Le Tavole della preveggenza (edizioni Grafica G.M) è una storia ambientata in un mondo fantastico, ma estremamente vicino alla realtà dei nostri giorni.
Due donne, Ewar e Dalìs, scoprono di essere complementari, nella loro ricerca artistica e di conoscenza. La loro è una battaglia contro gli ostacoli che il destino ha scritto per farle crescere: la nostalgia, le regole, le contraddizioni d’amore, la violenza, la voglia di lasciarsi andare, la ricerca di un’autostima perduta, la voglia di essere forti e di credere nel proprio spirito e nella bellezza. Sono due donne che si ritrovano costrette a prendere delle responsabilità più grandi di loro e che devono inventarsi il modo di rimettere ordine nelle proprie vite. Fonte d’ispirazione: la musica rock.
L'autrice:
Elena Villa è nata a Savona ed è cresciuta a Vado Ligure, ha vissuto per lungo tempo a Roma e Genova, dove ha conseguito titoli di studio in campo musicale, sia in conservatorio che nelle scuole di canto jazz. E’ inoltre laureata in lingue presso l’Università di Genova, indirizzo in Comunicazione Interculturale.
Cantante polistrumentista e concertista da sempre, ha viaggiato per l’Italia e suonato nel Regno Unito, in tournée, poi in Argentina e Canada. Vive ora a Bagnolo Cremasco, vicino a Crema, dove l’ha portata il suo lavoro, la musica. E’ insegnante di canto moderno. Da sempre associa l’attività di musicista e compositrice alla scrittura, ma solo dopo la pubblicazione del primo disco del suo gruppo, i Malcondita, avvenuta nel 2004 e dal titolo “Fottutamente Gentile”, ha deciso di venire allo scoperto per pubblicare il suo primo romanzo iniziato nel 1991.
FantasyMagazine ha scambiato due chiacchiere con l'autrice:
Si potrebbe cominciare con Elena Villa che racconta Elena Villa, del rapporto con la letteratura fantasy e dell'intreccio tra questa e la musica.
"Elena Villa è una musicista. Io vivo e interpreto le cose attraverso il
codice musicale, e scrivo perché cerco attraverso la scrittura di dare forma alle immagini che vedo suonando e cantando, durante la composizione di un brano e tutte le successive esecuzioni dello stesso. Non si tratta di una scelta, ma di una necessità in tutti e due i campi. Per me scrivere musica e parole è la mia occasione di libertà assoluta, e non posso farne a meno.
Come se una forza esterna mi invadesse, senza darmi alternativa. Tutto quello che scrivo è ambientato in mondi che io definisco fantasy e che spaziano dal complesso intrigo di rapporti fra dèi vestiti da re e regine, fino a toccare le note più semplici e pure delle leggende degli Indiani d'America, attentamente mascherate dalla trama e dai personaggi. Scrivo solo di cose che conosco bene e le nascondo attentamente, attraverso la magia, l'incanto di mondi apparentemente impossibili. La musica e il mondo fantasy si sono incontrati tanto tempo fa fra le note magiche dei Led Zeppelin ed è questo incontro che mi ha folgorato."
Non può mancare la solita domanda sulle fonti d'ispirazione e sui modelli letterari, e sull'elemento scatenante che le ha fatto guardare la letteratura dal punto di vista di chi la crea.
"E buffo o sembra scontato affermare che le mie fonti d'ispirazione siano i testi di alcune canzoni, le note di brani che accompagnano documentari sui luoghi più affascinanti della terra e i miei viaggi. Ma è la verità.
L'Italia tutta con speciale dedizione per la Liguria e la Sardegna, il nord Europa, il Canada e Buenos Aires si fondono a creare paesaggi immensi e meravigliosi, come in un folle sincretismo d'immagini. Vedo documentari e film con la testa... ma leggo e amo Julio Cortàzar, Borges, mi perdo nell'infinità di libri sugli Indiani D'America, che sarebbe folle mettermi a elencare, adoro i colori di Garcìa Màrquez, l'innocenza di Celia Rees, e l'impegno di scrittori che si sono prodigati nella storia dell'Inquisizione come nella storia delle guerre mondiali. Ho amato tantissimo Elsa Morante, ho letto e riletto l'Alchimista di Coelho, Il Nome della Rosa di Eco, ma anche il gabbiano Jonathan Livingstone... e poi gli anni settanta, con i loro vestiti a specchietti e i jeans a zampa... ho amato Zola, Rimbaud e Picasso...
Credo di aver iniziato a vedere le cose dal punto di vista di chi le crea
perché non sono capace di vederle in nessun altro modo e per me la creazione fotografa le cose meravigliosamente forti della vita e impedisce alla memoria di archiviarle. Non mi è chiaro come sia successo, ma ho sempre guardato il mondo con gli occhi di chi è assetato di spunti: sono una ladra della realtà, per raccontare cose che mi esplodono dentro."
Le chiedo anche di raccontarmi in altre parole il cuore del libro, e di come il percorso di crescita delle protagoniste abbia come co-protagonista un'ambientazione fantasy (e perché dobbiamo considerare fantasy il suo libro, o meglio cosa intende per fantasy)
"Forse non si tratta di un libro fantasy? Forse mi sfugge il vero senso del fantasy, perché fatico a seguire una linea precisa. Però, secondo me le nebbie, le foreste, i castelli e i re a cavallo riescono a sopportare le motociclette e i palcoscenici, il mare e gli aghi di pino, i ragazzi che fuggono di casa e i bambini di strada, anche se invadono la loro storia, confondendosi in un intreccio di vita fra gli esseri umani e i loro dèi, troppo lontani per capirsi e comunicare. Le due donne del racconto, Ewar la regina e Dalìs la cantante, sono due esemplari di umanità mancata in cerca di se stessa. Chi ha curato l'editing del testo, una grande lettrice di fantascienza, ha definito Le Tavole della Preveggenza un romanzo psico-fantasy. Mi piace, trovo che sia terribilmente azzeccato."
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