Sulle console portatili è sempre esistita la moda di proporre giochi già visti. L’operazione di recupero intentata da UbiSoft con Tales of Eternia è però differente, più sottile e, se vogliamo, più meritoria. Tales of Eternia non è un gioco già visto, ma per molti un gioco al massimo già sentito nominare, magari in modo diverso.
Pubblicato originariamente per PlayStation in Giappone nel 2000, arrivò l’anno seguente negli States come Tales of Destiny II. Poi saltò l’appuntamento europeo e così il vecchio continente rimase a bocca asciutta, lontano dal gioco di ruolo (GdR) targato Namco per un lustro abbondante.
Fino a oggi, perché a volte capita che il retrogaming passi per i canali ufficiali e a qualche titolo sia concessa l’opportunità di una seconda vita. Tanto che, nonostante i sei anni sul groppone, Tales of Eternia conquista facilmente la palma di miglior GdR di stampo nipponico al momento disponibile per Psp. La strada percorsa dall’adattamento calligrafico promosso da UbiSoft è infatti quella del portatile Sony, dell’avventura da viaggio, a dispetto della quarantina di ore necessarie per portarla a termine.
Non sono segnalate particolari differenze tra la nuova edizione e quella per PlayStation, terzo esponente della serie Tales of dopo Tales of Phantasia (per Snes, 1995) e Tales of Destiny (per PlayStation, 1997), che peraltro non è necessario aver giocato per raccapezzarsi con Tales of Eternia. La trama affronta un soggetto usuale, l’amicizia, presentando il classico gruppo di adolescenti costretti a lottare insieme per uno scopo comune, ovvero la salvezza del mondo. Anzi, dei mondi.
Lo spunto per dar avvio alla rocambolesca avventura dei tre ragazzi protagonisti, le cui vicende si incroceranno con quelle di altri personaggi nel corso del viaggio, è il cataclisma cosmico per il quale i pianeti della dualistica dimensione fantasy di Eternia, composta da Celestia e Inferia, entrano in rotta di collisione.
Su quest’ultimo vivono Reid e Farah; sul primo Meredy, che cade dal cielo su Inferia per lanciare l’allarme e si imbatte negli altri due. Per scongiurare il peggio, i giovani eroi si trovano a intraprendere un cammino iniziatico fatto di vagabondaggio, lunghe chiacchierate, dungeon, frequenti incontri casuali con mostriciattoli, battaglie un po’ particolari e il consueto impiego di ore volto ad accrescere il bagaglio numerico-statistico della compagnia.
Lo scopo è collezionare gli spiriti di preziose creature elementali, gli unici capaci di opporsi alla “grande caduta” che minaccia l’equilibrio di Eternia. Mai veramente approfondita o differenziata dagli archetipi nipponici più diffusi, non è però la storia il piatto forte del videogame, che punta su altre qualità, a cominciare dal sistema di gioco atipico per il genere, meno per il pubblico dei GdR Namco.
Si chiama Linear Motion Battle System e, al posto che sulle logiche a turni, si fonda sul combattimento in tempo reale. Gli scontri avvengono su scenografie bidimensionali a scorrimento orizzontale, quasi a far assomigliare Tales of Eternia a un beat’em up della vecchia scuola, coi nemici in arrivo da entrambe le direzioni e il giocatore impegnato a tamponare i loro assalti e rispondere coi propri.
Direttamente si controlla Reid, il leader della comitiva, correndo a destra e a sinistra, giostrandosi tra attacchi con la spada e poteri magici. Le mosse degli altri membri del gruppo sono governate dall’intelligenza artificiale, che può essere programmata secondo schemi specifici, attraverso un pratico menu.
Il ritmo di gioco che si viene in tal modo a creare è piuttosto concitato, senza tuttavia limitare il peso strategico delle battaglie. Per sconfiggere un bestiario quanto mai coriaceo, è necessario organizzare bene le proprie forze e padroneggiare a fondo le 'regole' della partita.
Ogni scontro, anche quello apparentemente più semplice, richiede raziocino e l'attuazione di tattiche peculiari. La bontà della ricetta preparata da Namco è testimoniata dal fatto che risulta invitante ancora oggi, così come gli altri aspetti della mistura, siano i Craymel (gli spiriti di Celestia e Inferia da combinare tra loro e coi personaggi per sperimentare nuove tecniche magiche) o i cibi da cucinare secondo i suggerimenti dello 'chef delle meraviglie', per ottenere gli effetti più svariati.
Dove Tales of Eternia addirittura stupisce è nella bellezza estetica. A esclusione della mappa pseudo-tridimensionale che collega le ambientazioni del gioco, il videogame Namco è impreziosito da un disegno curato nella migliore tradizione del Sol Levante. I fondali sono quadri 2D ricchi di colori e particolari, esattamente come gli omini, realizzati con un tratto delicato che porta le firme di Mutsumi Inomata, artista nota agli appassionati di Tales of, e Noriyuki Matsutake.
La brillantezza dello schermo Psp e l’inedita prospettiva allargata dei 16:9 non fanno altro che evidenziare la qualità del lavoro, che comprende anche ottimi filmati anime curati dalla Production I.G. (la società di Mitsuhisa Ishikawa e Takayuki Goto alla quale si è rivolto Quentin Tarantino per Kill Bill vol. 1). Multimedialità confermata dalla presenza di abbondanti dialoghi parlati, una delle ragioni per cui ieri, su PlayStation, Tales of Eternia era suddiviso in tre cd, mentre oggi, su Psp, si accontenta di girare su un unico umd.
Miracolosamente senza consumare troppo, come invece molti suoi parenti, le precarie riserve energetiche della mini console Sony, ricordate dalle tacche di una barra in sovrimpressione. Merito del 2D, che oltre a resistere meglio dei poligoni allo scorrere del tempo, sembra quasi cristallizzarlo virtualmente.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID