In Iran la settantenne Mahin (Lily Farhadpour), vedova e con i figli all’estero, vive un’esistenza solitaria, con rari incontri con un gruppo di amiche storiche.
In uno di questi incontri viene sollecitata a cercare l’amore, perché non è mai troppo tardi. Quando incontra il simpatico tassista e coetaneo Faramarz (Esmail Mehrabi), all’insegna di “chi ha tempo non aspetti tempo”, lo invita a trascorrere una serata insieme, all’insegna dell’empatia e della ricerca di un contatto emotivo e fisico a lungo negato per entrambi. Ma sui due aleggia la cappa del regime e della sua rigida polizia morale che li costringe a una semi clandestinità.
Il mio giardino persiano, scritto e diretto da Maryam Moqadam e Behtash Sanaeeha, il cui titolo originale in lingua farsi sarebbe da tradurre come La mia torta preferita, è un film il cui tema centrale è il diritto all’amore a tutte le età. Ma persino la nostra “libera” società sembra porre dei vincoli, considerando ancora oggi la terzà età come un periodo della vita in cui sesso e amore sono ormai un ricordo lontano, ancora più complicato può essere dove una polizia morale impone dei precetti e delle regole stringenti.
Il tema della libertà di essere è sottotraccia, trattato in alcuni passaggi probabilmente anche forzati, ma affiora anche nella parte centrale, avente per unico set l’appartamento di Mahin, nel quale lei e Faramarz iniziano gradualmente a conoscersi, annusarsi, si parlano addosso, ballano, vivono sentimenti ed emozioni libere, come se non ci fosse un domani.
La camera gira al ritmo delle danze, si ferma nei momenti più introspettivi, esplora volti e ambienti. Anche i toni si alternano. Tragedia, commedia, comicità si alternano, non necessariamente in quest’ordine, per comporre un mosaico più complesso di quanto non sembri.
I due protagonisti generano empatia e simpatia, bucando lo schermo per capacità recitativa, reggendo il peso del film totalmente sullo loro spalle.
Il twist finale vuole fare riflettere lo spettatore, e altro non è il caso di dire.
Il mio giardino persiano non lascia indifferenti.
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