, adattata, USA (versione distribuita ai tempi in Italia).
Nel dicembre del 1984, in occasione del 30° anniversario della Saga esce, sugli schermi cinematografici giapponesi Il ritorno di Godzilla (Gojira) di Koji Hashimoto. Il tentativo della Toho fu quello di rinverdire il personaggio di Godzilla facendolo tornare terribile e distruttivo, libero da quell’alone umoristico e bonaccione di cui si era ultimamente rivestito, in una pellicola dal budget elevato e dagli effetti speciali al passo con i tempi. Ormai la leadership tecnologico-industriale giapponese è consolidata, e per sconfiggere Godzilla, dopo che i tentativi con armi iperfuturistiche e ipertecnologiche falliscono, si ricorre ad un’altra forza della natura: un vulcano.
Arriviamo nel dicembre 1999 quando esce Gojira 2000 – Millennium di Takao Okawara (inedito in Italia), il ventitreesimo film dedicato al Re dei Mostri. All’alba del terzo millennio, dopo 45 anni dalla prima apparizione, Godzilla, con un look rinnovato più terrificante e realistico, torna a devastare Tokyo e il Giappone questa volta con l’aiuto del suo antagonista Orga, che lo affronta in battaglia.
I 50 anni del franchise vengono festeggiati nel 2004 con Godzilla – Final Wars di Ryuhei Kitamura (inedito in Italia). Avulso da qualsiasi timeline e continuity della Saga, oltre a essere sostanzialmente un remake de Gli eredi di King Kong (Kaiju Soshingeki, 1968) – sono presenti ben 14 mostri del pantheon della Toho più il Godzilla USA creato da Roland Emmerich – è anche una somma di tutta la Saga del Re dei Mostri. A differenza degli altri film citati in precedenza, quest'ultimo episodio annulla gli avvenimenti del film originale, il Godzilla del film è infatti proprio quello del 1954, che invece di morire a causa dell'Oxygen Destroyer viene congelato in Antartide. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare dal titolo, che lascia intendere a un'ultima apparizione del mostro, la Toho annunciò di ritirarsi provvisoriamente dal mercato cinematografico con Godzilla per un periodo di 5-10 anni in modo da dedicarsi ad altro materiale, confermando l'eventualità di un altro episodio per il periodo 2013-2014 in modo da coincidere con il 60° anniversario della Saga.
In seguito al successo del remake USA del 2014 per la regia di Gareth Edwards, la Toho decise di dare inizio alla produzione di un nuovo film di Godzilla, che uscì nel 2016, Shin Godzilla scritto da Hideaki Anno, che ne ha curato la regia insieme a Shinji Higuchi, a sua volta realizzatore degli effetti speciali. A differenza delle precedenti produzioni della Toho, non è un seguito del film originale del 1954, bensì un reboot, in cui vengono reinventate le origini di Godzilla nel Giappone moderno. La pellicola trae ispirazione dal disastro di Fukushima Dai-ichi e dal terremoto di Sendai e del Tohoku del 2011. Shin Godzilla è una satira della politica e della burocrazia giapponese: la più grande minaccia per il Giappone viene non dall'esterno ma dall'interno, da una burocrazia governativa geriatrica e fossile che non riesce ad agire in modo decisivo a causa dei complessi e corpulenti modi burocratici del governo giapponese incapace di affrontare una crisi in qualsiasi tipo di efficienza o in modo fluido, con i membri del governo usano il sistema gerarchico per proteggere le loro posizioni a spese della vita dei cittadini. Shin Godzilla ha ricevuto recensioni positive dalla critica giapponese, ma contrastanti da parte di quella occidentale. È diventato il film giapponese d'azione live-action di maggior incasso del 2016 ed è diventato il film di Godzilla con il maggiore incasso giapponese del franchise. Ha ricevuto 11 candidature ai Japan Academy Prize e vinto sette premi, tra cui quello al miglior film e quello al miglior regista. Piccola considerazione personale: è un vero peccato che il progetto di Anno non abbia avuto un seguito (inizialmente era prevista una trilogia). Shin Godzilla è una pellicola notevole e sconvolgenti sono le ultime sequenze della pellicola che lasciano l’amaro in bocca per i mancati sequel.
Minus One: il Godzilla secondo Takashi Yamazaki
Godzilla Minus One, Il reboot di Takashi Yamazaki – apprezzato regista di The Eternal Zero; Always: Sunset On Third Street e Parasyte: Part 1 – torna alle origini in grande stile, con un avvincente dramma umano e una spettacolare distruzione di massa. Esce per commemorare il 70° anniversario della Sara, che però cade il 3 novembre 2024, quindi l’anno prossimo, da qui l’inside joke “ufficioso” del titolo: Minus One perché appunto esce un anno prima dell’anniversario ufficiale.
Essendo più vicino allo spirito dell’originale del 1954 di Ishiro Honda rispetto ad altri film della Saga, il primo film live-action prodotto dalla Toho dai tempi di Shin Godzilla (2016) è nettamente diverso dalle recenti uscite del Re dei Mostri. Prodotto a una frazione del costo di Godzilla II: King Of The Monster e Godzilla vs. Kong del MonsterVerse USA, questa pellicola – costata l’equivalente di 15 milioni di dollari – risulta emotivamente più forte rispetto ai film statunitensi, certo non può competere con gli effetti visivi iper realistici del MonsterVerse, ma non vuole nemmeno farlo. Pur continuando a creare molte sequenze d’azione abbaglianti con risorse più modeste, lo sceneggiatore-regista e supervisore degli effetti visivi Yamazaki inserisce astutamente anche alcuni effetti leggermente “traballanti”, come comparse urlanti che corrono davanti a quella che ricorda la retroproiezione “vecchia scuola”. In questo caso, e nei passaggi come quello di Godzilla che stritola fra i denti un treno di pendolari, questo film rende un amorevole tributo al film che ha dato inizio a tutto e alle dozzine di “uomini in tutte di gomma che distruggono i set di cartone di Tokyo”-film di Godzilla realizzati prima dell’era digitale.
Primo capitolo della Saga allestito come un film d’epoca, Godzilla Minus One arriva in un periodo di molte discussioni sul futuro militare del Giappone e si occupa principalmente delle conseguenze della Seconda Guerra Mondiale per coloro che hanno prestato servizio. Governi, burocrazie e istituzioni militari che si sono fatti strada per errore in molte avventure di Godzilla, si vedono a malapena qui. L’enfasi è posta direttamente sui civili che intraprendono un’azione collettiva di fronte ad un annientamento apparentemente certo. Il principale degli “eroi involontari” è Koichi Shikishima (Ryonosuke Kamiki), che incontriamo per la prima volta come pilota kamikaze negli ultimi giorni della Seconda Guerra mondiale. Fingendo di avere problemi al motore, Koichi va a riparare sull'isola immaginaria di Odo. Non appena il suo inganno viene scoperto, Godzilla emerge dalle profondità marine e attacca la guarnigione. Potendo uccidere la creatura con le mitragliatrici del suo caccia, Koichi si paralizza terrorizzato e il suo mancato intervento provoca la morte di tutta la guarnigione, tranne Koichi stesso e il capo meccanico della guarnigione Sosaku Tachibana (Munetaka Aoki) che accusa il pilota di codardia. Dopo due anni Koichi ritorna alla vita civile con un senso di colpa da sopravvissuto e un disturbo da stress post-traumatico che risulta potente grazie alla performance pienamente impegnata di Kamiki. È interessante confrontare Koichi con il personaggio centrale del grande successo di Yamazaki del 2013 The Eternal Zero, dove un pilota kamikaze è diviso tra la morte gloriosa per l'Imperatore e il desiderio di sopravvivere per la sua famiglia: il messaggio che i piloti kamikaze sopravvissuti non meritano di sopportare né vergogna né senso di colpa ha avuto una forte risonanza presso il pubblico moderno.
Tra le macerie e la disperazione di una Tokyo (che sembra che Godzilla l'abbia già calpestata), Koichi incontra Noriko (Minami Hamabe), una giovane donna che ha preso in custodia una bambina orfana, Akiko. Aiutata dalla gentile vicina Sumiko (Sakura Ando), la coppia costruisce una “famiglia” insieme per necessità, ma il romanticismo non fa parte dell'equazione finché non si entra nel vivo della vicenda. La sceneggiatura decide saggiamente che la sopravvivenza è tutto ciò che conta inizialmente in giorni lunghi e bui che iniziano a sembrare più luminosi quando Koichi ottiene un lavoro su una nave dragamine, il cui equipaggio è composto da ex militari, tra cui il burbero capitano Yoji Akitsu (Kuranosuke Sasaki) e lo scienziato Kenji Noda (Hidetaka Yoshioka), un nerd ex genio della tecnologia della Marina. Ma i tempi “leggermente” migliori non durano a lungo. Per le radiazioni dei test nucleari statunitensi dell’Operazione Crossroads (avvenuti realmente nell’estate del 1946), un Godzilla ingigantito, potenziato e ancor più feroce, si risveglia e si dirige verso Tokyo. Le Forze di Difesa giapponesi sono smantellate e gli Stati Uniti sono troppo preoccupati dalle manovre militari sovietiche per offrire aiuto, Godzilla distrugge gran parte della città, diventando la mostruosa incarnazione del trauma giapponese del Dopoguerra. Questo tema emerge prepotentemente nelle scene in cui si discute il piano proposto da Kenji per battere Godzilla, dopo il rifiuto di aiuto del governo giapponese, lasciando che siano i restanti civili e i veterani della Marina a metterlo in atto. In omaggio alla sensibilità moderna, non c’è vergogna per chiunque non sia disposto a partecipare a una missione così pericolosa. Per Koichi e compagni, sconfiggere Godzilla è l’unico modo per superare i traumi e i disordini che li perseguitano dalla fine della guerra…
Nonostante qualche caduta nel melodramma, la sceneggiatura ponderata di Yamazaki rimane salda ed è costellata di delizioso umorismo proprio nei momenti giusti. Gran parte del dramma personale è serio e sentito, ma Yamazaki ricorda sempre che siamo nel mondo dei mostri dei B-movie, ma questa volta non troppo campy. La sottile colonna sonora orchestrale di Naoki Sato è perfettamente in sintonia con le correnti emotive sotterranee del film e prende meravigliosamente vita quando Godzilla scende sul sentiero di guerra. È sempre un piacere ascoltare il tema originale di Akira Ifukube, che è ben incorporato nel paesaggio sonoro. Yamazaki riesce a trasporre con efficacia il dramma del Giappone dell’immediato dopoguerra, una nazione sconvolta ma con voglia di riscatto, e traspone questa trasformazione nella figura di Koichi Shikishima, un uomo che prima vigliaccamente diserta per poi redimersi con un atto di coraggio ed amore.
Ed è questa, forse, la principale chiave di lettura di questo nuovo capitolo della Saga: la redenzione dei “falliti” (almeno agli occhi della società/sistema), che affrontano grossi problemi senza l’aiuto di nessuno, come novelli “eroi involontari”. Al di là di questa chiave di lettura, la pellicola è tecnicamente ineccepibile: per la prima volta Godzilla è completamente realizzato in computer grafica e non con l’ausilio dell’attore nella tuta (che era stato, fino ad oggi, il “marchio di fabbrica”, dei Godzilla nipponici), le ambientazioni sono trasposte con efficacia e i riferimenti ai precedenti capitoli della Saga sono minimi e non pregiudicano la fruibilità del film.
Mentre la polvere si deposita sull'ultima furia di Godzilla, possiamo meravigliarci ancora una volta di come il Re dei Mostri che ha raso al suolo Tokyo innumerevoli volte e minacciato l'esistenza stessa dell'umanità sia anche in grado di godere dello status di amata icona culturale e ambasciatore ufficiale del turismo per il quartiere Shinjuku di Tokyo. Sebbene di solito causi distruzione e danni collaterali su scala gigantesca, Godzilla ha anche interpretato il ruolo dell'eroe alcune volte e ha salvato il mondo da temuti nemici, come Hedora, il mostro sto dall’inquinamento in Godzilla – Furia di mostri (Gojira Tai Hedora, 1972). Sia che venga visto semplicemente come un potente mostro cinematografico predatore o una metafora delle paure e dei traumi dei tempi in cui si risveglia, il fascino duraturo di Godzilla come eroe o cattivo è una vera meraviglia della cinematografia moderna. Se vogliamo pensare all’idea di qualcosa veramente certo in questo mondo, sicuramente è la capacità del sauro radioattivo di Ishiro Honda e Eiji Tsuburaya, prima o poi, di risollevarsi e calpestare il globo terraqueo un’altra volta.
Un’ultima e personalissima considerazione: i “Godzilla” lasciateli fare ai giapponesi. Punto.
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