E il tempo passava, come sempre fa il tempo. Lo declamava la voce fuori campo in un film di cui non ricordo né argomento né facce. Una frase come un’altra, risultante dal miscuglio curioso fra una sorta di similitudine apparente di dantesca memoria e un’eco di depressione retorica. Un espediente. Ecco, soltanto un espediente, per legare in modo indolore una dissolvenza incrociata a un habitat modificato dal susseguirsi delle stagioni.
E il tempo passava, come sempre fa il tempo. Un espediente, d’accordo, ma un espediente che sprigiona microscopiche scintille per una riflessione: ma è davvero così che fa il tempo? Sempre?
Risposta facile, persino scontata. Cosa vuoi che faccia il tempo oltre che passare troppo in fretta! rimbeccherebbe il vostro capoufficio, tutto preso dal pensiero oneroso di dover completare, entro le sedici e trentotto del prossimo venerdì, le previsioni budgetarie relative alle voci economiche per la manutenzione degli apparati trasmissivi.
E dal suo personalissimo angolo di visuale il vostro capoufficio ha perfettamente ragione: il venerdì viene subito dopo il giovedì e prima del sabato, che è giorno di riposo e quindi non conta, e rappresenta l’ultimo frammento temporale sfruttabile per il raggiungimento dell’obiettivo aziendale e, conseguentemente, una buona occasione per strappare l’auspicato fuoribusta di gratifica. E’ naturale, quindi, che nella sua mente aziendalmanageriale tutta protesa verso la qualità totale, il trascorrere del tempo assuma connotazioni definite, inconfutabili e deformate, tanto deformate che, in quella visione parziale, i giorni decidono di morire nei frammenti ininfluenti di sospiri di pulce e le ore di spegnersi nelle misure postfunerarie stabilite dagli spasmi tardivi di una rana di laboratorio.
E il tempo passava, così come sempre fa il tempo. Un espediente, dunque: è questo il termine giusto per definire il tempo? A dire il vero, ce n’è un altro più ricorrente (notare come ricorrere costituisca già una forma verbale che vanta presunzioni cronologiche) ma che, in definitiva, propone istanze concettuali similari, e il termine è convenzione. La sentenza definitiva e inappellabile, ratificata sia dalle voci più autorevoli della metafisica che dalla massaia rubiconda che spinge il carrello lungo lo stand fruttaeverdura del supermarket, risulta articolata grosso modo nei termini che seguono: il tempo, si sa, è una convenzione, ma l’umana intelligenza, pressata dalla necessità di stabilire punti di riferimento atti a segmentare… e bla bla bla… E’ una conclusione sensata, indubbiamente, una considerazione esaustiva che, apparentemente, non concederebbe spazio a corollari esplicativi o a chiose argute; ed è per questo che uno compra un Rolex da quindicimila euro e lo lustra tutte le sere con lo spray al silicone.
Eppure… eppure, una piccola schiera di buontemponi, poco soddisfatta dalla riepilogativa definizione appena enunciata, ha deciso di complicarsi e complicarci l’esistenza, arzigogolando bislacche considerazioni sulla questione. Questi curiosi personaggi, ognuno a suo modo e per il proprio tempo, servendosi di strane teorie partorite probabilmente in persistenza di stati mentali alcaloidati da dosi massicce di mescalina, hanno provato a insinuare nel cervello dei metafisici e della massaia rubiconda (che nel frattempo ha raggiunto con il suo carrello lo stand delle OFFERTE DEL GIORNO) l’idea a dir poco balzana che il nostro famigerato protagonista (sempre lui, il tempo) non possa considerarsi nemmeno una convenzione; da particolarissimi punti di vista, non esiste – osano infatti affermare più o meno testualmente i buontemponi - ovvero se esiste è possibile aggirarlo o quanto meno decidere di non prenderlo in considerazione. E lo dicono con una tale sufficienza da risultare decisamente irritanti.
Della Legione per il tempo alternativo fanno parte categorie di fatto diverse, che prendono spunto da istanze differenti e si propongono, di solito, finalità non coincidenti. La redazione di un sintagma esaustivo, in grado di riunire in un report ben incorniciato classificazioni e subclassificazioni, gruppi e sottogruppi, richiederebbe come minimo una elaborazione in Excel, comprensiva di un lungo DB e una serie di complicati filtraggi. Tuttavia, una mente patologicamente sintetica, potrebbe limitarsi a collocare le risorse umane della Legione in tre lapidari elenchi: Buontemponi di Scienza, Buontemponi di Fantasia, Buontemponi di Spirito (tre liste curiose, sono d’accordo, ma non è forse in questi tentativi di reportistica che una mente eccessivamente sintetica può palesare la microlarva di una nuova patologia?).
In ogni caso, è chiaro che del primo gruppo faranno parte tutti quei cervelli strambi che, per giustificare le proprie teorie sul non-tempo, hanno deciso di scomodare leggi fisiche e/o principi matematici.
E in cima alla lista potremmo collocare quel tale Albert Einstein che, rubacchiando equazioni e trasformazioni ai matematici Maxwell e Lorentz (due signori che, seppure trasversalmente, troverebbero posto nelle posizioni alte della lista medesima, fra Newton e Minkowski), articolò quella teoria tanto nota quanto improbabile che chiamò Relatività Speciale. La microlarva della sintesi mi obbliga a sorvolare su concetti quali l’assolutezza della velocità della luce o l’immaterialità di un etere fantasma e a rimandare la trattazione analitica della teoria; mi limiterò a ricordare che l’arzigogolo, infarcito di paradossi spazio-temporali, tendeva fondamentalmente a insinuare il subdolo sospetto che, supposta una quantità fra gli eventi (che il nostro buontempone chiamò intervallo) e stabilito che tale quantità vada relazionata all’apparente velocità di passaggio del tempo per un osservatore, più veloce un oggetto (o, in un moto di ottimismo, un soggetto) si muove, più lento sembra passare il tempo. Conseguentemente, per un oggetto (o per un soggetto) che riuscisse a raggiungere e superare una determinata velocità (nella fattispecie quella della luce, 300.000 km/s) la dimensione temporale (la quarta, per convenzione) si dissolverebbe in un plof sibilante e l’oggetto stesso (o il soggetto) si ritroverebbe in una sorta di quinta dimensione, quella della contemporaneità perenne, un limbo metadimensionale all’interno del quale il medesimo oggetto (o soggetto) potrebbe permettersi di prescindere da ogni istanza spazio-temporale, e magari potrebbe decidere di fare un capatina nel passato e/o nel futuro degli oggetti (o dei soggetti) immobili (quelli, cioè, che non si muovono alla velocità della luce e che quindi conservano i concetti di passato e futuro). Nessun commento.
In fondo alla citata lista, ma per una questione puramente… cronologica (ahi! ahi! ci risiamo!), potremmo invece collocare quell’Igor Novikov, con il suo Principio dell’ultima azione. Anche in questa occasione la microlarva della sintesi mi suggerisce di evitare una spiegazione particolareggiata del Principio (i più ostinati potrebbero trovare maggior soddisfazione ripescando, fra i mucchi cartacei di una bancarella dell’usato, l’Urania n° 1305 del marzo 97, dove un informativo Franco Forte, nell’articolo titolato Caro H.G.Wells, forse è fatta, dà della teoria una spiegazione a prova di massaia del supermarket). Basterà ricordare che il buontempone Novikov spera di farci credere che, per poter prescindere dal tempo, e muoversi a ritroso nei continua spazio-temporali, sia sufficiente aggregare una Time Machine (già chiamata wormhole da qualche altro buontempone che nell’abbozzo dell’idea lo aveva preceduto) costituita da un tunnel e un paio di buchi neri (per la massaia del supermarket, il buon Franco Forte aggiunge una palla da biliardo) e studiare delle traiettorie angolate, che riescano a eliminare il rischio degli eventuali scontri paradossali che un viaggio nel tempo potrebbe proporre.
Ancora una volta, nessun commento, ma credo che gli esempi citati siano sufficienti a fornire un’idea della tipologia di soggetti che potrebbe popolare la prima lista.
Nel secondo elenco, invece, quello dei Buontemponi di Fantasia, troverebbe posto un vero e proprio esercito di malati di mente (scrittori, registi, sceneggiatori) che, nella finzione letteraria o filmica, e al solo scopo di prospettarci un tempo scaduto (scaduto nel senso di privato della sua peculiarità, naturalmente), si sono presi la briga d’inventarsi i marchingegni e/o i metodi più bislacchi atti ad aggirarlo, distorcerlo, dilatarlo, comprimerlo, angolarlo, annullarlo.
A puro titolo d’esempio, potremmo collocare in cima alla lista il già citato H.G.Wells e quel carrettino da gelati cui diede il nome di Time Machine; in fondo all’elenco (ma solo per voler citare un buontempone che, a giustificazione delle sue elucubrazioni, ha scomodato concetti fisici di gran lunga più sofisticati rispetto a quelli utilizzati dai suoi predecessori) potremmo inserire il nome di John Crowley, ricordando la sua esilarante analisi delle possibilità e dei limiti di quella che egli stesso definì logica ortogonale (i più ostinati potrebbero tornare alla solita bancarella a cercarsi il suo Great Work of Time, nell’Urania Millemondi Primavera 1995).
A proposito, un signore che potrebbe ben figurare sia in questa lista, come buontempone di Fantasia, sia per certi versi nella successiva, come buontempone di Spirito, è quel Jorge Luis Borges che ipotizzò l’esistenza di un punto al di fuori dello spazio e del tempo e che chiamò Aleph. A sentir lui, da quel punto, sostando in una sorta di limbo ultradimensionale (notare le inquietanti analogie con la teoria dell’Einstein capolista del primo elenco), si potrebbe avere la visione contemporanea ed extratemporale dell’intero Universo (figuriamoci!), con facoltà di poter rientrare a piacimento nel tempo e nel luogo preferiti. A uso e consumo dei soliti ostinati, l’allucinata teoria è sviscerata nel racconto intitolato El Aleph, contenuto nell’antologia El Aleph (appunto!), un libro del 1952 di cui Feltrinelli, nell’ottobre del 1996, aveva già proposto la venticinquesima edizione). Che dire? Tempo davvero scaduto!
Ma, rilevata questa curiosità, veniamo all’ultimo elenco, quello riservato ai Buontemponi di Spirito. Considerato che un titolo siffatto potrebbe dar adito a comprensibili ambiguità (intrappolando la massaia del supermarket nella ragnatela di un equivoco fuorviante), puntualizziamo subito una cosa: comici e cabarettisti non c’entrano. Questa particolarissima lista potremmo invece riservarla ai numerosi gruppi di spiritualisti che, nella deleteria bramosia di improbabili ricongiungimenti anticipati con la Divinità, si sono lasciati invischiare da esoteriche costruzioni, all’interno delle quali (e il più delle volte) l’elemento temporale (e non solo quello) muore in stadi extradimensionali di Conoscenza.
Chiarito il possibile equivoco, e nel rispetto irrinunciabile della microlarva della sintesi, mi limiterò a sottolineare che questo terzo e ultimo elenco risulterebbe di gran lunga il più corposo, dovendo comprendere (tanto per cominciare) la citazione imprescindibile di una schiera infinita di buontemponi d’Oriente: lamaisti, taoisti, sufisti e/o, più genericamente, tutti gli esponenti di spicco di religione Buddhista o Induista, influenzati direttamente o indirettamente dalla Scuola Tantrica; seguirebbe una seconda schiera (un po' meno che infinita) popolata da quelli che potremmo chiamare recettori d’Occidente (di solito gente fuori di testa, convinta d’essersi reincarnata nel posto sbagliato) e, infine, una terza (ancora per l’Occidente) che ospiterebbe i nomi di curiosi personaggi che potremmo definire, per brevità, buontemponi ermetici (vi auguro sinceramente di non dovervi mai imbattere in uno di loro, specialmente se di scuola catara; tenterebbe di convincervi che esistono tre tipi di tempo, quello scientifico galileiano, misurato dall’orologio, quello vissuto e il tempo dell’ermetismo, che non è di questo mondo, ma rimane esterno a quello concreto, come la sorgente di un fiume è situata al di fuori del fiume stesso).
Questa, dunque, potrebbe essere la struttura degli elenchi, e questo è quanto. E considerato che, tutto sommato, il tempo è passato, come sempre fa il tempo, e la massaia rubiconda ha già raggiunto la cassa e raccattato i bollini per gli omaggi di fine mese, aggiungerò soltanto una semplice osservazione: non è per niente difficile inventarsi costruzioni arzigogolate per convincere (e autoconvincersi) della possibilità di un tempo alternativo capace di galleggiare, al di fuori delle dimensioni conosciute, in una contemporaneità perenne. E ognuno di noi, attingendo a qualcuna delle pseudoconcezioni accennate, potrebbe improvvisare nuove teorie oppure, per fare di più e di meglio, pescare fra le allucinate argomentazioni che hanno ispirato le tre liste e combinarle insieme, assumendo la personalità inedita e onnicomprensiva di Buontempone di Scienza, di Fantasia e di Spirito. Con risultati anche migliori.
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