Johanne è un’adolescente come tante che non si è mai innamorata. Attraverso la lettura ha iniziato a capire cosa potrebbe voler dire e desidera provare lei stessa questo sentimento. Il suo mondo cambia con l’arrivo di una nuova insegnante che per lei rappresenta un vero e proprio colpo di fulmine, bello e doloroso allo stesso tempo. La donna più grande diventa per Johanne una vera ossessione a cui pensa sempre fino a quando, grazie a un escamotage, trascorre nel suo appartamento dei pomeriggi a flirtare con lei se pure non esplicitamente. Quando però tutto finisce alla ragazza resta il desiderio di raccontare la sua storia con un libro, prima rivolto solo a se stessa ma vuole condividere quello che ha vissuto con la nonna poetessa. Il materiale è buono e lo struggimento d’amore di Johanne diventa un romanzo.

Dreams chiude la trilogia di Dag Johan Haugerud aperta lo scorso anno da Sex, presentato e premiato sempre alla Berlinale nella sezione Panorama, continuata con Love, in concorso a Venezia e si aggiudica quest’anno l’Orso d’oro al Festival di Berlino. Il racconto è la più classica delle storie di formazione adolescenziale, in cui la giovane protagonista, vivendo il primo innamoramento, entra nella vita adulta. Più che l’amore è il desiderio dell’amore il tema di Dreams, declinato attraverso le donne in tre età diverse. Se per Johanne l’innamoramento corrisponde all’abbandono dell’adolescenza e a una maggiore consapevolezza di sé, sia per sua madre che per la nonna, la lettura delle vicende sentimentali della ragazza, diventa una sorta di salto nel passato, nel limbo dorato della gioventù. Le vicende di Johanne sono insomma una miccia che innesca una malinconia per ciò che è stato, che avrebbe potuto essere e non sarà più.

Haugerud dà ritmo alla storia scegliendo un montaggio alternato, in modo che il racconto di Johanne si fermi, portando lo spettatore al presente, per poi proseguire nel mostrare che cosa è accaduto con l’insegnante. Queste pause, inserite strategicamente in una narrazione lineare, creano momenti di attesa, quasi di suspence, che aiutano a rendere più intrigante la storia. D’altra parte la voce della protagonista guida lo spettatore verso una visione univoca della relazione tra le due donne, fino a chiedersi che cosa sia reale e quanto tutto quello che vediamo sia solo il frutto della fantasia di Johanne. Forse sta proprio qui l’aspetto meno originale del film, che giungendo a conclusioni poco originali, con uno stile un po’ troppo geometrico rischia qualche volta un eccessivo didascalismo.
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