Dopo la deludente trilogia del Verbo e del Vuoto, nella quale soltanto il primo romanzo Il Demone aveva convinto, Terry Brooks torna alla saga che ne ha decretato la fortuna negli ultimi venticinque anni. Il primo romanzo della serie, La spada di Shannara, uscito in Italia nel 1978, pur non essendo un esempio di originalità, ricalcando in tutto e per tutto il capolavoro di Tolkien Il Signore degli anelli, era diventato un pilastro della letteratura fantasy degli ultimi trent'anni, grazie a certe caratterizzazioni dei personaggi e della magia, a un ottimo intreccio e a una magistrale tecnica narrativa. Grazie a quel successo clamoroso, negli anni seguenti l'autore americano aveva prodotto altri sette romanzi legati alle gesta degli abitanti delle Quattro terre, ognuno sempre meno convincente del precedente. Il risultato di quest'ennesima fatica di Brooks è il più ovvio: un immancabile e costante declino verso il "già letto".
I tre romanzi de Il viaggio della Jerle Shannara ricalcano esattamente la stessa storia che ormai gli appassionati di genere conoscono alla perfezione. La ricetta è sempre la stessa: una mappa; un obiettivo da raggiungere; una compagnia stereotipata di mentori, guerrieri, e protagonisti all'apparenza deboli portatori di fardelli; antagonisti oscuri e potentissimi (anche se questa volta fanno poca paura); un viaggio pieno di insidie; il destino del mondo in gioco. L'eterna lotta tra il bene e il male, insomma, senza aggiungere niente ai lavori che ormai affollano gli scaffali degli appassionati. Se otto romanzi si erano dimostrati più che sufficienti, undici appaiono davvero troppi. Brooks, sebbene abbia annunciato questa trilogia come il suo capolavoro, non è più nemmeno in grado di mischiare gli ingredienti, ottenendo così una minestra dal sapore ormai troppo noto. L'unica trovata delle navi volanti non distoglie l'attenzione da una storia ormai trita e ritrita, in cui un lettore attento sarà in grado in ogni momento di prevedere ciò che sta per succedere, rimanendo con l'amarezza e la delusione di aver buttato via i propri soldi e di essere stato tradito. Quello di Brooks, più che uno sforzo di fantasia, sembra il lavoro di un ingegnere (per altro ben fatto, da questo punto di vista). Lo dimostrano fin troppi elementi, uno su tutti la decisione di concludere i primi due romanzi senza un finale, costringendo così il lettore, curioso di conoscere la fine, a comprare quello successivo. È un espediente che non aveva mai utilizzato in passato, e tradisce la consapevolezza dello stesso Brooks di aver offerto un prodotto di gran lunga inferiore ai precedenti. Sempre a dimostrazione del grande lavoro di ingegneria proviamo a fare un gioco: ecco come si trasforma Il Signore degli anelli ne Il viaggio della Jerle Shannara.
- Un potente stregone di nome Gandalf si reca da un piccolo e insignificante hobbit di nome Frodo per servirsi della sua innocenza di fronte alla magia e caricarlo di un peso insostenibile.
- Un potente druido di nome Walker si reca da un piccolo e insignificante uomo di nome Bek per servirsi della sua innocenza di fronte alla magia e caricarlo di un peso insostenibile.
- Frodo viene attaccato dai cavalieri neri e assaggia per la prima volta la potenza della magia.
- Bek viene attaccato dai lupi-ombra e assaggia per la prima volta la potenza della magia.
- Un gruppo variegato di personaggi convergono nel palazzo degli elfi per creare la Compagnia dell'anello. Obiettivo: raggiungere Mordor e salvare il destino dalla Terra di mezzo togliendo definitivamente al nemico la possibilità di maneggiare una magia potentissima.
- Un gruppo variegato di personaggi convergono nella capitale degli elfi per creare la spedizione della Jerle Shannara. Obiettivo: raggiungere la terra sconosciuta al di là della Spartiacque azzurro togliendo definitivamente al nemico la possibilità di maneggiare una magia potentissima.
- Saruman, potente stregone al pari di Gandalf, un tempo buono e ora sotto l'influsso dell'ancora più potente Sauron, vero nemico da sconfiggere, si impone come antagonista e minaccia la compagnia utilizzando un esercito di mostri: gli Orchetti.
- La strega di Ilse, potente strega al pari di Walker, un tempo buona e ora sotto l'influsso dell'ancora più potente Morgawr, vero nemico da sconfiggere, si impone come antagonista e minaccia la spedizione utilizzando un esercito di mostri: i Mwellret.
- Gandalf si perde a Moria, nessuno lo crede ancora vivo. La Compagnia prosegue senza di lui.
- Walker si perde a Castledown, nessuno lo crede ancora vivo. La Compagnia prosegue senza di lui.
Forse non è il caso di andare avanti. Entrambe le opere superano le mille pagine e la loro trama, per quanto molto simile, è lunga e articolata. La strega di Ilse e Bek, nemici legati da un passato misterioso, si alleano alla ricerca di Walker rinchiuso nelle segrete del castello nella lotta contro il temibile Antrax, un'entità che si serve della tecnologia del vecchio mondo e si nutre di magia (operazione che era riuscita indubbiamente meglio a Stephen King nei romanzi della Torre nera). Intanto il Morgawr, minacciato dal potere crescente dei suoi avversari, organizza venti navi di non-morti per raggiungere la Jerle Shannara per lo scontro finale.
Terry Brooks ci aveva abituato a una narrazione scorrevole e coinvolgente, tenendo sempre alto il livello di interesse della storia. Questa vota, a dimostrazione della mancanza di idee, si dilunga troppo sulla riesumazione del passato, rievocando fra le altre la Canzone, le Pietre magiche e la Spada di Shannara, storie che il lettore ormai ben conosce e che non interessano più. A peggiorare le cose la brutta abitudine di ripetere più volte gli stessi episodi, per bocca del narratore prima e dei personaggi poi. Si ha sempre più spesso la sgradevole sensazione che certe digressioni, più che necessarie alla trama, siano necessarie ai rapporti con l'editore, per rispettare la formula ormai consolidata che una buona opera di fantasy debba essere una trilogia, e ogni romanzo debba superare le trecento pagine. In questo caso un romanzo unico, di quattro-cinquecento pagine, scremato di tutto il superfluo, avrebbe sicuramente gratificato di più il lettore, ma Brooks dimostra di amare più il proprio portafoglio dei propri lettori. Il risultato è che per buona parte la lettura risulta inutile e noiosa, anziché avvincente come lo stesso Brooks ci aveva abituati. Ma probabilmente l'autore ritiene di non aver ancora raschiato il fondo, visto che nelle librerie si è appena concretizzata la minaccia della nuova trilogia Il Druido Supremo di Shannara con l'uscita del nuovo romanzo Jarka Ruus: la storia di come l'ex strega di Ilse, recuperate le proprie radici benigne, cerca di rifondare il Consiglio dei Druidi. Resta la curiosità di vedere se i lettori si fideranno ancora, persuasi di leggere quella che Brooks stesso ha definito una trilogia epocale, o se finalmente inizieranno a guardarsi intorno, accorgendosi che in Italia un buon gruppo di giovani emergenti è in grado di pubblicare opere ben più grandi.
· Terry Brooks, La strega di Ilse (traduzione dall'originale Ilse Witch di Riccardo Valla), 2001 - Mondadori (Omnibus) - 365 pagine, 17,56 Euro
o Terry Brooks, La strega di Ilse (traduzione dall'originale Ilse Witch di Riccardo Valla), 2002 - Mondadori (Oscar) - 363 pagine, 7,80 Euro
· Terry Brooks, ll labirinto (traduzione dall'originale Antrax di Riccardo Valla), 2002 - Mondadori (Omnibus) - 291 pagine, 17,60 Euro
· Terry Brooks, L'ultima magia (traduzione dall'originale Morgawr di Riccardo Valla), 2002 - Mondadori (Omnibus) - 318 pagine, 17,60 Euro
19 commenti
Aggiungi un commentoLa Spada di Shannara, specialmente nella prima parte, deve molto a quella che è la trama generale del S.d.A., per stessa ammissione dell'autore, punto. Tutta la seconda parte se ne discosta completamente. Per il resto, i libri di Brooks, a partire dalle Pietre Magiche, godono di "totale autonomia".
Inoltre, Martina, mi chiedo: se La Spada fosse come tu dici la fotocopia del Signore (...e non mi pare che possa aspirare a tanto ), come mai il figliol prodigo Christopher, così attento alle finanze di famiglia, non abbia ancora, citato Brooks per plagio.
Per finire (poi basta, Brooks, si saprà difendere anche da solo. Non era un avvocato?), trovo che l'autore della saga di Shannara sia da apprezzare più che per la trama, per la la bravura con cui fonde elementi fantastici con altri attualissimi e fin troppo reali. Dalla tematica dell'inquinamento e degli esperimenti genetici (a tal proposito un pollice alzato per negròre e per la sua Rocca dei Silenzi) al problema della violenza dilagante e dell'insensatezza delle guerre. In tutti i suoi singoli libri. Trovatemi un altro autore che sappia (o che voglia) fare altrettanto.
China Mieville, e lo fa mille volte meglio ^_^ (e questo lo dico pur considerando Brooks un autore non da buttare tutto via)
China Mieville lo fa mille volte... diversamente. Sono due generi completamente diversi. C.M. è decisamente più urban fantasy, con tinte noir alla Gaiman. T.B. tende all'high e epic fantasy, a pensarci bene anche nella sua serie del Demone. Dire che è meglio Mieville rispetto a Brooks, a parer mio, è come dire che è meglio Moorcock di Tolkien. Maestri tutti e due, ma imparagonabili. Credo che qui, Okamis, semplicemente, viga il detto: de gustibus. No?
Che siano due autori operanti in generi completamente diversi non lo metto in dubbio, però tu non avevi specificato di proporre un autore del medesimo sottogenere del Fantasy (tra l'altro avrei potuto citare anche Swanwick; non so perché non mi sia venuto subito in mente, ma anche per lui valeva il medesimo discorso) Sul de gustibus, in questo caso vale a mio avviso fino a un certo punto. Come ho già scritto in altre occasioni, considero Brooks un buon artigiano (ma tutto fuorché un maestro del genere), il cui difetto maggiore non risiede tanto in pecche stilistiche o di fantasia, quanto nel rovinare praticamente tutte le sue saghe con seguiti di qualità via via sempre più scadente. Ad esempio, il Brooks migliore per me è quello di Landover. Lo trovo il più divertente e spigliato, oltre che ironico. Peccato che dopo due ottimi episodi iniziali la serie vada peggiorando, fino ad arrivare al pessimo "La sfida di Landover", quintessenza dei luoghi comuni del Fantasy. E con Jerle ho avuto la medesima impressione: una mediocre continuazione di una serie di libri che, pur non brillando per originalità, risulta abbastanza divertente, ma sulla quale forse è già stato scritto tutto.
Come mai Christopher non abbia citato Brooks per plagio puoi provare a chiederlo a lui, non a me. Non sono nella sua testa e non so perché prende una decisione piuttosto che un'altra. Ma non sono l'unica ad aver notato forti somiglianze fra i due romanzi.
Poi, come ho già detto, Brooks non è un totale incapace. Sa presentare bene le sue storie. Anche Paolini non è un mostro d'originalità, ma Brooks scrive 100 volte meglio. Infatti di Terry ho letto 14 libri, quindi non reputo che tutto ciò che ha scritto sia una porcheria. Però spesso non è originale. La sua cosa più originale, a mio avviso, è la saga Il verbo e il vuoto, e l'unico che mi sia davvero piaciuto è il primo romanzo.
Robert Jordan.
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