Romy è a capo di un’importante azienda di New York che si occupa di robotizzare dei processi produttivi, è sposata con Jacop un affermato regista teatrale e ha due splendide figlie che le vogliono bene. All’apparenza nella sua vita non manca nulla, ma nonostante ami il marito non riesce ad avere con lui dei rapporti soddisfacenti. Tutto cambia quando incontra il giovane stagista Samul, molto più giovane di lei e con il quale si sente finalmente libera di sperimentare le proprie fantasie. Il ragazzo in qualche modo sembra capire ciò che Romy cerca, qualcuno che le imponga la propria volontà quando, nella vita di tutti i giorni, è lei quella con il potere decisionale. Questa dinamica di sudditanza inizia a però a diventare pericolosa per Romy nel momento in cui entrano in ballo famiglia e lavoro.

La regista olandese Haalina Reijn, classe 1975, dopo Instinct (2019) e Bodies Bodies Bodies (2022) filma un thriller erotico Babygirl per A24  genere praticamente sparito dal cinema dalla fine degli anni ’90. Ribaltando il genere, si tratta di raccontare le scappatelle di una donna di potere e non quelle di un uomo, cerca il successo dei tempi che furono, spaziando da Nove settimane e mezzo a Basic Instinct e prendendo da quei film l’idea di una protagonista carismatica. Nicole Kidman dimostra di non aver paura di mostrare il proprio corpo, con un richiamo alla famosa inquadratura dell’interrogatorio di Sharon Stone nella pellicola di Verhoeven, alla pari di quanto già quest’anno aveva fatto Demi Moore per The Substance. La sua performance che le è valsa la coppa volpi come migliore interprete femminile al Festival di Venezia 2024, è il vero valore aggiunto di Babygirl, che per il resto si perde in un “voler ma non posso”.

Babygirl ha il principale difetto di essere poco trasgressivo non tanto sul piano del mostrare, quanto sul raccontare quelle che dovrebbero essere delle perversioni che si rivelano, alla fine dei conti troppo soft per parlare di film erotico. C’è poi una dose così minima di tensione che rende la pellicola impossibile dall’essere considerata un thriller, dove il rapporto tra Romy e Samul finisce per sembrare più quello di sedute di psicoanalisi che incontri di sesso selvaggio. Per questa ragione manca il senso del pericolo in cui in teoria si troverebbe la protagonista, che finisce semplicemente per essere accontentata nelle sue fantasie dal ragazzo, più che venire mai messa in pericolo, sia nei suoi rapporti famigliari che al lavoro. Il finale conciliante poi rende chiaro che l’intento della Haalina Reijn sta più nel capire se il cinema pseudo erotico al femminile possa avere oggi un mercato che indagare su come la psiche reagisca nei rapporti di forza legati al lavoro, specie quando è una donna a gestire il potere. Peccato, perché qualche guizzo di coraggio c’è, non tanto nelle inquadrature del corpo nudo e perfetto della Kidman, o di vederla bere il latte da una scodella a terra, quanto nel mostrare le punture di botulino a cui si sottopone, nella fiction come nella realtà, pur di restare giovane.