Un gruppo di attivisti per i diritti degli animali penetra in un laboratorio di ricerca. Scopo della missione: liberare alcune scimmie su cui vengono compiuti strani esperimenti (una, legata, ammira scene di violenza in tv). Tra il fracasso fatto dalle scimmie che urlano e picchiano i pugni contro le gabbie di plexiglas, interviene uno scienziato che tenta di fermare gli attivisti spiegando che gli animali sono contaminati da una malattia simile alla rabbia. Ma gli attivisti aprono lo stesso le gabbie... e il contagio ha inizio con un'esplosione di violenza inaudita.
Silenzio e buio.
28 giorni dopo: un ragazzo si sveglia dal coma. Vaga, stordito, in un ospedale deserto. A nulla serve chiedere aiuto, urlare "c'è qualcuno?" perché l'unica risposta è l'eco dei corridoi. Lo stesso accade per le strade di una Londra come morta, con autobus rovesciati e, ovunque, segni di devastazione. Il ragazzo è solo.
Lo spettatore segue il suo cammino attraverso un'apocalisse già compiuta, tra montagne di cadaveri e giornali vecchi con scritto a lettere cubitali: “epidemia”, “evacuazione”, “devastazione”. Poi, d'un tratto, sbucano dal nulla degl’uomini sfigurati, urlanti, con gli occhi iniettati di sangue, che cominciano a inseguire il ragazzo... Sono contaminati dalla Rabbia, dall’umana violenza che ha finito per distruggere il mondo.
Danny Boyle, regista visionario di Trainspotting, sceglie per questo 28 giorni dopo un inizio folgorante che fa subito calare il silenzio in sala. E il resto del film è ancora meglio; dalla comparsa degli "zombi" urlanti (urla veramente agghiaccianti, le loro) non un istante di tregua, di calma, mai un sospiro, un po' di sollievo. Mai.
28 giorni dopo è, innanzitutto, un riuscito omaggio alla trilogia degli zombi di George Romero (potrete trovare tutti e tre i film citati apertamente, soprattutto Zombi e, ancor più, Il giorno degli zombi); ma il film di Boyle è anche strettamente imparentato con tanti altri prodotti stile "Assedio&Apocalisse", dal romanzo di Matheson I am Legend sino a Distetto 13, le brigate della morte di John Carpenter. E, come molti dei suoi modelli, 28 giorni dopo è un apologo sofferto sulla violenza, sulla barbarie, sulla "legge del più forte"; ma, sempre come i suoi modelli, riesce ad essere un horror di eccezionale impatto senza sbavature di alcun tipo.
Le cineprese digitali che "sporcano" inquadrature già abbondantemente oblique (che Boyle abbia fatto uno stage di regia con Lars Von Trier?), una recitazione notevole che si regge sull'ottimo protagonista, Cillian Murphy, scenografie oltremodo realistiche, effetti (visivi e sonori) impressionanti, una colonna sonora capace di mettere i brividi da sola. Tutto contribuisce a fare di 28 giorni dopo un gran bel film. Un vero godimento per chi ama il binomio horror-catastrofe; per chi, magari dopo aver visto Resident Evil, rimpiange George Romero e i suoi zombi; per chi ha semplicemente voglia di vedersi un film mozzafiato e sanguinario che, pur contenendo un preciso messaggio (appunto: la Rabbia distruggerà la razza umana), non si dilunga in moralette didascaliche politicamente corrette.
In un'annata... Signs, The Ring e adesso 28 giorni dopo. Gente: l'horror, a piccoli passi, sta finalmente uscendo dal tunnel! Quanto impiegheranno a rendersene conto anche i lungimiranti produttori italiani?
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