Compito difficile parlare del Codice Da Vinci (e tu non parlarne!) senza svelare qualcosa della trama che possa rovinare il gusto della scoperta. Sì, perché le sorprese iniziano dalla prima pagina e non abbandonano mai il lettore, fino alla fine. Tutto quello che posso fare, dovrete accontentarvi, è parlare delle prime righe e poco altro (ecco, appunto). Sento già qualcuno di voi scuotere la testa e pensare: “E chi se ne frega, mica è un libro fantasy questo! Per me la recensione può finire qui!” Mmm, forse non avete tutti i torti, eppure non sottovalutate quello che il genio di Leonardo è riuscito a infilare sotto forma di simboli nelle sue più grandi opere (ecco lo sapevo, stai già parlando troppo). La maggior parte di voi ama Indiana Jones, suppongo (questo è un colpo basso, stai aggirando il confine di quello che si può dire), quindi amerete anche il romanzo di Dan Brown.
Dico quello che si può dire e mi tolgo il pensiero (e io ti controllo): Jacques Saunière, il curatore del museo del Louvre, riceve un colpo d’arma da fuoco in pieno addome e si rende conto che entro pochi minuti passerà a miglior vita e, se non troverà un modo, anche la più grande verità della storia partirà con lui. La polizia lo trova disteso nella Grande Galleria, nudo e privo di vita, e disposto in una posizione strana: quella dell’uomo vitruviano (ok, questo te lo concedo solo perché è scritto nel risvolto di copertina). Già, il risvolto. Un consiglio: non leggetelo. Inizia così la rocambolesca avventura di Robert Langdon, esperto di simbologia, e di Sophie Neveu, agente crittologa e nipote (ehm…). Eddài, ma non si può dire nemmeno questo?
Il mistero appare inestricabile da subito e si svela con una velocità incredibile, eppure seguendo la legge esasperante del “più sappiamo e più sappiamo di non sapere”, lasciandoci ogni volta con un mistero per le mani ancora più grande e ancora più inestricabile. Mistero dove lentamente viene coinvolta la più grande organizzazione della storia dell’umanità (può bastare). Aspetta, fammi dire almeno questo… (No!): la Chiesa (e allora fai come vuoi).
Il romanzo è un thriller perfetto, imperdibile per chi ama lo stile di Jeffery Deaver, per esempio. Uno di quei romanzi che non si riesce a smettere di leggere, che coinvolgono e sorprendono senza tregua, in cui cinquecento pagine pesano come un Opus-colo (ah, questa è sottile, non la capiranno). Uno di quei romanzi studiati a tavolino nei minimi dettagli (già, tutti uguali in fondo), un manuale di scrittura per chi vuole cimentarsi nel genere. E fin qui, per quanto tutto ottimo, non c’è niente di strano (ma il resto non puoi dirlo).
L’argomento invece, ormai divertiamoci fino in fondo a non parlarne più di tanto, è di quelli che fanno riflettere o fanno arrabbiare, a seconda del modo in cui si vive la propria religione. Argomento delicato, è ovvio, quello che per sua stessa natura è quasi un tabù, almeno da noi in Italia, culla del Vaticano. L’idea su cui Dan Brown sviluppa il thriller, in fondo, non rappresenta niente di nuovo, bensì si basa su uno studio accurato svolto da un équipe di storici che hanno messo in discussione la storia e la religione degli ultimi duemila anni. Teorie che a prima vista appaiono astruse, senza fondamento, ma che alla fine rischiano di farci trovare gli stessi difetti in quelle in cui la maggior parte di noi ha creduto fino a oggi. Un romanzo che la Chiesa non ha certo gradito, intorno al quale si sono scatenate discussioni di ogni sorta negli ultimi dieci mesi. Eh sì, perché Il codice Da Vinci è in testa alle classifiche da quasi un anno, ha venduto milioni di copie di tutto il mondo, da noi Mondadori l’ha già ristampato in rilegato per ben dodici volte. Ognuno interpreterà l’argomento trattato secondo la propria sensibilità, e ne discuterà ancora nelle sedi che riterrà più opportune, non è questo il luogo in cui schierarsi.
In ogni caso non si può non rimanere affascinati da come sia stato congegnato, dal modo in cui il romanzo di intrattenimento sia riuscito a penetrare a fondo certi argomenti delicati, dal modo in cui possa far riflettere mentre si vive con trepidazione l’avventura e il pericolo dei protagonisti. Miscela perfetta di storia, fantasia, avventura. I personaggi non sono niente di speciale? Buoni personaggi ma niente di davvero straordinario, è vero, ma qualche piccolo difetto dovrà pure averlo. Eppure non ne soffriamo durante la lettura, sapientemente deviata verso altri motivi di interesse.
15 commenti
Aggiungi un commentoPurtroppo l'ho letto e trovo che, tolta la questione religiosa, sia davvero un romanzo da poco. Tolta la questione religiosa perché, mio malgrado, la teoria che pare avere squassato e diviso i lettori, l'avevo già affrontata, e in termini ben più dettagliati e "duri", in letture propriamente dedicate alla tematica e quindi non è stata nel corso dell'opera di alcun conforto adrenalinico. Giustamente chi recensisce, sottolinea il fatto che l'autore non possa fregiarsi di alcuna dote di originalità nel merito.
Giudizio finale a mio parere esoso.
Oddio, che romanzo orripilante. Non gli avrei dato nemmeno due stelline
Della questione religiosa non me ne frega più di tanto. Di certo non sono tra quelli che si possono "sentire offesi". Alla correttezza storica posso anche non farci caso e vederlo come un romanzo puramente di fantasia. Mi sta bene.
Il punto è che lo trovo indecente al di là di tutte le disquisizioni storiche e religiose.
La trama è praticamente una mera caccia al tesoro, in cui si trova un indizio dopo l'altro e si viene sballottati qua e là. Tutti quegli indizi e giochetti non hanno proprio nulla di particolare o fantasioso. Ogni tanto spuntano fuori anche i "cattivi" per dare un po' di fastidio. I personaggi poi... non ne parliamo... non ce n'è uno un minimo degno che sia uno. Sì, forse Silas è quello che più di tutti potrebbe avvicinarsi alla decenza, ma alla fine qualsiasi cosa è più o meno scadente. Dan Brown per me scrive malissimo, questa è la questione primaria, che rende già si per sè molto più penoso tutto ciò che viene presentato.
E' scorrevole? Sì, ok. Come se ciò bastasse...
Mah
Vabbè dai, a questo punto esplico pure io il mio commento a proposito di questo libro.
Partiamo da un particolare: a differenza di quanto molti credono, Il codice Da Vinci è il seguito di Angeli e Demoni, il quale fu scritto prima, ma pubblicato dopo. Se si guarda alla struttura dei due romanzi, non bisogna essere dei geni per rendersi conto che sono una la copia carbone dell'altro: sempre un protagonista maschile aiutato da una bella donna (che immancabilmente cade tra le sue braccia), sempre il cattivo che si rivela essere il più fidato collaboratore dei due baldi eroi, sempre un tema a sfondo religioso, sempre i soliti enigmi e così via. Tra l'altro questa brutta abitudine continua pure negli altri due libri di Brown, tanto che ne La verità del ghiaccio ho intuito l'identità del cattivo di turno al quattordicesimo capitolo... e i capitoli sono 132!
Ah già, appunto la lunghezza dei capitoli. Forse sarò all'antica, ma io questa moda di trasformare i paragrafi in capitoli proprio non la capisco. Non solo spezza la lettura in maniera irritante, ma soprattutto rappresenta un grandissimo spreco di carta!
Sulla questione religiosa non mi addentro, visto che come ho già detto in un altro topic ognuno è libero di scrivere quel cavolo gli pare senza dover rendere conto ad altri. Certo è che Brown aveva a disposizione una trama potenzialmente stupenda è l'ha mandata alle ortiche con uno stile scorrevole sì, ma anche privo di qualsiasi guizzo artistico (in altre parole privo di personalità), personaggi che tranne poche eccezioni come Silas e il professore inglesotto hanno lo spessore della carta velina e una serie infinita di vuoti narrativi che col cavolo che Brown spiega. Pessimo libro. Ripeto, io non sarei andato oltre al 2/5, soltanto per il discreto ritmo della narrazione. Per il resto non si salva nulla.
Dannaz! Sono stato battuto sul tempo per fare notare questa cosa. Però per metterci il carico da undici, mi pare che la bella di turno sia in entrambi i casi la nipote del tizio che muore subito.
Alla fine, era meglio Angeli e demoni. Peccato, temo che Dan Brown si sia fatto triturare dalle stesse polemiche che lo hanno lanciato come grande (?) scrittore.
Ne ero a conoscenza, come credo anche altri, e vorrei precisare che in Italia è stato prima tradotto e pubblicato il Codice e poi Angeli e Demoni, ma non negli USA e che il Codice è, in realtà, il suo quarto libro.
Non parlerei propriamente di un seguito, ma della ripresa di un personaggio in un altro romanzo.
Spezzettare il racconto in brevi capitoli è un espediente usato da tanti scrittori (Camilleri, Saramago).
Sui cliché utilizzati (cliché che Propp definiva funzioni presenti in ogni racconto), non aggiungo molto: sono la gallina dalle uova d'oro che prima di lui hanno saputo ben allevare i vari Follett, Smith, Crichton, King, Grisham, P. Cornwell, senza ritenersi gli eredi di Dante o Shakespeare, ma contenti di aver saputo sfruttare un filone redditizio.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID