Quanto può condizionarci una ossessione?
A questa domanda potrebbe rispondere Il teorema di Margherita, film diretto da Anna Novion.
La protagonista è Marguerite, una giovane dottoranda in Matematica della Scuola Normale Superiore di Parigi. Considerata un'astro nascente della ricerca matematica, non vive che per il suo lavoro, perdonata e forse anche apprezzata per le sue bizzarrie, come il girare in ciabatte per le aule, in virtù del suo talento. Ma, imbrigliata dall'ambizione di risolvere una importante congettura matematica, non si accorge di un fatale errore nella sua dimostrazione ed entra in crisi. Abbandonata bruscamente dal suo relatore che fino a un momento prima la teneva sopra un palmo di mano, scoraggiata decide di mollare la ricerca e trovare un lavoro meno impegnativo.
Va da sé che non riesce a spegnere completamente la sua tensione verso calcoli e ottimizzazioni del lavoro. Quando contesta la validità di un questionario presso l'azienda di ricerche di mercato per la quale avrebbe dovuto lavorare come intervistatrice, si trova davanti al dilemma dell'esaurimento delle risorse economiche.
L'incontro con la spigliata aspirante ballerina Noa le consentirà di trovare un alloggio, in un quartiere multietnico di Parigi, e sarà l'inizio di un percorso di educazione alla vita, dei rapporti umani, dei sentimenti e della fisicità. Esperienze, anche bizzare, come la frequentazione delle bische dove si gioca a mah-jong, che la renderanno in grado di riallacciare il rapporto con la matematica, dandole l'equilibrio necessario per risolvere quel teorema che l'ha ossessionata per anni, trovando anche l'amore nel ricercatore che l'ha aiutata nel percorso.
In sintesi, Il Teorema di Margherita è una storia che ci racconta che per riuscire veramente nel lavoro sia necessario un equilibrio con il resto della vita.
Questo a prescindere che ci si occupi di matematica, contabilità, arte o qualsiasi altro lavoro. La vicenda di Marguerite è quella di una giovane donna che scopre tardi la sua umanità, e si rende conto che non può sacrificarla per ottenere il massimo risultato, che invece arriva quando si apre alla vita.
La messa in scena si basa sul mistero che, per molte persone, è rappresentato dalla matematica. In tal senso è facile dirimere la coltre per rendere tutto più chiaro.
Per quanto sia una parola meno spettacolare, il film sarebbe stato più preciso nell'intitolarsi "La congettura di Margherita". In matematica infatti se una ipotesi non ha una dimostrazione si parla di congettura, mentre si parla di teorema quando c'è la dimostrazione.
Nel caso del film, si parla di una congettura matematica sui numeri primi, della quale tutt’oggi non c'è una dimostrazione né una confutazione, che prende il nome dal matemtico che la formulò nel 1742, Christian Goldbach, che in una lettera al collega Eulero ipotizzò: “Ogni numero maggiore di 5 può essere scritto come somma di tre numeri primi”. Eulero trovò una forma più generale, per la quale "Ogni numero pari maggiore di 2 può essere scritto come somma di due numeri primi", che è quella che ancora oggi è oggetto di ricerca. Si possono fare svariati esempi di coppie di numeri primi la cui somma è un numero pari, ma non c'è una dimostrazione formale.
Questa congettura può quindi essere un buon esempio di un oggetto di ossessione, come fu, per esempio l'ultimo teorema di Fermat per Andrew Wiles, che ebbe un incidente simile a quello di Marguerite quando ne espose la sua prima dimostrazione. Wiles lavorò quindi molti mesi ancora per arrivare a correggere la dimostrazione.
Un'altra cosa da chiarire è che non si parla di delusioni scolastiche o di brutti voti nel film. Il dottorato è a tutti gli effetti un'attività lavorativa successiva alla laurea, pagata (poco, ma pagata), consistente nello studiare e fare ricerca.
Poteva essere messa in scena qualsiasi altra attività e qualsiasi altro ambiente lavorativo e il senso generale del film non sarebbe cambiato, ovvero la delusione o la frustrazione che si prova quando un progetto al quale si è lavorato per molto tempo ha delle falle.
Ma il film deve molto della sua riuscita al talento dell'attrice protagonista Ella Rumpf, ma anche alla capacità della regista Anna Novion e del co-sceneggiatore Mathieu Robin, aiutati dalla consulenza matematica di Ariane Mézard, di non rendere l'uso della matematica pretestuoso. Le equazioni scritte su lavagne, pezzi di carta, pareti intere, sono autentiche, non una mera pezza d'appoggio.
In conclusione, da una caso apparentemente particolare di una donna drogata di lavoro, dalla rappresentazione della matematica, disciplina che troppi considerano a torto fuori dal mondo, scaturisce una storia di persone vere, di sentimenti, di equilibri da trovare nella vita, che ha una valenza universale.
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