Levon Cade è un capocantiere molto preciso nel suo lavoro. La famiglia che gestisce l’impresa edile è entusiasta di lui e lo considero un parente acquisito nonostante il passato oscuro dell’uomo. Ex Royal Marine e agente speciale antiterrorismo Levon ha una figlia che gli è stata tolta dal padre della moglie deceduta, poiché lo ritiene troppo violento per poter essere un buon padre. Lui fa di tutto per non dare ragione al suocero fino a quando la figlia diciottenne dei suoi datori di lavoro non viene misteriosamente rapita senza alcuna ragione apparente. Levon allora si mette sulle tracce dei malviventi dimenticando ogni buon proposito, disposto a tutto, anche a lasciare dietro di se una scia di cadaveri, pur di riportare a casa la ragazza.

Poco più di un anno fa usciva al cinema The Beekeeper, soggetto di Kurt Wimmer, sceneggiatore di Ultraviolet, Sfera, I mercenari 4 tanto per citare alcuni suoi film, il quale non si può certo definire una penna fine. La pellicola raccontava la solita storia di vendetta già sentita mille volte: un uomo (ex militare ultra addestrato) ritiratosi a una vita tranquilla, viene richiamato all’azione a causa dell’atto violento di criminali che non si rendono conto dell’enorme casino in cui si sono cacciati. Nel caso di Beekeeper, Jason Statham era un apicultore pronto a vendicare Eloise, la donna che gli aveva dato ospitalità nella sua casa, in A Working Man sempre Statham è un capocantiere che farebbe qualunque cosa pur di salvare la figlia della famiglia che lo ha accolto. La sceneggiatura in questo secondo caso è una collaborazione tra Sylvester Stallone che avrebbe voluto trasporre il testo di Chuck Dixon (il film ispirato a Levon's Trade) in una serie tv, e il regista David Ayer, che è stato dietro alla macchina anche di Beekeeper.

A Working Man più che la copia carbone di Beekeeper è l’ennesimo capitolo della saga da eroe action in stile anni ’90 che Jason Statham ha pensato per la sua carriera. Sulla carta sembrerebbe un’operazione fuori tempo massimo ma nella realtà il pubblico sembra ancora gradire. Lasciando da parte qualunque velleità, quali potrebbero essere quelle di regia o coreografie ricercate di un qualsiasi capitolo di John Wick, questo tipo di action punta su pochissime cose: Statham, scene d’azione non troppo complicate, una trama basica, un po’ d’idonia. Quasi una sorta di cinemarelax in cui ci si può divertire solo con la ripetizione, la prevedibilità e la reiterazione della stessa storia identica dagli anni ’80 (vedi Commando) ad oggi. Il patto con il pubblico è così chiaro e onesto che è impossibile dare qualunque tipo di colpa a A Working Man se non quella di essere un po’ troppo coerente con le proprie linee guida.

Jason Statham è comunque bravo a tenere insieme un film che per certi versi appare persino più bislacco del solito cliché. Se infatti da una parte A Working Man è perfettamente iscritto nel clima di un’America trumpiana muscolare, dove dei russi mal vestiti sono i “cattivi” della storia, dall’altra Statham è praticamente l’unico bianco in tutto il film insieme a David Harbour, che però è cieco, facendo a gara con il recente Biancaneve in quanto a rappresentazione di multietnicità e diversità.
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