Il primo ottobre è uscito, edito da Star ComicsAwarè, fumetto tutto italiano scritto dal duo Alessandro Atzei e Manuele Morlacco, con la realizzazione grafica di Lidia Bolognini.

Per la prima volta la casa editrice di fumetti promuove un gruppo di autori italiani al loro esordio, pubblicando la loro opera che va sotto la testata ASTRA ORIGINALS di Star Comics.

Il fumetto, 176 pagine a colori, è ambientato a Mokmok, luogo immaginario in cui gli abitanti hanno fattezze di animali. Tuttavia, questa non è la loro peculiarità più interessante. Infatti, i cittadini mancano totalmente della bocca. Tutti sono stati privati della possibilità di comunicare tramite la voce a causa del potere discriminatorio delle parole, che in passato hanno dato vita a eventi terribili. Quindi, come ormai funziona spesso anche nella nostra società, la voce ha lasciato il posto alla tecnologia. Gli abitanti comunicano tra di loro con l’ausilio di smartphone e altri strumenti promotori di una comunicazione scritta.

In un’ambientazione che sembra quasi distopica, c’è però Awarè. Un giovane panda rosso orfano che nutre una passione viscerale per la musica e che è munito di bocca, a differenza della maggior parte dei cittadini di Mokmok.

Ad accompagnarlo in un volume alla scoperta di come si è arrivati a privare la popolazione della bocca e di come la tecnologia ha soppiantato relazioni umane genuine, sono Rebi e Moroi. La prima è una fiorista amica del protagonista, mentre la seconda è la figlia del sindaco, quest’ultimo uno dei più grandi sostenitori della comunicazione non verbale.

Tra le due ragazze è però accaduto qualcosa, il loro rapporto si è incrinato in passato e sarà proprio Awarè a tentare di ricucirlo.

Ci sarebbe molto da dire su quest’opera. Un volume che (pare) unico, che in meno di 200 pagine sa regalare tanto ai suoi lettori.

In primis, i disegni. L’impatto grafico che dona lo scorrere le immagini di Awarè è simile a quello provocato dalle opere dello Studio Ghibli: il tratto e le atmosfere lo ricordano molto. La tavolozza di colori, i disegni, il tratto morbido trasportano il lettore a Mokmok, un mondo di pura fantasia. Qui chi legge riesce a udirne i suoni, i rumori, a percepirne i profumi. Le tavole sono un incanto per gli occhi e le tinte scelte scaldano il cuore.

Il volume, poi, è ricco di avvenimenti. Attraverso i capitoli il lettore si tuffa nel mondo del protagonista e delle due giovani comprimarie. Assieme ai tre, si dipana piano piano l’intreccio e ciò che è davvero accaduto in passato viene a galla. Perché la maggior parte degli abitanti non ha la bocca? Per quale motivo Awarè ancora la possiede? Chi c’è dietro a tutto questo?

Il duo alla sceneggiatura è stato capace di tenere con il fiato sospeso fino all’ultimo, grazie all’uso di scene di azione, dialoghi serrati, tavole mute. Allo stesso tempo, ha saggiamente inserito momenti di più ampio respiro, nei quali il lettore può crogiolarsi davanti a un piatto di monoudon, “una scodella di brodo con un unico lungo spaghetto” (Awarè lavora in un ristorante di cucina asiatica).

Awarè è anche un’opera che sa far riflettere. In un mondo frenetico come il nostro sembra scontato l’utilizzo di smartphone, tablet e computer per comunicare. Ma vale davvero la pena perdere la propria voce? Rinunciare alla comunicazione verbale e all’intessere relazioni genuine?

Quella che c’è nel volume della casa editrice perugina è una forte critica alla società di oggi e al modo in cui viviamo. Il preferire la comunicazione non verbale, l’optare per uno stile di vita frenetico al posto di scegliere un ritmo lento, più in accordo con ciò che siamo davvero.

Un messaggio che arriva forte e chiaro già dalle prime pagine in cui ci si accorge che gli abitanti sono privi di un elemento essenziale del viso. Questa scelta giunge dapprima strana a chi legge perché crea una sorta di estraniazione appena si vede l’assenza della bocca, ma poco dopo si intuisce la portata del messaggio.

Awarè è un fumetto d’esordio ben riuscito e calibrato, in cui immagini e sceneggiatura hanno il loro giusto spazio. La critica che si scorge tra le sue pagine è sottile e in parte velata dalle atmosfere fantastiche, ma ha la forza prorompente di giungere al lettore.