Il 21 gennaio si è tenuta la Conferenza stampa indetta dalla RAI, al Circolo Sportivo RAI, Via delle Fornaci di Tor di Quinto, a tema La farfalla impazzita, la vera storia di Giulia Spizzichino interpretata da Elena Sofia Ricci. Sono intervenuti  Maria Pia Ammirati – Direttore Rai Fiction, Matteo Levi – Produttore 11 Marzo Film, Kiko Rosati, Elena Sofia Ricci , Massimo Wertmuller, Mariangeles Torres, Antonella Di Castro – Vice Presidente e Assessore Alla Cultura Comunità Ebraica di Roma

La farfalla impazzita
La farfalla impazzita

In occasione del ricorre l’80^ anniversario del Giorno della Memoria -27 gennaio 2024- la Rai propone il film La farfalla impazzita, regia di Kiko Rosati, in onda mercoledì 29 gennaio in prima serata. Il film ripercorre la storia esemplare di Giulia Spizzichino, ragazzina ebrea romana che nel 1944 perse ventisei dei suoi parenti, trucidati dai nazisti e portati a morire ad Auschwitz e alle Fosse Ardeatine.  Il titolo si riferisce all’appellativo scelto dai familiari per Giulia che, come una farfalla impazzita, volava senza meta e senza pace. 

All’epoca della retata al Ghetto di Roma, il 16 ottobre 1943, Giulia aveva solo diciassette anni, fu testimone degli arresti del nonno, degli zii e dei cugini. 

Il crudele distacco dai suoi affetti più cari, l’atrocità di alcune scene del passato, l’hanno resa una donna fredda e distaccata, incapace di palesare amore, persino verso il figlio, il marito e la nipotina.

Come se Giulia fosse  ormai cristallizzata, intrappolata, nel suo dolore per sempre. 

Dimenticare la follia dello scempio nazista era impossibile, e la vita di Giulia è stata profondamente segnata dalla morte, da un senso di ingiustizia soffocante, che incise anche nella sua vita privata, impedendole di costruire in modo del tutto sereno le tele degli affetti più cari.  Solo mezzo secolo più tardi, Erich Priebke, esecutore materiale della strage delle Fosse Ardeatine, colui aveva eseguito l’ordine di fucilazione, viene rintracciato in Argentina, e allora Giulia si batterà per la sua estradizione e condanna, ma è costretta a riaprire i solchi profondi del suo dolore.

Un percorso arduo, colmo di sfide e di colpi durissimi che si insinuavano fin nelle pieghe dell’anima. Il dolore che Giulia aveva sigillato nel cuore, perché immenso, devastante, non condurrà però a una fine, ma a un nuovo inizio, pieno di speranza e giustizia. 

Tutto iniziò  quando fu contattata dall’avvocato Restelli, rappresentante della Comunità ebraica romana, nel tempo in cui le autorità italiane chiedevano l’estradizione dall’Argentina di Erich Priebke.  Giulia aveva paura, era reticente, poi si convinse a partire per Bariloche, la cittadina andina dove Priebke si era ricostruito una vita, allo scopo di mobilitare l’opinione pubblica in favore dell’estradizione. A Bariloche Giulia conobbe Elena, una delle Madri di Plaza de Mayo, l’associazione che riunisce le madri dei desaparesidos, che la sostenne e le diede forza. Giulia ritrovò così il coraggio di reagire, a farsi portavoce della sua istanza di giustizia in un discorso pubblico a Buenos Aires che incendiò gli animi: “…perché le vittime sono tutte uguali, come lo sono i carnefici”.

Era il maggio 1994, missione compiuta, ma il cammino era ancora lungo, si completerà solo al processo a Priebke che si svolgerà a Roma.

Elena Sofia Ricci alla conferenza stampa - Foto di Claudia Graziani
Elena Sofia Ricci alla conferenza stampa - Foto di Claudia Graziani

La protagonista del film, Elena Sofia Ricci, attraverso una magistrale interpretazione, ripercorre le tappe del difficile viaggio di Giulia; un ruolo non facile, che ha richiesto un lavoro di preparazione umana e culturale. L’attrice afferma che ha dovuto studiare non solo il personaggio in quanto tale, ma le peculiarità della stessa Giulia, che attraverso varie interviste pubbliche esplicata tratti della sua personalità che l’attrice ha fatto propri. A tal riguardo afferma: nella vita reale Giulia aveva lo sguardo fisso in alto, non guardava mai in basso, raramente guardava l’intervistatore; il suo sguardo era immerso nel passato, ripercorreva ciò che raccontava. Anche quando Giulia raccontava, con dovizia di particolari, di quando furono ritrovati i cadaveri alle Fosse Ardeatine palesava negli occhi il dolore di quei momenti drammatici. Nel film ci sono immagini di repertorio agghiaccianti della strage, che il regista ha voluto introdurre. Il dolore può raggelare, a volte  per sempre. Nel libro che ho letto, è anche riportato un altro macigno che Giulia ha dovuto portare,  un lutto terribile, ossia la perdita del primogenito Massimo. Giulia ha portato un carico notevole. Il libro parla sì del dolore, ma anche dell’unione tra donne che lottano per i diritti, per la giustizia, Noi oggi dimentichiamo spesso, afferma l’attrice, perpetriamo sul vicino, sul più debole, dunque una contraffazione continua; ma volendomi rifare a quanto detto da Giulia durante la sua conferenza in Argentina,  tutti i carnefici sono carnefici, tutte le vittime sono vittime, in ogni tempo e in ogni luogo.

E questo ci risuoni bene nelle coscienze di tutti, ogni giorno. Giulia nel libro definisce bestie i responsabili delle stragi, e poi subito dopo aggiunge che sono peggio delle bestie, perché le bestie uccidono per paura, per fame, ma gli uomini uccidono per gelosia, per rivalità, per il potere, per il denaro, e questo, a differenza delle bestie, li rende colpevoli. 

L’attrice confida ancora: sono stata onorata di interpretare questo ruolo, e immaginate cosa abbia provato quando la sera prima del processo ho saputo che il film è stato girato nell’aula in cui è stato svolto il vero processo al responsabile … Alcune frasi dette al processo sono riportate nel film, infatti il vero  Erich Priebke durante la vera udienza dice: raccontami una barzelletta, mi sto annoiando. Si può dedurre  la freddezza, il cinismo, che appartiene a quell’uomo, e come lui ve ne sono ancora tanti. Oggi siamo ancora circondati dall’indifferenza.

Nella conferenza stampa della RAI viene ascoltato il vero figlio di Giulia, il quale all’inizio forse non voleva che la madre andasse in Argentina, e non perché fosse contrario, ma perché avrebbe dovuto riaprire ferite immense, ma hanno vinto la fiducia e la stima che ha sempre avuto verso la madre. E’ stato anche chiesto al figlio se a casa Giulia parlava della sua vita, il figlio afferma che la vita della madre è stata costellata di dolori, e la condanna di  Priebke è stato un vero sollievo per lei, ha potuto avere la pace nonostante i dolori, e che del suo dolore se ne è parlato intensamente  nel 1994, durante il processo a Roma. 

Presente alla conferenza stampa anche Antonella Di Castro, Vice Presidente e Assessore Alla Cultura Comunità Ebraica di Roma, a cui viene chiesto quanto sia importante che a tal riguardo vi siano narrazioni, film: è fondamentale il racconto affinché si diffonda la storia dei singoli; nei grandi numeri dello Shoah si perde l’’umanità delle piccole storie, che sono drammi inconcepibili. Raccontare la storia di Giulia è rendere umano un numero, è lavorare su ciò che invece ha fatto il nazismo; negli occhi di Giulia torniamo a dare un volto al vuoto, che non è vuoto, ma è un grido del passato che vuole un riconoscimento, vuole giustizia attraverso una verità storica e tramite le verità storiche si  raggiunge la pace.

Il regista del film, Kiko Rosati, afferma che uno dei punti di forza del film è proprio il richiamo a una ‘’memoria’’ sempre attuale. Non si può e non si deve dimenticare. Il regista a tal riguardo, è contento che  suo figlio vedrà il suo film lunedì 27 gennaio al cinema, in quanto “Alice nella Città”, promuove un appuntamento molto formativo per le scuole, coinvolgendo 700 ragazzi delle scuole medie e superiori al Cinema Adriano di Roma alle 10.30.

Al termine della proiezione seguirà un dibattito sul senso della parola  “Memoria”, e su cos’è importante ricordare.  Con Fabiana Bettini e Gianluca Giannelli direttori di “Alice nella Città” e con il regista Kiko Rosati, si tenterà di chiarire il senso e la storia di una giornata, istituita in Italia nel 2000 ed in tutto il mondo nel 2005. Non è solo un omaggio alle vittime del nazismo, ma soprattutto un’occasione di riflessione.

Il giorno della memoria non è solo il 27 gennaio, è ogni giorno, perché siamo colpevoli, e che ciascuno interroghi la propria coscienza.

Ci sono dolori che non conoscono i limiti del tempo  e dello spazio, come è giusto che sia,  ma che se raccontati, ripercorsi, potrebbero solo migliorare un’umanità alla deriva. L’augurio è che le nuove generazioni facciano tesoro delle testimonianze, di tali atrocità, per piantare semi di un futuro più umano, sensibile e attento all’altro.