Nel continente di Derlavai gli eserciti scendono in campo. Gli odi provocati dalla "Guerra dei Sei Anni" non si sono mai veramente placati. Le nazioni kauniane hanno attaccato il regno di Algrave per piegarlo definitivamente. Una brutta sorpresa però attende i regni di Jelgava, Valmiera, Forthweg e Sibiu, perché l'algarviano re Mezentio non è rimasto inoperoso e nel corso degli anni ha approntato un esercito moderno e temibile che cambierà il modo di combattere una guerra. Il conflitto di dimensioni regionali si allarga ben presto a tutte le nazioni limitrofe, in un effetto domino che rischia di gettare il mondo nel caos. Gli sviluppi nello studio della magia permettono ormai di creare armi terribili e la ricerca dei maghi diventa importante quanto il valore dei soldati e l'astuzia dei generali. Nell'inferno che sta per sommergere tutti, da Unkerlant fino all'isolana Lagoas, dalla fredda Kuusamo fino alla desertica Zuwayza, si intrecciano le vicende di condottieri e uomini d'arme, di contadini e spie, di diplomatici e studiosi, ma soprattutto di vincitori e vinti. Derlavai è nel caos, la guerra si propaga come un incendio in un'estate torrida.

Harry Turtledove nel primo libro de "La Guerra dei Regni" si cimenta in un opera che inizialmente può lasciare sicuramente spiazzati. E' la prima volta che mi capita di leggere una saga fantasy in cui una guerra moderna, o ancor più precisamente contemporanea, viene rivista in chiave fantastica. Intendiamoci, la guerra non è digiuna al genere fantasy, tutt'altro, ma autori come Martin, o Gemmel, per citare i due che meglio la descrivono, si sono sempre ispirati a strategie e tematiche proprie di una realtà antica, o al massimo tardo medievale. L'innovazione di Turtledove sta invece nell'aver convertito strumenti moderni, come l'aviazione, la marina, i reparti meccanizzati, l'artiglieria, i reparti anfibi e perfino i gloriosi incursori, la storica "X Flottiglia M.A.S.", in armi di carattere fantasy, come draghi, navi mosse da linee di potere, behemoth, lanciauova, leviatani ecc. Un utilizzo diffuso della magia permette l'ardita comparazione. Gli stessi bastoni, che lanciano scariche magiche, sono fin troppo banalmente i nostri fucili.

Oggettivamente, di primo acchito tutta la struttura del romanzo di Turtledove sembra scricchiolare. La scelta di presentare immediatamente tutti i personaggi che ci accompagneranno nel corso del libro, in modo tale anche da caratterizzare le diverse nazioni in gioco, complica moltissimo la trama e rende faticoso seguire le vicende.

La mancanza di una cartina è inoltre una gravissima pecca e rende ancor più difficile comprendere i rapporti di forza tra le fazioni in gioco. Molte delle alleanze e dei conflitti dipendono, infatti, dalla geopolitica e la mancanza di un supporto visivo che aiuti a collocare i contendenti è un errore che andrebbe sicuramente corretto. Per ovviare al problema ci si può, però, rivolgere al sito ufficiale dell'autore, dove è presente una cartina che dovrebbe aiutare tutti coloro che decidessero d'impegnarsi nella lettura della saga.

Inizialmente, come già detto, l'ambientazione sembra sgradevole. I personaggi non sembrano avere spessore e le battaglie fantasy-moderne cozzano con tutto quello che siamo abituati a leggere. Se si superano con ostinata decisione le prime (parecchie) pagine, come d'incanto si viene trascinati nella saga e tutto comincia a essere più naturale.

Gli stessi personaggi si scoprono poco a poco e aumentano di spessore fino a diventare, chi più e chi meno, verosimili. La protagonista del libro è però la guerra stessa con tutte le sue sfumature e le sue tematiche, anche xenofobe, ed è letta attraverso gli occhi di una miriade di personaggi che appartengono alle più diverse culture e ai più differenti strati sociali. Se prendiamo ad esempio il solo regno di Unkerlant, Turtledove ci offre quattro differenti percezioni degli avvenimenti: quella del pazzo re Swemmel, quella del suo maresciallo Rathar, quella del soldato semplice Leudast e quella del contadino Garivald e del suo villaggio Zossen. In questo Turtledove, con le debite (estremamente debite) proporzioni, prende spunto, più che dal genere fantasy, da Guerra e Pace e da Tolstoj e più in generale dalla struttura del romanzo storico.

Lo stesso lavoro Turtledove lo ripete per la maggior parte delle nazioni coinvolte, cambiando di volta in volta il ruolo dei personaggi nella guerra in corso e affrontando i problemi diversi propri di una guerra contemporanea.

Potendosi esprimere liberamente Turtledove prende a piene mani da tutte le guerre moderne ciò che maggiormente gli torna utile. Abbiamo quindi le contraddizioni proprie di un fronte tipicamente della prima guerra mondiale, con ricchi nobili al comando forniti di ogni comodità e soldati nelle umide trincee; ci troviamo di fronte a strategie della II guerra mondiale (come per esempio il blitzkrieg, i draghi si comportano come gli Stukas tedeschi, ecc...).

Nascono da questi presupposti Cornelu, l'esule sibiano, Ealstan e la sua famiglia, alle prese con la vita difficile in uno stato occupato, il mago-spia Fernao, gli Algarviani, come il poliziotto Brembo, il draconiere Sabrino e il soldato scelto Tealdo, i tanti kauniani, come la bella Vanai, su cui incombe un futuro oscuro, la studiosa-maga Pekka, e così via.

Possono sembrare molti, ma dopo un quarto di libro divengono tutti estremamente riconoscibili e facilmente riconducibili a paesi e vicende.

Un merito che va riconosciuto a Turtledove è quello di non svelare nulla delle sue "simpatie". Inizieremo con l'amare gli Algarviani e ad odiare gli Unkerlanter, per poi cambiare e arrivare ad invertire le nostre simpatie. Odieremo le nazioni kauniane, che sembra abbiano dato inizio a tutto, per poi interrogarci sul loro destino...

Un altro merito che riconosco a questo libro è quello di aver risvegliato in me una certa curiosità storica. I riferimenti a persone e nazioni reali sono molti e quasi subito emerge il desiderio di collocare nel nostro mondo e nei conflitti recenti i paesi in guerra. Per esempio Unkerlant è l'Unione Sovietica e l'Algarve la Germania? Ma allora chi sono Gran Bretagna, Stati Uniti e Giappone? Sono tutte domande che renderanno la lettura più intrigante e le cui risposte sembrano essere molto meno scontate rispetto a quanto si crede.

Nell'Oscurità è un libro che non piacerà a molti. Il voto, discreto, è una media tra il mediocre iniziale e il buono finale. Il libro purtroppo si presenta molto male e questo scoraggerà i più. Se con molta pazienza però si supera lo scoglio iniziale, il libro diventa piacevole ed intrigante e lascia intravedere la possibilità di una saga interessante e particolare.

Sicuramente è un libro che posso consigliare a chi, come il sottoscritto, abbia una formazione storica e politologica, a chi cerchi tematiche contemporanea in un libro fantasy e a chi si interessi di strategia militare, tattica e affini. Per tutti gli altri c'è sicuramente qualcosa di meglio in giro, che non necessita un "atto di fede" per continuare la lettura.