Una giovane e dotata psichiatra si risveglia un giorno ospite dello stesso istituto presso il quale lavora, imputata dell’omicidio del marito. Durante la disperata ricerca di indizi su cosa possa averla spinta a tali azioni la dottoressa scoprirà l’esistenza di un fantasma vendicativo e manipolatore che sembra averla spinta al gesto. Ma le cose non sono quello che sembrano e un morboso complotto si nasconde dietro l’intera vicenda...
Due le domande: cosa è successo a Mathieu Kassovitz e perché Hollywood sembra essere così innamorata dei fantasmi?
Ci troviamo alle prese per l’ennesima volta con una sapida storia a base di fantasmi apparentemente malevoli ma in realtà in cerca di una giusta ed equa vendetta. Lo script è crivellato da buchi logici larghi come una casa (un’anziana ed esperta guardia di un manicomio che protegge e fa scappare una paziente?) sui quali saremmo tranquillamente disposti a chiudere un occhio, non essendo degli ossessi della logicità a tutti i costi: il fatto è che per mettere a tacere tali falle serve una regia ricca d’inventiva e delle interpretazioni forti e convinte mentre in questo caso ci ritroviamo con un Kassovitz scarsamente incisivo che non regala al pubblico un’inquadratura o una sequenza degne di essere ricordate. I protagonisti sono straordinariamente male assortiti, con una Halle Berry (splendida in altre pellicole) fuori ruolo e per nulla convinta delle motivazioni del suo personaggio, un Robert Downey Jr nei panni dell’inutilità in persona (provate ad astrarvi e a togliere il suo personaggio dalla sua vicenda e vi accorgerete che non se ne sentirà la mancanza in nessuna scena) e una Penelope Cruz totalmente a disagio nei panni della giovane schizzata/incompresa. La vicenda si snoda attraverso quelli che ormai sembrano essere passi obbligati per lungometraggi del genere, con la protagonista inizialmente sottoposta a strani e misteriosi accadimenti, quindi la scoperta/spiegazione delle motivazioni dell’agente perturbatore, poi un periodo di indagine pratica e infine un concitato e frenetico finale con tutti gli ovvi trucchetti del mestiere, fra “terrificanti” apparizioni e sbadigli slogamascella. Di gotico, a dispetto del patronimico, non c’è nulla, anche se gli ingredienti base promettevano di pescare a man bassa proprio in quelle acque: un’eroina sola e indifesa ma forte a dispetto dell’apparente fragilità, un castello/manicomio scricchiolante e tenebroso e il fantasma a spasso per i corridoi.
E’ d’altronde corretto notare, fra i pochi punti a favore, l’ottima scelta della location nella quale ambientare la vicenda, con il manicomio ricostruito nella oscura e claustrofobica ex prigione di St. Vincent-de-Paul, in Canada.
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