C’era una volta in un regno lontano lontano una famiglia reale che amava molto il suo popolo. La piccola principessa Biancaneve era cresciuta con l’esempio dei suoi genitori, pronta a diventare un giorno una regina altrettanto buona e giusta. La morte della madre portò però il padre a conoscere una nuova donna, bellissima e dai misteriosi poteri, la quale rivelò al sovrano la presenza di un’incombente minaccia. Il re partì allora per un paese remoto lasciando la nuova regina a governare, ma ben presto ella si rivelò per ciò che era davvero: una donna assetata di potere. Il popolo venne ridotto alla fame e Biancaneve fu costretta a fare la serva nella sua stessa casa, con l’unica speranza di rivedere un giorno il padre. Una volta cresciuta però la ragazza capì che non era più tempo di aspettare ma di agire per il bene di tutti.

Nel 2012 uscirono sul grande schermo ben due lungometraggi ispirati alla storia di Biancaneve: Snow White and the Huntsman, una rivisitazione fantasy in stile Signore degli anelli, con Kristen Stewart nei panni della protagonista e Charlize Theron in quelli della regina cattiva, e Mirror Mirror di Tarsem Singh, che virava la storia verso la commedia sofisticata, tant’è che a vestire i panni della regina era stata chiamata niente meno che Julia Roberts, mentre Lily Collins era Biancaneve. Due modi agli antipodi di reinterpretare la fiaba dei fratelli Grimm ma con il medesimo fine: lo svecchiamento. Basta donzelle in pericolo con principi che corrono a salvarle con un miracoloso bacio, ma donne emancipate capaci di combattere, anche da sole, per riprendersi il proprio regno.
Più di dieci anni dopo la Disney decide di riproporre la medesima operazione, riprendendo il proprio celebre lungometraggio del 1937 per trasformarlo in un live action con musical ma, modificando ancora una volta la storia per adeguarla ai giorni nostri. A interpretare Biancaneve è questa volta Rachel Zegler che aveva esordito nel bellissimo West Side Story di Steven Spielberg, ed è subito polemica per chi non concepisce che un’attrice di origini colombiane possa essere Biancaneve dalla pelle candida. Il film ci mette una pezza nella storia, raccontando di come da piccola la principessa avesse addomesticato la neve, ma la bufera e già esplosa e il crescente odio dilagante per la cultura woke, di cui obbiettivamente il film è intriso in ogni sua inquadratura, rende il nuovo Biancaneve un disastro annunciato prima dell’uscita in sala.

Marc Webb che aveva esordito alla regia con (500) giorni insieme, per passare poi a The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 – Il potere di Electro, cioè i due capitoli con protagonista Andrew Garfield, mancava dal grande schermo da un po’, e non se gliene può fare una colpa se il risultato del suo Biancaneve non va lontano dalla pessima nomea che ha. Sono abbastanza immaginabili le pressioni che un film del genere ha ricevuto, vittima di una ricerca di bilanciamento impossibile non solo tra la versione moderna e quella a cartoni animati, con l’evidente impietoso paragone, ma anche tra ciò che si può dire o non dire, tra ciò che si può mostrare oppure no. Qual è il giusto mix etnico dei personaggi in scena? I nani devono essere digitali oppure interpretati da attori affetti da vero nanismo? Dibattiti forse inutili (lascio a chi legge deciderlo) e che intaccano un film che pare stare tutto in equilibrio su gusci d’uova, con il risultato di condannare lo spettatore a 109 minuti di una noia difficile da superare indenni. La moralina finale poi, in cui la giovane principessa capisce di non poter scappare dal proprio dovere ma non scende a compromessi per avere la meglio sul male, naufraga in un frullato di buoni sentimenti difficile da digerire per chi ha superato i dieci anni.
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