Per cominciare lasciamo perdere il sottotitolo italiano. Le déluge film diretto da Gianluca Jodice, non ha per sola protagonista Maria Antonietta.
Si tratta altresì di un racconto che si focalizza su giorni della prigionia della famiglia reale che hanno preceduto l'esecuzione di Luigi XVI. Il film si divide in tre atti: ‘gli dei’, ‘gli uomini’, ‘i morti’.
Nel primo, l'ancora incredula famiglia reale si atteggia come se niente o quasi fosse accaduto, probabilmente con una certa licenza, se consideriamo molti eventi drammatici erano accaduti dal 14 luglio 1789, giorno in cui convenzionalmente non la presa della Bastiglia si considera l'inizio della Rivoluzione Francese, al 23 giugno 1791, giorno di inizio della prigionia alla Torre del Tempio, vicino Parigi.
Ma la licenza narrativa ha senso se lo scopo del primo atto è narrare lo spaesamento, lo stupito orrore di chi vede da un giorno all'altro travolto da un'apocalisse, accolto con il più classico degli atteggiamenti di negazione.
La scelta visiva minimalista mostra come teatro di questa parte del dramma un salone che ancora echeggia i fasti che furono, nel quale i reali cominciano a rendersi conto che qualcosa non va, ma cercano ostinatamente di negare l'evidenza, pensando che sia solo un brutto sogno dal quale prima o poi si risveglieranno. Le scelte cromatiche del direttore della fotografia Daniele Ciprì sono ancora luminose e sfavillanti, ma i bianchi cominciano ad assomigliare a quelli delle lapidi. Anche le musiche di Fabio Massimo Capogrosso seguono lo stupore e inseguono il ricordo del tempo che fu, con sinfonie che gradualmente, nel corso dell'atto, diventeranno sempre più distoniche. I campi medi e lunghi, gradualmente lasceranno posto a piani sempre più ravvicinati, focalizzati sui personaggi, a voler visualizzare il distacco dall'ambiente circostante.
Un distacco che sarà brutale nel secondo atto, nel quale inizia la vera e propria prigionia nella torre della famiglia. Luigi XVI, in attesa del suo processo e separato dalla famiglia adesso è circondato da colori scuri, smorzati. La sua vicenda personale non è più collegata, bensì parallela a quella di moglie e figli. Il dramma incombe, accompagnato dalle variazioni cromatiche e musicali. Luigi e Maria Antonietta fanno un bagno di realtà, con drammatiche conseguenze.
L'atto finale, nel quale è evidente che gli ex reali siano tutti morti che camminano, si caratterizza per sottrazione. Il processo fuori scena non è un mero espediente per risparmiare, ma una scelta di focalizzarsi sulle reazioni umane dei due consorti. È più forte ciò che non si vede, che viene evocato, di quello che si vede. I colori sono ormai funerei. La pioggia che accompagna il corteo che conduce Luigi all'esecuzione è il simbolo del diluvio che ha cambiato la storia. Per lui la musica è finita, e tutto culminerà in buio silenzioso.
Oltre che dalle efficaci scelte visive e sonore, che ricordano il '700 di Barry Lyndon, rimescolandolo di cupa modernità, il film deve gran parte della sua riuscita ai due interpreti principali, Mélanie Laurent e Guillaume Canet, anche loro più attenti a sottrarre che aggiungere alla loro recitazione.
L'efficacia delle scelte di casting non si limita a loro, perché l'intero cast di supporto è totalmente in sintonia con loro.
Le déluge è un film che ci ricorda che, per quanto quello che è un semplice uomo possa sentirsi un dio in Terra, il semplice passaggio del tempo e dell'evolversi della Storia lo travolgerà in modo ineluttabile.
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