Per analizzare Il ragazzo e l’airone realizzato in sei anni dallo Studio Ghibli con Hayao Miyazaki a dirigere e ideare il progetto si possono versare fiumi di inchiostro, ma per comprenderlo in maniera approfondita occorre vivere in Giappone o conoscerne bene la cultura, perché sono presenti tanti piccoli gesti e oggetti quotidiani come i rituali di preghiera per placare gli spiriti, amuleti protettivi, formule di saluto che hanno un importante significato. Niente paura però, visti nel contesto permettono a chiunque di comprendere almeno la funzione inerente alla storia.
Non amo fare paragoni, però lo farò solo per dimostrare come sia possibile parlare veramente a tutti: chi ama la letteratura troverà in questo giapponesissimo film anche argomenti trattati in alcune americanissime opere di Stephen King come Il Talismano e l’onnipresente mito della Torre Nera, a riprova che certe storie si possono anche raccontare all’infinito, ma con differenti stili e sensibilità possono essere sempre attuali e apprezzate.
La figura del giovanissimo protagonista che perde la madre e si ritrova a vivere un’avventura fantastica un po’ per curiosità, un po’ perché guidato da improbabili compagni, ma soprattutto per spirito di determinazione, è un classico ormai. Questo si unisce al sospetto che gran parte delle vicende siano frutto di fantasia, anche legate a una forma di elaborazione del lutto, ma sono supportate dalle testimonianze delle domestiche di fatti misteriosi avvenuti nella casa dove va a vivere. Il ragazzo riceve l’opportunità di rivedere la madre scomparsa, visitando un luogo dove la dicotomia tra vita e morte è molto labile, così come il fluire del tempo e la connessione con il nostro mondo.
La direzione artistica è quella di altissimo livello a cui ci ha abituati lo Studio Ghibli, sostenuta dalla colonna sonora firmata nuovamente da quella garanzia sinfonica che risponde al nome di Joe Hisaishi.
Conoscere Hayao Miyazaki
Per godersi la storia non occorre necessariamente conoscere il regista, però qualche concetto sul suo modo di fare e riflettere può aiutare ad apprezzare meglio i contenuti. Hayao Miyazaki è una figura importantissima nel mondo del cinema e in particolare in quello dell’animazione giapponese. I suoi film sono capaci di trattare con profondità e delicatezza temi importantissimi, spesso usando un linguaggio, sia visivo che verbale, rivolto ai bambini ma che tra le righe parla soprattutto agli adulti.
Non è facile inquadrare il suo carattere: è benevolo ma severo, dedito al lavoro ma lascia trasparire serenità, inamovibile su alcune posizioni ma di mente aperta. Tra tutte le cose che lo identificano una è la passione profonda per il volo, che in un modo o nell’altro riesce a inserire sempre nelle proprie opere. Il nome Ghibli per lo studio di animazione, infatti, omaggia proprio un velivolo italiano della seconda guerra mondiale. Ecco, in più di un’occasione l’autore ha a che fare con macchine volanti pensate per combattere, eppure i suoi messaggi sono sempre permeati dalla critica alla guerra, talvolta sottile, altre volte feroce. Lui ama il concetto del volo e il fatto che gran parte della storia dell’aeronautica sia transitata nell’uso bellico è solo un incidente di percorso. Un altro tema caro a Miyazaki è quello dell’ecologia e la preservazione della natura, argomento che quando non è centrale viene comunque preso in considerazione.
Nonostante questi concetti siano presenti, ne Il ragazzo e l’airone sono altri due valori importantissimi che assumono il ruolo chiave, ovvero il senso di responsabilità e la forza enorme che può scaturire da una forte amicizia, anche quando i rapporti sono burrascosi. Più di una volta, infatti, si noteranno riferimenti al codice del bushido, l’onore dei samurai, mai apertamente dichiarato, eppure messo in scena con chiarezza attraverso alcuni dialoghi e lo sfoggio di una katana.
Quello che segue è un piccolo spoiler-non-spoiler, cioè rivelo un dettaglio che è infinitesimale rispetto alla quantità di contenuti offerti dal film e saperlo non inificia la godibilità della pellicola. Se desiderate arrivare in sala senza alcuna sorpresa saltate pure al titolo successivo.
La katana, dicevo, non è altro che un MacGuffin, un simbolo per far comprendere le intenzioni dei personaggi ma non sarà mai realmente utilizzata. Ecco, scusate il microspoiler, però mi serve a mia volta come MacGuffin per tranquillizzare (o traumatizzare, fate voi) i puristi della tecnica narrativa. Potete tranquillamente prendere i manuali di sceneggiatura e gettarli al vento, poiché la trama fluirà naturalmente nella direzione scelta dalla sensibilità del regista senza imposizioni tecniche di sorta.
Ormai Miyazaki ha maturato l’esperienza e l’età per non seguire più alcuna regola (non che prima le rispettasse alla lettera) e si prende la libertà che vuole per raccontare la storia che desidera, in questo caso, come spesso accade, ispirandosi liberamente a un romanzo, E voi come vivrete?, facendolo proprio. Perciò, nonostante la vicenda si concluda e tutto ciò che è stato messo in scena trova la propria conclusione, ci saranno alcune scelte che non saranno del tutto coerenti con le premesse, personaggi potenzialmente interessanti che potevano essere sviluppati maggiormente e katane che non verranno sguainate (ecco il MacGuffin), semplicemente perché anche nella vita non tutto procede secondo binari tecnicamente imposti. Non si sta difendendo Miyazaki-san solo perché ormai il nome è una garaniza, bensì va compreso che il punto di vista è sempre legato al protagonista dodicenne e quindi non può conoscere alcuni personaggi prima di averli incontrati personalmente.
Godetevi il viaggio, nonostante tutto
Nel documentario Il regno dei sogni e della follia, realizzato all’epoca della produzione di Si alza il vento, ormai dieci anni fa, Miyazaki era convinto che lo Studio Ghibli non sarebbe sopravvissuto ancora a lungo e che quello sarebbe stato il suo ultimo film, sfinito da ritmi di produzione e dalla mancanza di libertà creativa che aveva avuto in precedenza, salvo poi ritrattare tutto. Questo dimostra che ha trovato una storia nelle proprie corde, che in buona parte lo rappresentava e così ricca di spunti che probabilmente risulta difficile da riassumere in un trailer. Persino in Giappone la promozione è stata blanda e misteriosa fino all’uscita del film nelle sale. Uno spirito che ho provato a rispettare con queste mie considerazioni.
Perciò il consiglio che posso dare è di godersi la storia senza cercare di interpretare forzatamente possibili segnali, perché i valori che intende trasmettere restano come sempre forti e chiari, in maniera profondamente miyazakiana. Quando sembra che il ritmo tenda a calare e le situazioni ad accartocciarsi, concentratevi sulla meraviglia visiva, perché poi il bello è sempre dietro l’angolo.
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