- Sinossi
- Il quarto film di My Hero Academia
- Una storia spettacolare, interessante e anche struggente, che si fa largo tra centinaia di personaggi
- Finale
Sinossi
Siamo in un mondo in cui l’80% della popolazione mondiale ha sviluppato superpoteri. Ci troviamo in un luogo sconosciuto, anche se in un’epoca passata piuttosto recente e familiare. Quella che sembra la camera di un castello antico è illuminata dalla luce che proviene dallo schermo di un grande televisore. È in onda in diretta l’epico e disperato scontro tra il più forte degli heroes e il più terribile dei villains ( è una scena che abbiamo visto alla fine della prima stagione della serie tv).
La città di Tokyo è ormai completamente distrutta, avvolta dalla polvere, dalle esplosioni e dai detriti. Le forze dei due contendenti sono ormai al limite. L’imponente e solare All Might raccoglie tutta l’energia che gli rimane nel suo colpo più devastante, l’United States of Smash. Shigaraki, il “simbolo del male”, rimane schiacciato al suolo, finalmente immobile e inerme, anche se nemmeno questa volta sarà “per sempre”. Per All Might è comunque l’ultimo round: il suo quirk, il potere che gli consente di sprigionare tutta la sua energia, consuma parte dell’energia vitale dopo ogni utilizzo e ormai l’hero più amato è giunto al limite. Lo nasconde bene, ma ormai il suo vero aspetto è quello di un uomo segaligno e malato, lontanissimo dalla montagna di muscoli della sua immagine pubblica. È per questo motivo che già da tempo è diventato insegnante nella U.A. , l’accademia che prepara giovani eroi. È per questo motivo che a fine scontro punta il dito verso la telecamera e dice a qualcuno “you are next”: tu sei il prossimo.
L’uomo misterioso nel castello, ebbro di tutta l’energia e potenza a cui ha appena assistito, si sente direttamente ingaggiato da quell’invito. Sarà lui il nuovo All Might.
La scena si sposta ai giorni nostri. In una zona periferica divenuta campo di battaglia, al centro di una piazza che ormai è un cratere, un ragazzo con arti cyber, vestito elegantemente, è in attesa. Si prepara un caffè con un fornelletto da campo, vicino alla sua moto amaranto, mentre alle finestre lo osservano uomini armati di fucile.
Aspetta di intercettare una ragazza, Anna, che possiede un quirk che si manifesta nella forma di petali di rosa, in grado di potenziare a dismisura i poteri altrui. Non è chiaro se sia lì per aiutarla o ucciderla, anche perché il suo volto non tradisce alcuna emozione. La trova, è al seguito di un criminale in fuga dagli eroi tirocinanti della U.A. in missione per liberare la zona portuale da un gruppo criminale. L’uomo sbraita e trascina Anna con forza, si fa largo sventrando i palazzi mentre i petali lo hanno trasformato in una tentacolare macchina da guerra.
Il ragazzo, anche per la presenza dei tirocinanti, non può intervenire sfoderando la pistola che nasconde nel braccio bionico. Può solo seguire gli eventi di nascosto, spostandosi silenzioso con la sua moto, fino a che la situazione degenera del tutto.
Un gruppo di villain, che l’intelligence della U.A. identifica come affiliato alla famiglia criminale dei Gandini, fa il suo ingresso su un vascello volante. Gli affiliati, una volta schiacciati tutti i rivali sulla scena grazie alle armi e a quirk in grado di innalzare barriere per annullare i poteri, si impossessano di Anna. Il loro capo, circondato da droni con telecamera, è pronto per una importante dichiarazione in diretta, su tutti i canali.
Il capo dei Gandini si toglie la maschera e dichiara di essere lui il nuovo All Might. Il mondo cambierà e lui guiderà la rivoluzione. Il suo volto e il suo corpo sono identici a quelli dell’amato eroe, ma di fatto stringe a sé Anna e il suo gruppo non si è fatto scrupoli di usare metodi violenti. I tirocinanti dello U.A. non ci stanno a queste provocazioni e gridano alla frode.
Il giovane Midoriya urla al finto All Might di non fregiarsi di quel nome, se intende agire solo con violenza. Di risposta il leader stringe a sé Rosa quasi asciugandola, ricoprendo di conseguenza il suo corpo da petali di rosa, rendendolo “dorato”. La città viene avvolta da una luce intensa che inizia a risucchiare al suo interno auto, persone, palazzi. Tutti gli eroi, anche i professionisti, scendono in campo erigendo barriere psichiche, mura di ghiaccio o di fuoco. Niente sembra funzionare, la luce ingloba ogni cosa. Compresi i tirocinanti dello U.A.. Compreso l’uomo con innesti cyborg e la moto amaranto.
Poi la luce si ferma, quando al suo apice si è formata del tutto una specie di fortezza volante, praticamente invalicabile.
I professori dello U.A. e gli eroi professionisti dovranno stare all’esterno fare affidamento sulle capacità dei tirocinanti di abbatterla dall’interno.
Ma all’interno il gruppo dei giovani eroi è stato intanto diviso in tre gruppi. Un gruppo è capitanato dal timido ma volenteroso Midoriya, uno dal calmo e riflessivo Todoroki, uno dall’irascibile e sanguigno Bakugo. Gettandoli in zone che sembrano ambienti reali, ma al tatto appaiono del tutto “finti”, il finto All Might, ribattezzatosi Dark Might, ha in serbo per i ragazzi prove di sopravvivenza e avversari mortali. Dovranno essere in grado di dimostrargli di essere forti e degni quanto lui di diventare il nuovo “faro per l’umanità”.
Tutto sembra essere stato predefinito fin nei minimi dettagli dai Gandini, tranne la presenza del ragazzo con la moto amaranto. Perso nella labirintica struttura interna della fortezza, finito in una botola tra gli alberi di una giungla, poi all’interno di uno scivolo metallico, poi finito in caduta libera su una distesa innevata e infine inzuppatosi in una pozza d’acqua, un Midoriya spaesato, quanto rimasto provvisoriamente senza poteri, incrocia questo ragazzo misterioso. Sarà lui la chiave per salvare Anna, Tokyo e il mondo intero dall’ebbrezza di potere di Dark Might? Chi sarà il vero erede di All Might?
Il quarto film di My Hero Academia
Sono 41 i volumi complessivi della serie manga My Hero Academia, scritta e disegnata da Kohei Horikoshi e serializzata su Weekley Shonen Jump, dal luglio del 2014 fino all’agosto 2024.
In Italia siamo ancora in attesa di leggere gli ultimi capitoli, così come stiamo tutti attendendo la trasposizione animata della saga finale, che sarà sempre animata da quello studio Bones che ci ha regalato in passato anche la bellissima trasposizione di Fullmetal Alchemist. Nei prossimi mesi avremo il grande confronto tra heroes e villains, che porterà i giovani protagonisti al vero “esame finale” per diventare supereroi, intanto il cinema ci delizia con un nuovo film autoconclusivo, sempre curato da Bones, basato su una storia inedita.
Come garanzia di continuità c’è la supervisione dall’autore originale, che ha collaborato anche al chara design dei nuovi personaggi, in sinergia con Kohei Horikoshi.
La sceneggiatura di My Hero Academia: You’re next è opera di Yosuke Kuroda, già tra gli sceneggiatori di My Hero Academia, ma che i fan degli anime “più grandicelli” ricorderanno tra gli autori di Trigun, Tenchi Muyo! e di una serie anime super folle come Excel Saga. Kuroda ha inoltre collaborato a Mobile Suit Gundam 00 e al particolarissimo Gundam Build Fighters, di recente a Hellsing Ultimate e Goblin Slayer. Oggi sta lavorando alla folle serie tv tratta dal manga parodia di Harry Potter Mashle.
La regia è invece di Tensai Okamura, per la prima volta alle prese con My Hero Academia, in sostituzione dello storico regista della serie Kenji Nagasaki. Okamura è noto per essere anche l’autore del fumetto Darker than Black, nonché uno degli autori storici della Bones, appartenente a quel “gruppo originale” che partecipò anche al Cowboy Bebop di Sunrise. Ha una esperienza sconfinata nel settore anime e in vari ruoli ha partecipato a moltissime opere considerate “di culto”, da Il mio vicino Totoro a Ghost in the Shell, passando per Ninja Scroll, Jin-Roh, Spriggan. È stato il regista del folgorante corto Stink Bomb nell’antologico Memories, I racconti del labirinto e ha curato la regia di due film di Naruto, nel 2004 e nel 2005.
Le musiche sono ancora una volta curate dal bravo Yuki Hayashi.
All’infinito cast vocale che ritorna al gran completo, i nuovi personaggi hanno le voci di Kenta Miyake (Dark Might, attore vocale di lunghissimo corso, voce di Dohko in Saint Seiya: the Lost Canvas e di recente anche Avdol in Jojo), Mamoru Miyano (la voce di Giulio, voce di Epsilon nel recente Pluto di Netflix, ma anche come attore il volto del personaggio Ultraman Zero, nonché in passato cantante) e Meru Nukumi (attrice e modella, che debutta come doppiatrice nel ruolo di Anna).
Una storia spettacolare, interessante e anche struggente, che si fa largo tra centinaia di personaggi
I film cinematografici legati a serie tv animate in corso di pubblicazione sono fin dagli anni 70 un “classico” della animazione giapponese.
Tengono “impegnati” animatori e autori nel periodo di tempo che il fumettista completi un blocco di episodi che possa costituire una nuova “stagione”.
Qualche volta i film possono essere prequel o sequel diretti della serie, ma in Giappone vanno fortissimo anche dei film-compilation che sintetizzano la serie in un paio d’ore, come “ripasso veloce” in attesa della nuova stagione, aggiungendo poche nuove animazioni a un prodotto già pronto.
Qualche volta i film danno la possibilità di sperimentare un diverso approccio narrativo o provare registi diversi, senza particolari “rischi produttivi”, facendo affidamento su fan che comunque andranno a vedere i loro beniamini e magari compreranno il nuovo merchandising collegato.
Ultimo ma non ultimo motivo per importanza: il proprio cartone animato preferito “va al cinema”, permettendo piccoli raduni tra appassionati ma anche “solo” la gioia di assistere a un “episodio lungo due ore”, su grande schermo e con un sistema sonoro spettacolare.
Tra Mazinga che incontra il Generale Nero, un prequel di Captain Harlock sulla costruzione della Arcadia, Goku che incontra il “cugino” Broly, un film-compilazione de L’attacco dei giganti con animazioni 2.0, il nuovo viaggio della ciurma di One Piece in un isolotto mai menzionato sulla rotta maggiore e il consueto film o special annuale di Lupin terzo, questi prodotti funzionano.
Certo che My Hero Academia è un prodotto sempre piuttosto complicato da essere portato in sala, anche per degli assi dell’animazione moderna come lo Studio Bones.
Il mondo di My Hero Academia va gestito visivamente come un film del Marvel Cinematic Universe stile Avengers: centinaia di personaggi in scena, palazzi che crollano, gente che vola e lancia raggi, sequenze d’azione lunghissime. Bones in genere non si risparmia e ogni volta cerca di alzare l’asticella della spettacolarità: le evoluzioni tra i palazzi di Midoriya nel terzo film sono forse l’apice del loro lavoro di ricerca e sviluppo, pur nella preservazione di un risultato finale che faccia il minor uso possibile della computer grafica.
Dal punto di vista della trama, la serie presenta ulteriori criticità. Fin dalle origini il manga di Horikoshi ha una profonda vocazione alla “coralità”, di fatto abbondando di situazioni dove non è insolito vedere almeno una trentina di personaggi sulla scena. Tutti personaggi a cui l’autore riesce sempre a fornire “qualcosa da fare” o almeno una piccola battuta da dire. È una scelta stilistica “complicata”, che rende le pagine particolarmente dense di informazioni, ma che allo stesso tempo conferisce un gusto unico alla lettura. Trasmettono l’incondizionato amore dell’autore per i personaggi più “grossi e spettacolari” ma anche per quelli apparentemente più scarsi e buffi. Il bello delle trame è come tutti lavorino insieme, di fatto essendo tutti, pur nel piccolo, indispensabili.
In animazione, dove l’azione per essere intellegibile deve anche essere un po’ fluida, questi momenti corali vanno un po’ sintetizzati, di fatto tagliando interazioni e battute, ma quando parliamo di un film cinematografico di una serie molto amata, come questa, succede che abbiamo sulla scena anche più personaggi di quelli necessari. Parliamo dei cosiddetti personaggi “molto amati”, che “sarebbe bello vedere al cinema”, sostanzialmente “perché fighi”. Insomma: Non ce lo vuoi mettere Endeavor, il padre di Todoroki nonché uno dei più potenti e tormentati heroes di sempre? E la carismatica “spia alata” Hawks? C’è spazio per Lemillion dei Big 3, uno deglli hero più amati? Si può almeno citare Eraser Head? E i fan di Fat Gum e Mount Lady? E la donna drago?
Tagliamo subito la testa al toro: il nuovo film di My Hero Academia riesce abbastanza brillantemente ad affrontare con una particolare originalità le sfide visive quanto narrative.
Funziona molto bene il fatto che la “fortezza volante”dei cattivi “all’esterno” appare come una sorta di gigantesco mostro gigante, che avanza tra le strade di Tokyo. È enorme, avanza e “non parla”, qualche volta rilascia dei piccoli golem da combattimento: permette a tutto il “cast di supporto” della serie di intervenire cercando di sferrare il proprio attacco, organizzare strategie di contenimento, esibirsi negli spettacoli pirotecnici più estremi. Se vogliamo è una situazione simile a quella del “mostro finale” del film One Piece: Stampede. Nel frattempo, all’interno della fortezza, l’azione può muoversi con dinamiche diverse: con i giovani eroi “più forti”che attaccano il nemico e con gli eroi di “supporto” che cercano un modo di uscire, di fatto risolvendo delle sfide che si basano più sull’esplorazione.
Funziona altrettanto bene la scelta narrativa, se volgiamo poco ortodossa, di dare un grosso risalto nella trama ai “nuovi personaggi”. Giulio, Anna e Dark Might sanno essere tragici, interessanti e non banali, dotati di una certa cura nel loro sviluppo emotivo.
Dark Might ricerca il potere in modo distorto, sa rendersi quasi una caricatura grottesca di se stesso: di fatto convivono in lui una infantilità e senso di inferiorità che non gli permettono di comprendere il mondo che lo circonda. Anche per questo, se vogliamo, è un uomo “senza (un vero) volto”. A questo aggiungiamo il quirk di Anna, che di fatto fa perdere il controllo emotivo a chiunque ne abusi ed ecco che avremo un villain davvero disperato.
Giulio è un anti-eroe tragico, sconfitto e “senza pezzi”,che richiama molto il senso di solitudine del protagonista di quel Darker Than Black di cui il regista è autore. Al contempo ha i tratti del perfetto eroe disperato e ambiguo da western post-apocalittico, se vogliamo alla Trigun ( più il reverendo che Vash), non a caso un’opera a cui ha lavorato lo sceneggiatore di questo film. Al look tenebroso, ai modi raffinati ma “da killer”, agli inserti cyborg e alla “difficoltà a sorridere”, aggiungiamo che si muove con una moto futuristica stile Kaneda in Akira. Giulio buca lo schermo e catalizza in un istante tutta l’attenzione.
Anna è invece una ragazza rapita, con un immenso potere distruttivo che di fatto la “autodistrugge” più passa il tempo un po’come All Might, nella condizione mentale di essere per quasi tutto il tempo plagiata da una villain con poteri telepatici. È un personaggio “tragico al cubo”, nonché quasi una strega da film horror.
Sono questi tre, i veri mattatori della storia. Il resto dei personaggi si “armonizza” nel cercare di raccontare la loro storia. Come sempre c’è una parte narrativa che mette in luce il carattere di Midoriya, Bakugo e Todoroki, sottolineando il modo sempre più maturo in cui prendono le decisioni e si coordinano con la squadra. Qualche volta Midoriya fa giusto da “motivatore”a Giulio, ma nell’insieme la scelta di limare molti scambi “all’essenziale” premia, al netto di un paio di personaggi che forse non riescono a emergere. Moltissimi dettagli della trama rimangono “per i soli fan”, ma è un compromesso accettabile.
Finale
Il nuovo film di My Hero Academia convince tanto sul piano narrativo che su quello dello spettacolo, soprattutto se siete fan della serie animata. È un film pieno di ritmo ben imbottito di inseguimenti e scontri tra superpoteri, come sempre confezionato da uno studio d’animazione di primo piano come Bones, in grado di gestire al meglio tanto le scene d’azione che i momenti più emotivi. Molto buoni i nuovi personaggi introdotti per la pellicola, per tutti gli altri saltuariamente si avvertono “problemi di overbooking” nel cercare di delinearsi un proprio spazio, ma i correttivi a questa problematica risultano funzionali al positivo esito finale.
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