Nel 1938 Tel Aviv, città di recente formazione, come tutta la Palestina era un protettorato britannico, secondo il mandato della Società delle Nazioni. Gli inglesi governavano con pugno di ferro tanto con gli arabi quanto con gli ebrei.
In questa situazione esplosiva, che verrà complicata ulteriomente allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, il poliziotto britannico Thomas Wilkin (Douglas Booth), vice-sovrintendente, si innamora di Shoshana (Irina Starshenbaum), figlia del cofondatore del movimento operaio sionista Ber Borochov.
Ispirato a fatti storici reali, quantomai attuali, Shoshana di Michael Winterbottom è un film che affonda nel quadro storico vicende sentimentali e personali, senza capire quale sia la direzione da prendere.
L'obiettivo ambizioso appare quello di narrare una storia senza tempo, su come i sentimenti umani e le relazioni e le aspirazioni personale possano venire stravolti contro la propria volontà, portando le vite delle persone in direzioni non volute.
Thomas e Shoshana sono innamorati e nemici, con il risultato che il loro destino appare segnato, travolto dalla Storia.
Non solo l'amore, ma anche l'amicizia, il senso di cosa è giusto e cosa è sbagliato, tutto viene ribaltato. I desideri di pace, di costruzione di un paese che possa essere una casa per tutti i popoli che vi abitano, a prescindere dalla religione, vengono spazzati via, generando catene di eventi dei quali assistiamo oggi alle conseguenze.
L'obiettivo è ambizioso, ma non riesce in pieno per tanti motivi. Innanzitutto per una messa in scena frettolosa e approssimativa, con una Puglia moderna fino troppo riconoscibile nonostante il tentativo di camuffarla. Poi per una sceneggiatura ondivaga, che non chiude tutti i suoi rivoli, e lascia perplessi per quello che trascura.
Il cast funziona, Douglas Booth e Irina Starshenbaum hanno quella che si dice "la giusta chimica", mentre Harry Melling è totalmente identificabile nel ruolo del sovrintendente Geoffrey Morton.
È un peccato, perché Shoshana, per ciò che racconta, poteva essere un film necessario per ragionare sulle radici del confilitto in corso in Palestina, e invece è un'occasione sbiadita e perduta.
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