Credo sia uno dei più bei film animati che abbia visto negli ultimi anni. Commovente, delicato, ironico eppure leggero anche quando apre squarci su argomenti pesanti e dolorosi. La visione di questo film mi ha fatto venire voglia di rivederlo di nuovo e di nuovo. Ricordate quando era possibile restare incollati alla poltrona dicendo ho perso la prima parte, mi fermo anche per il secondo (o terzo) spettacolo? Ecco, lo avrei fatto. O avrei ricomprato il biglietto per ricominciare di nuovo, magari sarei rimasta sola, non avrei inflitto la mia scelta di nevrotica appassionata, ma lo avrei fatto.
Scopriamo la nascita del piccolo Nicolas, un personaggio nato dalla penna di René Goscinny (geniale creatore di Asterix e Obelix e Lucky Luke) e dalle matite di Jean-Jacques Sempé.
L’idea iniziale di Le avventure del piccolo Nicolas, dichiara Amandine Fredon, era quella di un documentario con inserti di filmati di archivio dei due artisti a delle storie animate del piccolo protagonista, poi si è evoluta in un film interamente di animazione. Benjamin Massoubre ammette che la ricerca dei fondi per finanziare un progetto simile ha richiesto molto tempo. L’aiuto di Massoubre per la revisione della sceneggiatura scritta da Anne Goscinny è stato importante, come ha ammesso la figlia dello scrittore, che ha creato l’immaginario infantile francese più di chiunque altro.
Benjamin Massoubre: Anne Goscinny ci ha anche dato l'opportunità di studiare i dattiloscritti e i disegni del piccolo Nicolas. E in questo mondo sempre più virtuale, riuscire ad avere un rapporto tattile con i documenti e le penne di suo padre, sedersi alla sua scrivania, ci ha trasmesso un'emozione unica che abbiamo cercato di riprodurre nel film: dovevamo assolutamente includere quel legame con il senso del tatto, con il disegno a mano, con la battitura a macchina, col fruscio dello sfogliare le pagine, con il processo creativo
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Ed è proprio la riproduzione sonora del fruscio della carta, le immagini che spariscono e riappaiono cambiate, in funzione del racconto che diverte e conquista. Le pennellate di acquerello, quei non finito che lasciano spazio allo sguardo, in contrasto al finito e dettagliato della realtà della vita dei due autori, prendono per mano anche lo spettatore adulto e lo portano in una dimensione non onirica, ma di sogno, regalano leggerezza, pur senza dimenticare le brutture e le nefandezze mondane. La vita dei due autori non è stata facile: Goscinny, che ha avuto la fortuna di vivere l’infanzia in Argentina per il lavoro del padre, ha perso la famiglia nella Shoah. Sempé ha patito un altro tipo di guerra, non meno dolorosa per un bambino: l’assenza di amore, l’assenza di un riferimento di protezione, di accoglienza. Scopriamo così fra un piano narrativo e l’altro la nascita di un’amicizia, la storia degli autori, la nascita di un personaggio a cui gli autori erano legati da una paternità, che forse rispondeva anche a necessità personali.
I disegni puliti, efficaci, ricordano la semplicità difficilissima e perfetta di Calvino, o di un testo di De Andrè, una semplicità in cui niente può essere aggiunto, o tolto perché ha la pienezza di un uovo. Il punto di vista di Nicolas avvolge, lo spettatore ritorna bambino, torna a quell’età in cui le fantasie erano più reali del vero e l’aeroplano, regalato da una nonna un po’ invadente, ma amorevole, diventava il mezzo per attraversare oceani e affrontare avventure inesorabili. E l’imperfetto del racconto diventava l’eterno presente.
Le avventure del piccolo Nicolas è un film da vedere, rivedere e rivedere ancora, un po’ come si guardano i classici di Asterix: non importa se si è alla centoventesima visione, la successiva è comunque un divertimento. In attesa che esca al cinema giovedì 15 febbraio 2024, posso solo sperare che Fredon, Goscinny e Mabrousse, insieme a tutti i reparti tecnici e artistici, ci regalino ancora altre avventure.
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