Glasgow, venerdì 5 agosto: è il primo vero giorno di WorldCon, convention mondiale della Fantascienza e della Fantasy, che quest'anno - dopo dieci anni di assenza - si tiene ancora una volta in Europa.
Siamo arrivati allo Scottish Exibition & Conference Centre giovedì pomeriggio sul tardi, ma abbiamo avuto soltanto il tempo di registrarci e prendere i badge: il programma della giornata era praticamente già finito, ma per fortuna non ci siamo persi niente di importante.
Venerdì, dopo una mattina movimentata e qualche sandwich, alle 15:00 ci siamo lanciati verso la sessione autografi di Alan Lee, il grande illustratore del Signore degli Anelli, nonché premio Oscar per il suo lavoro sulle scenografie della Trilogia di Peter Jackson, che presentava in anteprima mondiale il suo Lord of the Rings Sketchbook.
Dopo aver speso ben 20£ per acquistare la nostra copia (ma li vale tutti!), ci siamo messi pazientemente in fila per farcelo autografare dal buon Alan, che per l’occasione sfoggiava il colorito stile aragosta tipico dei britannici dopo una vacanza al mare. Sarà mica stato il sole cocente della Scozia?
Mentre firmava i libri alle persone che ci precedevano, siamo stati un po' a osservarlo e abbiamo scattato qualche foto: Alan aveva un’espressione da bonario Saruman e sembrava una persona molto disponibile. Sorrideva ai fan e scambiava quattro chiacchiere con ciascuno, senza nessuna riserva, e ciò ci è sembrato molto bello, soprattutto dopo la nostra ultima sgradevole esperienza con il divismo hollywoodiano.
Dopo un’oretta di fila, noi ragazze (io e Clizia) abbiamo raggiunto “the artist” e, mentre Alan ci firmava una pagina a nostro piacere, i ragazzi (Silvio e Dalmazio) ci hanno fatto qualche foto per immortalare l’evento.
Lì per lì abbiamo deciso di tentare il tutto per tutto e siamo riuscite a farci scattare da Silvio una foto insieme a lui, che è stato gentilissimo e di una disponibilità da non credere. E poi era così british! Sembrava quasi impossibile e invece no, Alan era proprio lì che si faceva fotografare con noi. Che emozione! Meno male che erano previsti molti appuntamenti con lui, perché all'improvviso mi è venuta la malsana idea di provare a invitarlo in Italia.
Fortunatamente, qualche ora più tardi, in una delle sale più grandi c’era l'intervista, il momento perfetto per mettere in pratica il mio piano.
Jane Johnson, la tipa che lo intervistava, era la persona della Harper Collins che l’ha voluto per realizzare le illustrazioni del Signore degli Anelli nella versione pubblicata per il centenario della nascita di JRR Tolkien.
La Johnson conosceva bene il precedente lavoro di Alan sulle copertine di Tolkien, ma anche i suoi famosi Faeries e Castles, e trovava il suo stile delicato ed evocativo assolutamente perfetto per illustrare la Terra di Mezzo. Così lo ha contattato ed è iniziata la grande avventura di Alan Lee nel mondo di Tolkien.
Poi ha riferito delle difficoltà affrontate al momento di convincere la famiglia Tolkien a far illustrare il libro e del lungo lavoro di Alan sui bozzetti dei diversi personaggi, che per la famiglia avevano sempre qualcosa che non andava (e così non va bene, e i piedi sono sbagliati, etc.) Anche per questo motivo, alla fine, nelle illustrazioni del Signore degli Anelli i protagonisti tendono a essere sempre un po' sullo sfondo.
Alan, all’inizio, sembrava un po' intimidito dal pubblico ma la Johnson – imbeccandolo in modo sapiente – è riuscita a tirargli fuori (quasi con le pinze) numerosi ricordi curiosi e affascinanti dei suoi anni di lavoro con Peter Jackson, all'interno dei diversi art department della trilogia cinematografica. Particolarmente simpatico l’episodio in cui la Johnson, amante delle scalate, sgambettava tra le rocce di una delle location in Nuova Zelanda, mentre Alan – preoccupato – si chiedeva se fossero assicurati per quel genere di cose.
Così Alan ha iniziato a parlare della sua incredibile esperienza sul set del Signore degli Anelli, che gli è valsa l’Oscar e ben sei anni della sua vita in Nuova Zelanda, lavorando in un modo totalmente diverso da come era abituato. Lui che di solito dipingeva da solo nella tranquillità del suo studio, nella sua casa di Dartmoor, si è trovato a far parte di una specie di catena di montaggio in cui c’era chi disegnava i concept, chi li dettagliava, chi realizzava i modelli, chi traduceva tutto in computer grafica. Lui stesso, che prima non amava lavorare con il computer, ha iniziato ad apprezzare la comodità di lavorare con una tavoletta grafica e Photoshop.
Il suo lavoro consisteva soprattutto nell’ideare i concept per l’artwork, e di procedere a dettagliarli in modo sempre più preciso, in modo da consentire agli scultori (tra cui anche sua figlia Virginia) di realizzare i suoi progetti. Oggi gli elementi architettonici e decorativi realizzati per il film sono conservati in alcuni magazzini in Nuova Zelanda, e si dice che presto diventeranno parte di un museo dedicato al Signore degli Anelli.
Di tutti gli oggetti di scena, Alan ha avuto in regalo da Peter Jackson il bastone di Gandalf, il primo dei tre, quello che il mago utilizza quando affronta il Balrog. Jackson glielo ha regalato senza dirgli nulla, facendogli una bella sorpresa: Alan ha aperto questa bella scatola di legno e all’interno c’era il magico bastone del grigio Mithrandir.
Durante la lavorazione della trilogia, Alan ha imparato ad amare gli immensi panorami neozeloandesi, ma è stato comunque ben felice di barattarli con quelli di casa, nella sua Dartmoor. Evidentemente l’uggiosa campagna del Devonshire ha un fascino antico che è difficile da uguagliare, per chi ci ha vissuto per tanti anni.
Alan ha confessato di amare molto la fantasy ma di non essere altrettanto bravo con la fantascienza. Ha raccontato di aver dipinto alcuni soggetti fantascientifici, anni fa, ma sembravano immagini di fantascienza degli anni 30, che forse potevano essere adatte per HG Wells, ma a poco altro.
Alla domanda su quante volte avesse letto il Signore degli Anelli durante la lavorazione del film, Alan ha risposto che in realtà più che leggerlo, il tomo tolkieniano veniva usato come materiale di riferimento ogniqualvolta sorgeva qualche dubbio su come realizzare qualche particolare set. In totale, comunque, mettendo insieme tutti i pezzetti, pensa di averlo letto più o meno tre volte.
Un'altra persona gli ha domandato quanto fossero stati importanti i disegni di Tolkien stesso nella realizzazione delle scenografie del film, e Alan ha detto che sono stati sempre tenuti in considerazione, soprattutto le mappe che aiutavano l'art department a capire le diverse geografie dei vari ambienti.
Un fan gli ha poi chiesto come si dividevano il lavoro con John Howe, e Alan ha detto che Peter Jackson aveva le idee molto chiare in materia: con leggero imbarazzo, ha ammesso che lui si occupava di tutte le cose delicate e solari (a parte Orthanc, perchè Jackson trovava assolutamente perfetta la sua illustrazione per il libro) mentre Howe si occupava di quelle cupe e minacciose, che gli vengono molto bene.
Quando qualcuno gli ha domandato dei suoi impegni recenti, Alan ha dichiarato di aver lavorato brevemente per il nuovo film di Jackson, King Kong. Non ha aggiunto altro, ma possiamo supporre che si tratti di qualcosa legato alle costruzioni della civiltà perduta dell’isola. Dopotutto, lo stile etereo dei suoi acquarelli non si sposa bene con i panorami di New York.
Terminata l’intervista, che ha visto molte domande del pubblico e un lungo applauso finale, mi sono fiondata verso il palco per parlargli. Dopo aver rimesso al suo posto un fan tedesco troppo invadente che non voleva fare la fila (tra le altre cose, sembrava il clone di Michael Moore), alla fine mi sono presentata ad Alan, gli ho spiegato chi era la Delos Books e gli ho chiesto se gli sarebbe piaciuto essere ospite d’onore in una delle nostre iniziative, e in quel caso come potevamo contattarlo.
Lui è sembrato subito interessato all'idea di venire in Italia e si è offerto gentilmente di darmi il suo email: è allora che mi sono accorta di non avere neppure un pezzetto di carta! Per fortuna Silvio è accorso subito in mio aiuto con una business card di seconda mano della Delos Books, e così l’indirizzo email è stato preso. Stramitico!
Ma ora glissiamo su qualche centinaio di panel e alcuni giorni di convention, per arrivare direttamente al prossimo appuntamento imperdibile con Alan.
Domenica 7 agosto: è il quarto giorno di WorldCon e siamo a pezzi!
Alle 16:00 nella Hall 5 doveva esserci lo slideshow di Alan Lee: noi ci siamo affrettati per trovare un buon posto ma abbiamo presto scoperto che era stato spostato nell’altra sala grande, la Lomond. Così siamo schizzati via e, una volta nella sala giusta, abbiamo ritrovato l’altra metà del gruppo italiano - Dalmazio, Clizia e Martina - anche loro calamitati dalla magnetica quanto dimessa figura dell’artista; lo show è iniziato in orario, molto affollato.
Le slide - vere e proprie diapositive, che ogni tanto si incastravano! - erano una carrellata di numerosi bozzetti presenti nello sketchbook insieme a un certo numero di fotografie scattate durante la ricerca preliminare dei set da utilizzare nel film e la costruzione delle case hobbit della Contea. Uno degli scatti più simpatici mostrava Alan in versione giardiniere, intento a innaffiare le piante della casa di Sam, quasi completamente terminata. Era chiaro che si trattava di foto personali, di ricordi di quel periodo incredibile trascorso in Nuova Zelanda, ed è stato bello che abbia voluto condividerle col pubblico.
Molto curiose anche un paio di foto scattate da Alan insieme alla figlia Virginia all'interno del set di Minas Tirith: i due, nel weekend, se ne andavano a passeggiare dentro la cittadella, dando un ritocco qua e uno là, oppure semplicemente godendosi in solitudine quella che lui stesso ha definito "quasi una vera cittadina medievale italiana". Mostrando alcuni scatti sul set di Osgiliath, Alan ha riferito che per costruire la città in rovina avevano riciclato gran parte del materiale smontato da Minas Tirith, rompendolo e ridisponendolo in modo da formare delle architetture gondoriane nuove, ma simili.
Passando dal grande al piccolo, Alan ci ha mostrato numerosi studi e bozzetti di oggetti realizzati per il film, tra cui il libro di Saruman, di cui abbiamo visto la copertina (con la Mano Bianca e la runa S) e alcune pagine interne, per le quali Alan ha ammesso di essersi ispirato ai codici di Leonardo da Vinci, di cui è un grande ammiratore.
Anche in questo caso, purtroppo, la regia scozzese ha mostrato tutta la sua inadeguatezza: sullo schermo le delicate immagini a matita dei bozzetti si intravedevano appena e i colori delle foto erano falsati, ma ci siamo accontentati, anche perché Alan ha raccontato decine di aneddoti curiosi su ciascuna immagine, dettaglio, schizzo, fotografia. Ha rivelato che durante tutta la lavorazione della trilogia ha riempito almeno trenta album di schizzi.
Mentre sullo schermo le immagini scorrevano lentamente, commentate da Alan con voce quasi sussurrata (e Silvio sonnecchiava), pensavo a come sarebbe stato bello portare a Milano questo straordinario artista, che oltre ad avere una mano magica capace di cogliere la poesia della natura come pochi, sembrava anche una persona così mite e gentile, estranea allo star system, un affascinante gentiluomo inglese d’altri tempi, entusiasta della vita e del suo lavoro. Ho tirato fuori il biglietto con il suo email, l'ho guardato, e mi sono riproposta di darmi da fare per realizzare il sogno di portarlo in Italia.
Più tardi ho ritrovato Alan che si aggirava solo soletto, con aria sempre un po’ sperduta, per la galleria del Centro Congressi: andava a prendersi un caffè e sono stata molto tentata di avvicinarmi per fare quattro chiacchiere. Ma poi mi sono detta che forse lo disturbavo, che forse aveva voglia di stare da solo altrimenti avrebbe avuto qualcuno dell’organizzazione al seguito… Insomma, alla fine ho scelto di non avvicinarmi, sapendo già che poi me ne sarei pentita.
Sono due settimane che me ne pento. Oh, quanto me ne pento...
Concludiamo con una nota leggera: il 20 agosto era il compleanno di Alan, quindi gli facciamo i nostri migliori auguri!
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