La coerenza interna di un’opera è avere un’opera con una prima pagina e un’ultima pagina legate da tutte quelle nel mezzo, senza che una sia più importante delle altre. Tra loro le pagine sono democratiche, cosa credete; sforzatevi di esserlo anche voi.
Di più: dovreste essere divini e legare le pagine del libro a quelle che nel libro non finiranno mai, quasi foste architetti di dimensioni parallele, unendo la storia narrata ai retroscena e all’ambientazione e… e ancora… insomma, al non-detto, in modo che il lettore percepisca il legame pur non trovandovi traccia scritta; non limitatevi, cioè, a rendere coerente soltanto ciò che avete scritto, ma tutto ciò che avete ideato.
E non credete che il lettore non se ne accorgerà: il lettore spesso riconosce la cura, come spesso riconosce la trascuratezza.
Scrivere un romanzo è tessere una tela con tanti fili diversi per lunghezza, spessore e colore, e avere infine l’abilità di incrociarli con tale maestria da formare un volto.
Certo, il vostro volto, se avrete guardato con sufficiente attenzione, se sarete stati onesti con voi stessi prima ancora che con i vostri eventuali futuri lettori. Il vostro libro sarà un pezzo di voi, uno scorcio della vostra anima, volenti o nolenti.
Vi rendete conto del valore che questo ha? In quelle righe e tra quelle righe ci siete voi, in un modo o nell’altro, più o meno. Voi. Non dimenticatelo. Non dimenticatelo e rendetevi giustizia, curando nei dettagli la vostra storia, ché non siete mai veramente fregati finché ne avete una da raccontare… con passione, aggiungo io. Troppi raccontano per mestiere; fatelo perché sentite di farlo, prima ancora di volerlo. Non fatelo mai perché dovete: sarà soltanto una gran perdita di tempo.
Vi faccio una domanda: voi, per quanto bizzarri siate, credete davvero di poter essere incoerenti? Incoerente può essere una frase rispetto a un’altra, un gesto che segue un altro… a chi non è mai capitato di essere incoerente in qualche occasione? Tuttavia voi – noi tutti – nella vostra interezza siete coerenti.
Una volta di più: duplicare un pezzetto della vostra anima, pur manipolandolo per deformarlo, migliorandolo o meno, deve portare a un unico risultato, anche se d’aspetto infinitamente variabile: a voi.
Alla coerenza interna e, quindi, alla coerenza interiore. Non so cosa pensate di queste mie parole, ma sappiate che credo profondamente in quanto ho appena scritto: ogni vostro libro è legato da fili invisibili al non-detto.
Credevate forse che il non-detto fosse soltanto i luoghi dell’ambientazione che non avete visitato, i segreti e i dettagli nascosti, i passati dei personaggi che non avete raccontato, eccetera eccetera? Non è così: ogni vostro scritto è legato con almeno un filo invisibile a voi stessi.
Se un giorno vi renderete conto d’aver prodotto un testo che non vi è legato in alcun modo, cestinatelo senza indugio. Per quanto siate abili con le parole, un vostro scritto in sé non ha alcun valore se non diviene arte; vi dice qualcosa il fatto che pubblicare non significa che verrete ricordati? Sapete quante volte me lo sono detto?
Non valiamo un fico secco in quanto esseri capaci di comunicare per iscritto, se ciò che scriviamo non trasmette ciò che siamo.
Voi avete iniziato questo piccolo viaggio attraverso un nuovo mondo per scrivere di luoghi fantastici, siano essi proiezioni della realtà o pura fantasia o le innumerabili commistioni possibili.
Io vi ho detto che se volevate fare un buon viaggio, avreste fatto bene a partire da una mappa. Come si può viaggiare senza una mappa? Si può, non avendo una meta; ma nel caso di Un nuovo mondo una meta c’è ed è ultimare un romanzo.
Una volta le mappe erano imprecise e vergate a mano, oggigiorno sono stradari precisissimi basati su immagini satellitari ad alta risoluzione. Qual è la differenza? Il loro scopo è lo stesso: se si vuole andare lontano e bene, una bisogna averla.
Dalla mappa avete sviluppato il vostro mondo, fino a far diventare la mappa il semplice punto di partenza, un punto assai meno importante di quanto vi sembrava all’inizio. Mi sto sbagliando? Non credo. Sarò onesto, vi dirò cosa penso: la mappa è una porta, una volta disegnata avrete il potere di darle uno spessore tridimensionale e poi di darle sostanza. Sembra magia e forse un po’ lo è davvero. D’un tratto vi renderete conto che potrete varcarne la soglia. Oltre c’è l’inaspettato, sempre.
Una paginetta di appunti o molte decine non conta. Ciò che conta è che siete partiti e avete scelto la strada di testa vostra. Questo conta, perché raccontarvi del mio viaggio significa invitarvi a viaggiare, non a ripercorrere il mio stesso itinerario.
Viaggiate, dunque, ma viaggiate con coerenza.
A prima stesura ultimata, e anche dopo alcune letture (dipende dalla persona), continuerete a trovare fili mal tirati e il vostro volto vi sembrerà in parte deforme. Credetemi, non passa lettura che voi non miglioriate quanto avete scritto fino a quel momento. È un lavoro potenzialmente infinito, estenuante, che dovrete imparare a terminare, un giorno o l’altro. Dovete porvi un limite, perché se limerete i particolari della vostra storia senza risparmiarvi finirete per sentirvi sempre imperfetti. Più ricercherete la perfezione, più vi renderete conto che non la raggiungerete mai e questo vi frustrerà. Invece è doveroso, oltreché inevitabile, rassegnarsi all’essere umani (quindi risparmiate energie per battaglie che potete vincere).
Il libro perfetto non è stato ancora scritto.
Voi non datevi per vinti troppo presto. Ma, vi prego, non passate tutta la vita sul vostro primo romanzo. Considerate tutti gli aspetti possibili, facendo sì che qualsiasi stramberia abbiate ideato sia inattaccabile nel contesto della vostra storia. Questo è ciò che conta: la coerenza interna dell’opera, il suo procedere fluido senza perdere pezzi per strada, la sua capacità di donare al lettore la forza di sospendere la realtà che lo circonda e immergersi nel vostro mondo.
Chiudete il cerchio, insomma, e nel farlo mettetevi di fronte la vostra mappa. Guardando quei monti lì, non vedete forse i vostri protagonisti che li valicano a rischio della propria vita? Scorgendo quella piccola foresta segnata a ovest, non risentite lo scroscio della pioggia che bagna la scena di un crimine? e non assistete al mare d’erba bagnata che ondeggia durante la fuga? E quella città? non odorate il puzzo di quei vicoli che si contorcono nel fango nel tentativo di elevarsi a strade?
Stupefacente! La vostra mappa è ormai entrata in voi. E questa, forse, non è vita? Perché no? Soltanto perché quel vostro mondo non esiste? Eppure quando vedo sulla cartina geografica della Croazia il Parco Nazionale di Plitvice i colori della carta sfumano in quelli vividi della realtà vissuta allo stesso modo… ci sono stato e vi ritorno con la mente, eppure sono a casa mia, nel mio studio. E perché non dovrei essere stato anche dentro il mio nuovo mondo? Soltanto perché non ci sono stato fisicamente?
L’importante è, però, che la passione e la meraviglia per i posti che avete visitato con la fantasia vengano trasmesse al lettore in modo genuino, il più possibile scevre da impurità.
Siate pignoli, spingetevi ad annoiarvi, a forzarvi e a fare almeno un po’ di fatica, ma mettete a posto tutto ciò che scorgete, non lasciatevi alle spalle il dubbio. Dovrete sentire d’aver fatto il possibile.
La sciatteria non paga, credetemi. Chiudete il cerchio, cercando le imperfezioni. E se prima ancora avrete ideato il tutto ponderando e approfondendo i vari aspetti della vostra opera, allora avrete fatto una faticaccia tremenda per arrivare a chiudere il cerchio… ma avrete capito che scrivere un romanzo fantasy non è una cosa da nulla.
E ideando e limando, non sarete ricordati quanto Giotto, ma magari troverete un editore disposto a considerare una cosa seria le vostre fantasie.
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