Il terzo episodio della seconda stagione di Doctor Who è diretto nuovamente da Amanda Brotchie, la stessa dietro la macchina da presa di Lux, che sembra trovarsi a proprio agio con le storie da pelle d'oca.
La missione del Dottore ormai è quella di riportare Belinda a casa, il 24 maggio del 2025, ma qualcosa impedisce al Tardis di farvi ritorno, sbalzandolo lontano. Così segue il segnale del vortice del tempo attraverso il curioso strumento battezzato Vorticatore, che questa volta lo porterà in un lontanissimo futuro per vivere una terrificante esperienza in una colonia mineraria dove un pozzo profondo nasconde qualcosa dal quale non ci si può nascondere.
La nostalgia di casa si fa sentire per Belinda, ma anche l'idea di vivere avventure impossibili la alletta davvero, che comincia sinceramente a fidarsi del Dottore, nonostante due volte su due si sia ritrovata a combattere per la sopravvivenza. E ovviamente, non c'è mai due senza tre.
Finalmente in questa stagione si consolida una tradizione iniziata nella precedente e appena accennata ancora prima: si da un senso al guardaroba più grande all'interno del Tardis. Tra costumi e tute spaziali si dimostra che non c'è buono o cattivo tempo (e relativa dimensione dello spazio), ma c'è buono o cattivo equipaggiamento. Di certo manca un po' vedere il Dottore in "uniforme", ma ora risulta maggiormente integrato con il periodo storico dell'episodio.
Nella struttura desolata si incontreranno personaggi dotati di spessore e molto motivati. Le loro reazioni di fronte all'ignoto traghettano tutta la vicenda con scioltezza, approfondendo un po' per volta la storia della colonia e insinuando un oscuro presagio, che dà un senso a piccoli dettagli disseminati negli episodi precedenti.
Nonostante in un'occasione risulti un po' didascalico e il Dottore abbia tergiversato dove non ce n'era bisogno, si capisce che sono scelte necessarie per aggiungere enfasi e tensione, in un altro episodio molto ben riuscito.
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