Il protagonista di Ritrovarsi a Tokyo è Jay (Romain Duris), un tassista francese che vive e lavora Tokyo. Si orienta meglio di alcuni colleghi locali, nonostante la vastità del territorio, conosce lingua e costumi e ha un giro di rapporti di cordiale vicinato. C'è qualcosa che però lo tiene distante, una monade. Non è solo la solitudine che si prova immersi in un'affollata metropoli di quattordici milioni di abitanti, ma anche una storia personale tormentata, condivisa con altre persone che, come lui, hanno sposato una o un giapponese, e dopo la fine del matrimonio hanno perso i contatti con i figli. Questo perché in Giappone la legge non prevede l’affido congiunto e neanche il diritto di visita e, sostanzialmente, i figli sono "del coniuge che se li prende", con la polizia che non interviene nelle situazioni familiari per retaggio culturale. Condizione che se è aggravata dall'essere stranieri in terra straniera, gaijin, con barriere linguistiche e culturali, in realtà colpisce anche coppie di giapponesi.

RITROVARSI A TOKYO © Leonidas Arvanitis
RITROVARSI A TOKYO © Leonidas Arvanitis

Jay in realtà è allo stesso tempo speranzoso e rassegnato. Fa parte di un'associazione che cerca di supportare i genitori che sperano di ricongiungersi ai propri figli. Li aiuta a stare calmi, a essere pazienti con i muri di gomma che vengono eretti loro contro. Di suo però è sulla soglia limite. Dopo dodici anni di silenzi, di speranze disilluse, egli stesso non sa bene cosa ancora faccia in Giappone, ancora sposato a una donna che è sparita dal suo mondo, che percepisce gli alimenti per una figlia che a Jay è negato persino sapere dove abiti. Sta pensando di andarsene ormai.

Quando Jay in una delle sue corse si ritrova nel taxi una ragazza che ha l'età di sua figlia Lily, in lui si riaccende la speranza di avere trovato il suo ago nel pagliaio.

RITROVARSI A TOKYO © Leonidas Arvanitis
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La svolta narrativa innesca l’arco di trasformazione di Jay, che gradualmente ritrova tutti i sentimenti che aveva sopito, e la forza per scoprire che l’incredibile è accaduto e che adesso deve trovare un modo per costruire, nonostante l’ostilità dell’ambiente, un rapporto con una figlia che non vede da troppo tempo.

In questo senso l’arco di Jay interseca quello della sua amica Jessica, che si comporta come forse inizialmente faceva anche Jay, cercando di urlare il suo dolore, di prendere di petto una società respingente, sentendosi forte del suo diritto, e scoprendo che quelli che crediamo essere “diritti naturali”, come la genitorialità, sono dipendenti da fattori culturali più di quanto si creda.

Jay e Jessica si incontrano da posizioni opposte, poi convergono verso un punto medio, per poi divergere. Il primo ritrovando tutta la sua umoralità e la rabbia, che lo portano a fare tutti gli errori che prima sconsigliava di fare a Jessica, la quale invece gradualmente acquisisce consapevolezza e riflessività, che l’aiuteranno nel trovare una mediazione con l’ex coniuge.

RITROVARSI A TOKYO © Leonidas Arvanitis
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Fulcro della trasformazione è Lily. Quando la reincontra, Jay non sa bene cosa fare, come tutte le persone a fronte della materializzazione dei propri sogni. Si era ormai abituato a considerare la ricerca della figlia fine a se stessa, e inizialmente non sa come gestire la nuova situazione. Nell’atto finale, che cambierà per sempre tutto il mondo dei personaggi, il percorso di riavvicinamento dei due accenderà la luce della speranza che, un giorno non troppo lontano, padre e figlia condivideranno le proprie vite l’uno con l’altra. Il titolo originale, Une part manquante, rende meglio l’idea di cosa erano i personaggi all’inizio, incompleti, alla ricerca della loro parte mancante.

RITROVARSI A TOKYO © Leonidas Arvanitis
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Lily stessa è un personaggio più complesso di quanto appare prima. Come sangue misto è in bilico tra due mondi: troppo occidentale per i giapponesi, troppo giapponese per essere considerata occidentale. Cerca una sua identità, in un mondo statico e patriarcale che non riesce ad accettare l’idea della complessità e cerca di ridurre e categorizzare. Emblematico di questo mondo è il muso duro della nonna di Lily, che ostenta tutto il suo disprezzo verso Jay, senza tenere conto della stessa figlia, la madre della ragazza, appiattita in una posizione che scopriamo essere forse non totalmente sua.

RITROVARSI A TOKYO © Leonidas Arvanitis
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La regia di Guillame Senez punta molto sull’incrocio degli sguardi, sui dettagli, costruendo un campionario di emozioni visive che non lasciano indifferenti.

Duris, che ha imparato il giapponese pur di entrare nella parte, è immersivo, quasi di metodo nel suo personaggio, del quale rende credibile la trasformazione.

Ma nel cast nessuno demerita, dall’emozionale ed emozionante Judith Chemla nel difficile ruolo di Jessica, alla luminosa Mei Cirne-Masuki nel ruolo di Lily, che spero abbia una lunga carriera davanti.

Ritrovarsi a Tokyo è un film che merita la visione.

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