Ambientato in un mondo di sinistre atmosfere, “in uno sconfinato paesaggio apocalittico, l’eterno, epico scontro fra il bene e il male si incarna in uno dei più evocativi personaggi concepiti dall’autore: Roland di Gilead, l’ultimo cavaliere, leggendaria figura di eroe solitario sulle tracce di un enigmatico uomo in nero, verso una misteriosa Torre proibita”.
Con queste parole termina la presentazione nel risvolto di copertina della nuova edizione de L’ultimo cavaliere di Stephen King, edita da Sperling & Kupfer.
Sin dall’introduzione scritta di recente dal re del brivido, intitolata Sull’avere diciannove anni e che da sola merita l’acquisto del libro, si capisce che l’opera è speciale. L’introduzione stessa, infatti, pare divenire parte della storia e del suo andamento altalenante tra realtà, fantastico e possibile; introduzione e storia legate dai diciannove anni in cui King scrisse questo testo, da un diciannove.
Dopo un inizio un po’ lento, a tratti confuso, a tratti ostico, il romanzo prende forma... ed è una forma strana. Originale, assolutamente originale (anche se, essendo il nostro un portale tematico, è bene dire che gran parte dell’originalità è dovuta all’amalgama di aspetti estranei al genere fantasy, quali un protagonista in perfetto stile western e un futuro post-apocalittico che richiama la fantascienza).
E più si va avanti, più la storia si fa intrigante. Si resta ammaliati dalle brevi scene che si susseguono con rapidità, senza inutili orpelli e qualche rara licenza poetica.
E più la storia si fa intrigante, più il protagonista acquisisce spessore, divenendo il cupo tramite tra l’agonia di un mondo fantastico e il nostro, tra due mondi in cui bene e male sono tutt’altro che distinti e albergano nell’animo di ognuno di noi. Il modo in cui King rende la dualità dell’esistenza umana è molto efficace; e, non poteva essere altrimenti, inquieta.
Ultima qualità, a mio avviso somma, questo romanzo è essenziale. Un dono prezioso per un genere che spesso vomita migliaia di pagine.
Be’, certo, non finisce tutto qui: ci sono altri sei volumi. Anzi, direi che questo è soltanto l’inizio, l’epilogo del principio. Non lessi la prima versione de L’ultimo cavaliere, ma visto che la maturità di King ha portato a questi risultati (il testo è stato interamente riveduto e ampliato di quasi 50 cartelle), se i prossimi romanzi saranno di pari livello, la saga diventerà una pietra miliare del genere.
Lo consiglio a tutti, quindi, perché l’originalità è assoluta e l’essenzialità lo rende, eventualmente, una breve agonia.
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