Diva Futura, ovvero la biografia ovviamente un po' romanzata di Riccardo Schicchi, fondatore dell'agenzia eponima che fu un pilastro dell’industria italiana della pornografia tra la fine degli anni ‘80 e i primi 2000. La narrazione passa per la visione soggettiva di vari personaggi: Schicchi stesso, Ilona Staller, Moana Pozzi, Eva Henger e Debora Attanasio, che non fu una delle attrici, bensì la segretaria braccio destro dello svampito Schicchi, autrice del libro Non dite alla mamma che faccio la segretaria, al quale il film è ispirato.
Attraverso la storia dei personaggi, emergono più livelli della narrazioni. Il primo è quello soggettivo, degli amori, dei sentimenti e delle aspirazioni dei protagonisti.. Ma c’è anche il livello storico. L’evoluzione del costume, del senso del pudore. Del passaggio da un’epoca di volontà di esplorazione gioiosa alla mercificazione spietata, dall’idea un po’ di naif di erotismo alla pornografia della carne femminile sfruttata come in un macello.
La storia non è raccontata in modo lineare. Si salta avanti e indietro nel tempo, cambiando punto di vista, allo scopo di restituire un flusso emozionale prima di tutto. Un approccio che funziona, che appassiona, perché torna su punti che inizialmente sembravano trascurati, e si compone in un quadro organico alla fine.
Come accade spesso nei biopic, è un film che romanza eventi e personaggi, dimostrandosi molto indulgente. D’altra parte i punti di vista presentati sono quelli di chi era coinvolto, degli amici, delle donne che hanno amato Schicchi, pertanto del tutto soggettivi. Si traccia quindi un quadro che sovverte qualsiasi luogo comune, di un ambiente di lavoro salubre e rispettoso delle persone, nel quale mobbing e molestie sono bandite, a differenza di altre agenzie concorrenti.
Visivamente non solo la ricostruzione è credibile, ma il film sembra anche girato come all’epoca, come se fosse il montaggio di materiale ripreso mentre gli eventi accadevano.
Traspare amore, interesse, passione per raccontare la storia. Una passione che fa perdonare qualche lungaggine, qualche momento in cui il film sembra indugiare sugli stessi concetti per amore di completezza.
La stessa passione per la materia traspare nella più che convincente prestazione di Pietro Castellitto, che appare autentico, vero, come se non recitasse, con un ottimo lavoro di mimesi vocale e fisica.
Il cast femminile è meno mimetico nella recitazione, dando però una credibile versione delle protagoniste della vicenda. Non vera, ma totalmente verosimile.
Anche in questo caso si approfondisce sui personaggi, ricordando che dentro i corpi esibiti c'erano e ci sono cervelli tutt'altro che vuoti.
Nel seguire il filo della vicenda, riannodando anche quello della memoria, emerge quindi un film che parla anche del tempo che passa inesorabile, di come tutto cambi e sia destinato a svanire, lasciando una struggente nostalgia per quanto di bello ricordiamo, trascurando quanto c’era di brutto.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID